Alla (ri)scoperta di... Assassin's Creed IV: Black Flag

Un nostro approfondimento dedicato ad Assassin's Creed IV: Black Flag, il celeberrimo videogioco targato Ubisoft uscito quasi otto anni fa.

Avatar di Nicholas Mercurio

a cura di Nicholas Mercurio

“Assassin’s Creed IV: Black Flag non è da considerare a tutto un tondo un Assassin’s Creed, bensì un semplice e divertente videogioco di pirati”. Tutti, in un modo o nell’altro, lo abbiamo sostenuto: il quarto capitolo del franchise più famoso di Ubisoft, infatti, è ancora tra le produzioni più celebrate e omaggiate dai fan più accaniti, reduci dalle avventure di Ezio Auditore da Firenze, da Connor Kenway e in generale dal mito di Altair. Questo argomento, come era inevitabile, non poteva che essere affrontato nella nostra rubrica "Alla riscoperta di..."

Sono passati otto anni dalla pubblicazione di Assassin’s Creed IV: Black Flag, che nel panorama dei videogiochi corrisponde al Mesozoico, una vera e propria era geologica fa. Da allora, Ubisoft e Assassin’s Creed sono cambiate e, diciamocelo, non di certo in meglio, salvo rarissime eccezioni; di questo, però, ne avevamo già parlato con Skull and Bones, raccontando di come la nuova produzione targata Ubisoft Singapore non ci abbia pienamente convinto.

A distanza di qualche giorno, facendo sementare le idee, ci siamo imbattuti nei ricordi, ripensando al Mar dei Caraibi e in generale alle avventure vissute da Edward James Kenway, il protagonista di Assassin’s Creed IV: Black Flag e della memorabile avventura che ci portava a vivere l’Età d’Oro della pirateria, inserendo la classica trama degli assassini che non ha mai guastato ma che ora, rivivendo la trilogia dedicata alla prima civiltà, ha perso di mordente.

Vuoi perché Skull and Bones ha comunque destato il nostro interesse e vuoi perché Assassin’s Creed è un nome storico, vivere otto anni fa le avventure marinaresche a bordo della Jackdaw è stato uno dei momenti più esaltanti nella nostra carriera da giocatori. Era poi il periodo adatto, quello, siccome al cinema I Pirati dei Caraibi erano ancora visti e stravisti, supportati da ulteriori fan accaniti, e quel brand, forte di un attore che risponde al nome di Johnny Depp, aveva ancora motivo di esistere.

Se ci pensiamo, è la stessa domanda che ci poniamo su Assassin’s Creed da diverso tempo, cercando se ormai il suo tempo sia passato o meno, e se magari possa essere giunto il momento di chiudere la serie. È logico, è inevitabile e non può essere una discussione campata per aria, specie se ormai il franchise non ha più nulla da dimostrare, e questo discorso, volente o nolente, riguarda direttamente Ubisoft. C’è stato un prima e dopo Assassin’s Creed IV Black Flag e, come è inevitabile, Assassin’s Creed è una serie che si è persa tra le onde del mercato per inseguire un modello di gioco fin troppo simile alle tante altre opere RPG a mondo aperto che hanno perso il loro fascino, soprattutto nell’ultimo periodo.

Skull and Bones, peraltro, non sembra distanziarsi da Far Cry e da Assassin’s Creed e, mentre osservavamo quel mare, i ricordi di Assassin’s Creed IV Black Flag hanno preso il timone e ci hanno condotto in queste pagine. Ezio Auditore è il miglior assassino, e questo nessuno – neppure noi – vogliamo toglierlo, anche se i dibattiti accessi sui social si dividono tra lui e Altair. Assassin’s Creed VI Black Flag, però, cambiava le carte in tavola e lo faceva in un modo intimo, preciso e diretto, presentandoci un personaggio, un mondo di gioco e un contesto storico che solamente Monkey Island e Port Royale erano riusciti a rappresentare in maniera fedele e azzeccata. Ma procediamo con ordine, dallo scoppio di una palla di cannone, da un naufragio e da un misterioso assassino che risponde al nome di Duncan Walpole.

La leggenda di Edward James Kenway

Come ogni pirata che si rispetti, Edward James Kenway è stato un ubriacone che guadagnava fin troppo poco e desiderava una vita decorosa. Da umili origini verso grandi imprese, direbbe Nathan Drake, ma la storia di Edward Kenway è nettamente diversa. Ubisoft, al tempo, presentò un assassino atipico nei suoi primi trailer, lasciando sin da subito trasparire un comportamento meno onorevole e ponderato, ma deciso e diretto, come è tipico dei pirati più famosi dei Sette Mari.

Edward, per l’appunto, inizia la sua corriere da corsaro per la Regia Marina finché decide di imbarcarsi su una nave con il vessillo della Jolly Roger, lasciandosi da parte l’Union Jack, con il sogno di concretizzare ogni suo sogno e diventando il pirata più ricco e temuto. Qualcosa che, in effetti, qualunque pirata delle Indie Occidentali sogna, e il gioco iniziava nel modo più classico: una tempesta, delle navi inglesi pronte all’abbordaggio e una situazione spigolosa da risolvere. Senza andare troppo nello specifico, le cose si mettono male ed Edward, vedendo la nave ormai distrutta, si ritrova improvvisamente naufrago con un uomo che indossa uno strano cappuccio, con la sola richiesta di raggiungere L’Avana per consegnare un oggetto misterioso. Nonostante siano passati otto dalla sua pubblicazione e considerando l’aggiunta del quarto capitolo del franchise di Ubisoft nel nuovo PlayStation Plus di Sony, non vogliamo fare fin troppi spoiler sulla trama principale. Possiamo però dirvi che Edward Kenway, uccidendo quell’uomo, verrà in seguito coinvolto in una serie di eventi a raffica che si susseguiranno l’uno dopo l’altro, portandolo al cospetto delle figure più importanti della pirateria.

Ed è proprio in questo che Assassin’s Creed VI Black Flag concentra ogni sua attenzione: sul suo protagonista, che cresce, matura e cambia mentalità, ma ha solo il desiderio di arricchirsi. L’Osservatorio, infatti, è un deterrente per arricchirsi e ignora che è in corso una guerra silenziosa che minaccia di estendersi ovunque, dal Vecchio al Nuovo Mondo. Edward è un protagonista iconico, probabilmente uno dei migliori e più profondi che la casa sviluppatrice francese abbia mai scritto e creato. Abbandona sua moglie incinta a causa dell’ambizione, vuole guadagnare, è sicuro di poterlo fare e di ritornare in Galles molto presto ma, ovviamente, questo non succede. O almeno, non nel modo che pensavamo noi.

Entrando in contatto con questo mondo, Edward conosce sia i Templari che gli Assassini, ed è sicuro che entrambi siano utili per arrivare al tesoro che brama, non vedendo l’ora di accaparrarselo. Tuttavia, il suo mutamento lo riporta in seguito a riconsiderare totalmente il Credo e la lotta degli Assassini, avvicinandosi in secondo momento all’Ordine, nello specifico alla conclusione dell’opera di Ubisoft. La sua evoluzione, che è collegata alla trama di gioco e al resto della sua storia, è importante: dopo alcuni avvenimenti, capisce che tutto non gira intorno all’oro e che gli amici perduti duranti il viaggio non sono più recuperali, come lo è il legame che ha lasciato in patria, riconsiderando così la sua vita e ogni scelta compiuta.

In Assassin’s Creed II abbiamo vissuto la nascita, la crescita e la morte di Ezio Auditore da Firenze, rivivendo la sua storia tra la sua città natia, Roma e Costantinopoli, provando dall’inizio alla fine un’empatia travolgente, come se fosse un fratello di lunga data. Edward Kenway, invece, lo capiamo dopo e rappresenta in tutto e per tutto un protagonista che, almeno inizialmente, pensavamo fosse agli antipodi dei memorabili protagonisti delle altre opere del franchise. Invece, non mostrandosi subito come un libro aperto, capiamo che Edward Kenway non è altro che uomo con il sogno di vivere in libertà e conquistarsi tutto con il sudore della propria fronte, anche compiendo atti scellerati. Vediamo i suoi movimenti, il suo modo di combattere e capiamo in definitiva le sue idee: non è aggraziato, elegante e neppure onorevole come il nipote Connor Kenway, ma è brutale e più diretto.

Non è un protagonista contorto che si pone domande, ma ha già delle risposte e spesso tutte prevedono un cappio al collo, una bara e del rum da tracannare per dimenticare l’assalto a un forte. Inizialmente, pensavamo non avesse scrupoli ma, avanzando nell’esperienza, abbiamo conosciuto un protagonista profondo e complesso. La narrazione di Assassin’s Creed VI Black Flag, in effetti, è stata una dichiarazione d’amore da parte del compianto Ashraf Ismail per il mondo creato da Patrice Désilets, l’effettivo padre della serie, che si dedicò in passato anche allo sviluppo di Hype: The Time Quest. Se Altair ed Ezio Auditore da Firenze rappresentano l’apice dei protagonisti più iconici, sicuramente Edward Kenway parte svantaggiato per poi diventare una persona migliore, uomo diverso e più intelligente. Umile nella ricchezza faticosamente guadagnata e al contempo triste per avere perso i suoi amici.

In un mondo senza oro saremmo stati eroi

Chiunque abbia giocato ad Assassin’s Creed VI Black Flag ricorda questa frase pronunciata da Barbanera, doppiato in italiano da Francesco Pannofino, durante uno scontro brutale che non vogliamo rivelarvi. In tal senso, la narrazione del gioco si concentra sulle morali di ciascun personaggio, che viene mosso non soltanto dai propri desideri ma anche dal periodo storico, uno dei più complessi e difficoltosi per essere liberi, dove il Nuovo Mondo era la frontiera di un mondo che avanzava passo dopo passo nel progresso. Ed è qui che ha ruotato la storia, mentre noi, a bordo della Jackdawn, sopravvivevamo ai cacciatori di pirati e ai Templari.

Quando giocammo inizialmente al quarto capitolo del franchise, pensavamo infatti che Edward, sin da subito, sarebbe stato il classico protagonista in lotta contro i Templari, come è accaduto con Connor ed Ezio. Invece, è stato un protagonista che, approfittando di questa lotta, si è arricchito, pagando alle volte un prezzo troppo alto. C’era la voglia di libertà, di un mondo diverso e di una terra dove chiunque poteva fare fortuna, ed è la filosofia degli Assassini del 1715 che poi Edward Kenway comprende e assimila a sua volta, diventando un membro dell’Ordine.

Nel frattempo, i pirati governano le acque del Mar dei Caraibi, seguendo le rotte commerciali e abbattendo le navi provenienti dall’Europa. Se non altro, la fedeltà storica di Assassin’s Creed è conclamata e, considerando il lavoro enorme svolto nella ricostruzione di Notre-Dame e del Partenone di Atene, non potrebbe essere altrimenti. Tuttavia, Assassin’s Creed IV Black Flag non è soltanto il racconto di un uomo che comprende di essere migliore solo quando tutti attorno a lui sono morti, ma è un’opera che ha proposto un mondo convincente e, se analizzato e comparato con altre produzioni attuali uscite negli ultimi quattro anni, ha ancora molto da insegnare.

Stiamo parlando di un open world ricco di cose da fare, non molto coinvolgente nel sistema di combattimento perché ispirato a quello vincente e ben costruito della Serie Arkham di Rocksteady, tra battaglie navali entusiasmanti e divertenti che ora ricordiamo con grande nostalgia e commozione. Non ricordiamo però con allegria la ricerca dei collezionabili come la raccolta delle canzoni, che odiavamo e trovavamo noiose e fuorvianti, un’aggiunta che non donava niente di avvincente alla produzione ma solo tante ore spese in maniera inutile, seppure i canti marinareschi fossero piacevoli da ascoltare e sapessero farsi adorare.

C’era un’esplorazione intrigante, c’erano spiagge e isolotti, c’era un mare sconfinato e c’era una storia memorabile. Ma c’era, purtroppo, un collegamento con gli altri videogiochi del franchise e se non fosse stata un’opera proveniente dal brand, probabilmente non avrebbe avuto lo stesso successo. Immaginatelo così, infatti: un videogioco sui pirati con protagonista Edward Kenway senza che si chiamasse “Assassin’s Creed”.

In quanti lo avrebbero amato e giocato, pur godendo di una storia che non avrebbe incluso la lotta tra gli Assassini e i Templari? Non conosciamo la risposta ma, amando le ipotesi e i classici “What if” hollywoodiani, non possiamo fare altro che rimuginarci sopra, domandandoci come sarebbe stato pubblicato e commercializzato una produzione simile. In effetti, ora l’esempio perfetto potrebbe essere Skull and Bones che, pur riprendendo le battaglie navali di Assassin’s Creed IV Black Flag, è quanto di più lontano ci sia dal quarto episodio del franchise.

Nulla è reale, tutto è lecito

Giunti a questo punto, è logico chiederselo: Assassin’s Creed IV Black Flag è effettivamente la migliore opera del franchise? È la produzione che ha dato nuova linfa alla serie dopo Assassin’s Creed III e la storia di Liberation? È stato il videogioco giusto al momento giusto? La risposta è un grande e netto sì, perché Assassin’s Creed IV: Black Flag ha avuto la capacità sia di rivolgersi agli appassionati che al grande pubblico, ritagliandosi nella memoria collettiva uno spazio rilevante.

È stato il videogioco adatto per dimenticare Assassin’s Creed e le avventure di Connor, al tempo considerato un protagonista esageratamente piatto e noioso, non linea con i più carismatici protagonisti della serie. Se non altro, Assassin’s Creed IV Black Flag e il racconto di Edward James Kenway ha dimostrato la maturità definitiva di un franchise che, a causa di tanti passi falsi, attualmente ha perso di valore ed è solo l’ombra di chi era realmente. Le avventure di Edward James Kenway, prima pirata e dopo Assassino, le ricorderemo per i prossimi anni.