Diritto alla riparazione, ecco cosa cambia per consumatori e produttori

L'Unione Europea adotta il diritto alla riparazione per prodotti, incentivando durabilità, riduzione dei rifiuti elettronici e sostenibilità nell'ambito del piano d'azione per l'economia circolare.

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a cura di Prof. Avv. Fioriglio

Studio FCLex

 

Prof. Avv. Gianluigi Fioriglio - Dott.ssa Asia Bartolini

La legge sul diritto alla riparazione in Europa è stata approvata la prima volta nel marzo 2021, ed è definitiva da alcuni mesi. Questa normativa fa parte del più ampio piano d'azione per l'economia circolare dell'Unione Europea, mirato a promuovere un'economia sostenibile attraverso una maggiore durabilità, riutilizzo e riciclabilità dei prodotti.

La legge introduce l'obbligo per i produttori di garantire che i beni siano riparabili per un certo periodo di tempo e di fornire accesso ai pezzi di ricambio e alle informazioni di riparazione. Questa iniziativa rappresenta un passo significativo verso la riduzione dei rifiuti elettronici e la promozione della sostenibilità, rispondendo alle crescenti richieste dei consumatori per prodotti più duraturi e riparabili.

Cosa si intende quando si parla di diritto alla riparazione?

Quando si parla di diritto alla riparazione si fa riferimento ad una delle garanzie post-vendita previste e regolarizzate agli artt. 128 e seguenti del Codice del Consumo.

In presenza di un difetto di conformità, infatti, il consumatore, nei confronti del venditore, può esercitare due categorie di rimedi:

  • i c.d. rimedi primari, che consistono nella riparazione o sostituzione del bene, senza spese;
  • ed i c.d. rimedi secondari, ovverosia la diminuzione del prezzo – in proporzione al difetto di cui è affetto il bene – o, in alternativa, la risoluzione del contratto.

I rimedi secondari sono esperibili solo qualora quelli primari non possano essere esercitati: il Codice del Consumo, pertanto, nel cercare di contemperare gli interessi di ambo le Parti – l’interesse del consumatore di ottenere un bene privo di difetti, da una parte, e l’interesse del venditore a salvaguardare il rapporto pattizio, dall’altra – delinea una vera e propria gerarchia tra i rimedi previsti (art. 135 bis del Codice del Consumo).

In particolare, il diritto alla riparazione è disciplinato all’art. 135-ter del Codice del Consumo e prevede, per l’appunto, il diritto del consumatore a richiedere – quale opzione gratuita, priva di spese – la riparazione o la sostituzione del bene danneggiato. La riparazione del bene dovrà avvenire entro un congruo termine (30 giorni) e senza arrecare notevoli problematiche al consumatore: tali valutazioni dovranno essere parametrate alla natura del bene difettoso, nonché al relativo scopo.

Dunque, se il prodotto si rompe entro i termini di garanzia, come consumatori abbiamo diritto a chiedere la riparazione. Tuttavia ci possono essere dei limiti, come l’oggettiva impossibilità di rimediare al difetto dal punto di vista concreto e fattuale; il secondo, invece, riguarda una impossibilità derivante dagli eccessivi costi eventualmente richiesti al venditore. Questa seconda possibilità si concretizza nel commento “costa meno sostituirlo che ripararlo”, che tutti abbiamo sentito molte volte. Sono nel caso in cui questi giudizi, correttamente parametrati e valutati, impediscano l’esercizio del diritto alla riparazione da parte del consumatore, allora quest’ultimo potrà esercitare i c.d. rimedi secondari.

Negli anni l’effetto di tutto questo si è tradotto in un sempre maggiore approccio “usa e getta”; si compra un prodotto, lo si usa finché funziona e poi lo si getta via, comprandone uno nuovo. 

Ciò accade proprio perché i manca una progettazione che consideri la riparazione come parte del ciclo vitale del prodotto stesso. Dunque, il fabbricante può ridurre i costi di produzione realizzando oggetti che sono meno riparabili, e può risparmiare anche limitando la disponibilità di pezzi di ricambio. 

Solo che in questo modo gettiamo molti prodotti che potrebbero funzionare ancora, magari persino per anni. In certi casi addirittura la riparazione sarebbe potuta essere semplice, se l’oggetto fosse stato costruito pensando anche a questo aspetto. 

l’effetto di tutto questo si è tradotto in un sempre maggiore approccio “usa e getta”

L’Europa sta cercando di cambiare questo stato di cose, per diverse ragioni: tanto per cominciare se i prodotti sono più riparabili si riduce l’impatto ambientale di tutta la filiera. Ma c’è da considerare anche il risparmio per i consumatori, che lungo termine potranno spendere di meno per la lavatrice, la lavastoviglie, lo smartphone e così via. 

La Direttiva UE 2019/771: un altro passo verso il Green Deal

In data 23 aprile 2024, il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva la Direttiva UE 2019/771 in materia di diritto alla riparazione per i consumatori. La normativa obbliga i produttori a fornire servizi di riparazione e assistenza tempestivi ed economici, nonché a informare i consumatori sul loro diritto alla riparazione. La nuova versione include diverse novità importanti

  • La garanzia legale dei prodotti è stata prolungata di un anno e, una volta scaduta, il produttore è comunque obbligato a riparare (o, quanto meno, effettuare un tentativo) i prodotti domestici quotidiani e più comuni, quali: elettrodomestici, smartphones, ecc…
  • Dopo una riparazione sull’oggetto vale un ulteriore anno di garanzia
  • Nel momento in cui il bene difettoso è sottoposto a riparazione, il consumatore ha altresì il diritto di prendere in prestito un altro dispositivo, oppure usufruire di un apparecchio ricondizionato. 
  • I produttori dovranno fornire pezzi di ricambio a prezzi ragionevoli e, soprattutto, non potranno rifiutare di riparare un bene solo per motivi economici o perché è già stato riparato da un altro professionista.

Tutte queste cose abbattono, o tentano di farlo, molti degli attuali ostacoli alla riparazione. Non bisognerà più preoccuparsi di restare senza il proprio dispositivo per molto tempo, ad esempio, né dovremo sentirci dire che conviene di più comprarne uno nuovo piuttosto che ripararlo. 

Infine, la nuova Diretta UE, al fine di rendere il diritto alla riparazione maggiormente accessibile e comprensibile per i consumatori, ha previsto la creazione di una piattaforma online europea, suddivisa nelle diverse sezioni nazionali, utile ai consumatori per individuare più agevolmente negozi di riparazione locali, venditori di beni ricondizionati, iniziative di riparazione eseguite dalle diverse comunità, ecc..

Tale direttiva – che rappresenta un fondamentale passo dell’Europa a sostegno di una economia più circolare e sostenibile – dopo che sarà formalmente approvata dal Consiglio UE, dovrà essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea: da quel momento, gli Stati membri avranno 24 mesi di tempo per recepirla all’interno dei propri ordinamenti nazionali.

Cosa comporta per i produttori il diritto alla riparazione?

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Riparazione smartphone
Riparazione smartphone

La Direttiva UE sul diritto alla riparazione comporta notevoli impatti per le imprese e i produttori, sia in relazione alla contrattualistica, sia, conseguentemente, in relazione al rapporto con la clientela.

Come già anticipato, infatti, la nuova normativa europea prevede degli obblighi stringenti a capo dei produttori, quali: 

  • eseguire le riparazioni entro 30 giorni dalla consegna del bene
  • fornire indicazioni chiare, sin dal momento della ricezione della richiesta, relativamente ai costi – che devono essere contenuti – da sostenere, essere in dotazione di prodotti sostitutivi da fornire ai clienti sino al momento dell’avvenuta riparazione.

In altre parole, devono dirci prima quanto costerà e il prezzo non può essere superiore al prodotto nuovo. Inoltre, il lavoro fa fatto entro 30 giorni. 

Ma c’è di più: in passato, i produttori potevano proibire l’utilizzo di prezzi di non originali, ottenendo, così, un indubbio vantaggio economico. Secondo la nuova Direttiva, invece, non è più possibile opporre questo divieto - in teoria, si può anche ricorrere alla stampa 3D per reailzzarsi un pezzo di ricambio, senza per questo perdere la garanzia. Che poi era uno dei sogni associati alla stampa 3D, quando qualche anno fa diventò un fenomeno di massa. 

Insomma, sono diversi gli adempimenti che i produttori si troveranno ad affrontare – alcuni, si pensi ai piccoli produttori/imprese, con non poche difficoltà.

Ciò che è chiaro, è che, oltre ai consumatori, vi è un’altra categoria di soggetti che rimarrà particolarmente avvantaggiata dall’entrata in vigore di questa nuova disciplina legislativa: i produttori e i rivenditori di dispositivi e prodotto ricondizionati. Questa attività, infatti, è già oggi qualcosa che favorisce l’economia circolare, e che in qualche modo sembra fatta apposta per favorire i principi della legge europea. 

Limiti e perplessità della direttiva

La nuova Direttiva UE 2019/771 è un indubbio e formidabile frutto dell’impegno profuso dall’Unione Europea per tentare di estendere la vita dei prodotti, limitare i rifiuti e gli sprechi, tutto al fine tutelare, quanto più possibile, non solo l’economia europea, ma soprattutto l’ambiente: sul punto, infatti, si stima che lo smaltimento prematuro di dispositivi rotti produca 261 milioni di emissioni equivalenti di Co2 e generi 35 milioni di tonnellate ogni anno.

Tuttavia, la recente normativa prevede anche importanti limiti: la definizione di “prezzo ragionevole” risulta essere molto vaga e, soprattutto, si fa riferimento alla riparazione di prodotti che già, per legge, devono essere riparabili per un periodo di 5-10 anni dall’acquisto (elettrodomestici, in particolare), escludendo prodotti per le imprese e beni industriali. Insomma: si tratta di un importante passo nella “giusta direzione” la quale, tuttavia, è ancora molto lunga.

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