Il futuro di Siri passerà da Mountain View, e non è una notizia da poco. Secondo quanto riportato da Bloomberg, Apple starebbe finalizzando un accordo che vedrà una versione personalizzata di Gemini alimentare le funzionalità più avanzate del nuovo assistente vocale previsto per il 2026. L'operazione comporterebbe un esborso annuale di un miliardo di dollari, cifra significativa ma comunque inferiore ai circa 20 miliardi che Google versa a Cupertino per mantenere la sua posizione come motore di ricerca predefinito sui dispositivi della mela. Si tratta di un'ammissione implicita ma eloquente: le tecnologie proprietarie di Apple, almeno per ora, non sono sufficienti a sostenere le ambizioni della compagnia nell'AI conversazionale.
L'architettura del nuovo Siri rappresenta un interessante ibrido tecnologico. Mentre continuerà a utilizzare modelli sviluppati internamente da Apple per le operazioni basilari, Gemini gestirà le funzioni di sintesi e pianificazione dell'assistente, operando sui server Private Cloud Compute dell'azienda. Queste componenti sono fondamentali per l'elaborazione di richieste complesse e l'interazione autonoma con le applicazioni, elementi centrali nella visione di Apple per il futuro dell'assistente vocale. La capacità di sintetizzare informazioni da fonti multiple e decidere autonomamente come eseguire task articolati costituisce il salto qualitativo promesso da Cupertino, ma evidentemente richiede capacità di inferenza che i modelli attuali dell'azienda non possono ancora garantire.
La dipendenza da tecnologia di terze parti è tuttavia concepita come transitoria. Apple sta sviluppando un modello cloud proprietario con mille miliardi di parametri, che secondo le previsioni potrebbe essere pronto per applicazioni consumer già nel corso del 2025. Si tratterebbe di un large language model comparabile per dimensioni ai flagship di OpenAI e Anthropic, posizionando finalmente Apple tra i player con capacità di inferenza di alto livello. Il confronto generazionale sarà cruciale: mentre i modelli on-device dell'azienda si limitano attualmente a qualche miliardo di parametri, il salto a un trillion-parameter model rappresenterebbe un'evoluzione paragonabile al passaggio dai chip della serie A ai processori della serie M per quanto riguarda le capacità computazionali.
L'accordo difficilmente verrà pubblicizzato apertamente, scenario che ricorda quanto già accaduto con altri fornitori di tecnologia backend per Apple Intelligence. Attualmente Siri può già delegare specifiche richieste a ChatGPT nell'ambito dell'ecosistema Apple Intelligence, e nel marzo 2024 circolavano voci sull'integrazione di Gemini come opzione AI aggiuntiva. Il rinvio del lancio del nuovo Siri nel 2025 ha però reso evidente la necessità di un supporto più sostanziale. Le prime indiscrezioni sull'utilizzo di Gemini risalgono all'agosto scorso, quando Google sarebbe stata incaricata di sviluppare una versione del proprio modello compatibile con l'infrastruttura sicura dei server Apple, rispettando i rigorosi standard di privacy che caratterizzano Private Cloud Compute.
Prima di convergere su Google, Cupertino avrebbe esplorato partnership con Anthropic e OpenAI, evidenziando quanto il processo di selezione sia stato complesso e strategicamente delicato. La scelta di Gemini riflette probabilmente considerazioni che vanno oltre le pure performance tecniche: la relazione commerciale già consolidata tra le due aziende, le capacità di scaling dell'infrastruttura Google Cloud e la flessibilità nel customizzare i modelli per esigenze specifiche hanno probabilmente pesato nella decisione. Per gli utenti europei, l'architettura basata su Private Cloud Compute potrebbe offrire maggiori garanzie rispetto alle implementazioni cloud tradizionali, allineandosi meglio alle normative GDPR che regolano il trattamento dei dati personali.
L'evoluzione del panorama degli assistenti vocali nei prossimi due anni sarà determinante per stabilire i rapporti di forza nell'AI consumer. Mentre Google Assistant integra nativamente Gemini e Amazon investe massicciamente in modelli proprietari per Alexa, Apple si trova a inseguire con una strategia che combina pragmatismo commerciale e ambizioni di indipendenza tecnologica. Il 2026 rappresenta dunque una deadline critica: se il modello proprietario da mille miliardi di parametri manterrà le promesse, Apple potrà recuperare il terreno perduto; in caso contrario, la dipendenza da fornitori esterni come Google potrebbe protrarsi oltre le previsioni iniziali, ridefinendo gli equilibri nell'ecosistema dell'intelligenza artificiale conversazionale.