Sid Meier's Civilization VII | Recensione - Straordinario e innovativo
Finalmente è giunto il momento di tirare le somme su Civilization VII, l’ultima grande fatica di casa Firaxis Games. Ecco cosa ne pensiamo
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a cura di Lorenzo Quadrini
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Pro
- Ottima gestione delle truppe
- Scelte innovative e di transizione
- Buon IA e gestione diplomatica
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Contro
- Resa visiva delle città non sempre pulita
- Approccio meno strategico alla run
- Religione presente, ma poco incisiva
Il verdetto di Tom's Hardware
Informazioni sul prodotto

Sid Meier's Civilization VII
Finalmente è giunto il momento di tirare le somme su Civilization VII, l’ultima grande fatica di casa Firaxis Games. Un gioco che sarà, con grande probabilità, divisivo, ma che segue una strada per me quasi obbligatoria di rinnovamento e trasformazione.
Inizierò comunque con una provocazione, dicendo che a livello personale questo Civilization VII non rientra tra i preferiti della saga che, in termini di puro intrattenimento, rimangono il V e il VI (con una menzione d’onore al terzo capitolo, per questioni di affetto). Si tratta però di un gusto personale e che, senza impaludarmi nell’accesissimo dibattito sull’oggettiva o soggettività delle recensioni videoludiche, non va ad inficiare l’analisi razionale di un titolo davvero succulento in termini di contenuti e gameplay.
Come già detto in fase di preview, Civilization VII è una rivoluzione copernicana della saga, confermando la capacità del brand di adattarsi alle esigenze del pubblico di riferimento senza avere timore di sparigliare le carte in tavola. Punto centrale dell’esperienza rimane l’approccio trifasico della simulazione: tre grandi ere storiche, ognuna a suo modo dipendente dall’altra ma al tempo stesso capace di fare un po’ “storia a sé", tanto da essere prevista nel menù di creazione del match la selezione a piacere dell’era di partenza.
Tre ere, un’unica run
Fil rouge dell’esperienza rimane il Comandante della civiltà, ossia un personaggio storico dotato di particolari bonus e potenziamenti in grado di cambiare in maniera radicale l’approccio di gioco. Al tempo stesso, però, il Comandante necessita di creare sinergia con la Civiltà di appartenenza, che cambia ad ogni Era e che permette al fruitore di aggredire in maniera molto diversa gli obiettivi di vittoria. Selezionando per esempio Ottaviano Augusto avremo per tutta la partita un certo vantaggio militare e infrastrutturale, non sufficiente però ad assicurare una vittoria bellica. Se per esempio dovessimo scegliere la civiltà romana nella prima era, continueremo a percorrere un tragitto votato all’esercito, ma ci basterà “switchare” alla civiltà spagnola nella seconda era per concentrarci sulle entrate economiche e sugli scambi mercantili.
Questa grande duttilità di gioco si innesta con il sistema di “percorsi di vittoria”, ossia una sorta di roadmap fatta di obiettivi - stabiliti dal sistema - che se completati ci condurranno appunto alla vittoria del match (o all’ottenimento di grandi vantaggi in Era 1 ed Era 2). I percorsi non sono vincolanti, per cui è sempre possibile cambiare in corso d’opera.
Mi pare evidente che si tratti di un approccio nettamente diverso dai precedenti titoli, votato ad aprire il prodotto ad un pubblico ampio - non definirei Civilization VII “facile”, ma certo risulta molto meno punitivo dei suoi predecessori. In altri termini, ho notato che la necessità di studiare e preparare la propria run già dai primi turni non è più un elemento obbligatorio ed imprescindibile per la vittoria. A riprova di questa mia ricostruzione c’è il fatto che le Ere presentano una sorta di “soft wipe”: vengono perse parte delle truppe, le città-stato che non sono state convertite in propri insediamenti urbani spariscono ed i paesi che abbiamo trasformato in città tornano paesi.
Un capitolo di transizione
Apro una piccola parentesi per evitare confusione: il sistema di insediamento è cambiato (si è capito che Civilization VII non lesina in novità). Ora i coloni non costano più in termini di popolazione, ma sono trattati alla stregua di qualsiasi altra unità. Esiste però un limite massimo agli insediamenti fondabili o controllabili. Quando il colono fonda un insediamento, viene creato un paese, ossia un centro urbano privo di scelta di produzione, ma capace esclusivamente di espandersi tramite l’acquisto con le monete d’oro. Sempre tramite la pecunia, è possibile convertire il paese in città (ma non viceversa).
Il sistema dovrebbe disincentivare il posizionamento selvaggio di centri urbani, ma detto onestamente risente della mancanza di “lunghezza” della run, con la conseguenza che questo Civilization VII non offre una giocata tall vera e propria. Un peccato, perché era uno degli aspetti che preferivo dei precedenti titoli (soprattutto il V, dove interpretare Venezia poteva regalare grandissime soddisfazioni).
Altro elemento stonato è quello delle religioni, certo sempre legate a tutta una serie di bonus ambientali ed eterogenei, ma sostanzialmente incapaci di impattare in maniera sensata la partita. Il mio sospetto è che gli sviluppatori stiano semplicemente aspettando di piazzare il (solito) DLC dedicato alla gestione dei pantheon; per ora comunque impelagarsi nella gestione degli aspetti mistici della propria civiltà è poco remunerativo.
Confermo invece il grandissimo passo in avanti effettuato rispetto al combattimento ed alla gestione delle truppe, già notato in fase di preview. Il micromanagement selvaggio dei precedenti capitoli è stato smussato grazie alla possibilità di produrre dei condottieri, personaggi che raccolgono le altre unità in un’unica casella e che accentrano su di loro l’esperienza e la possibilità di scegliere determinate skill presenti nell’albero delle passive. I condottieri, tra le altre cose, possono essere trasformati in unità dotate di passive offensive ma anche di abilità squisitamente gestionali (come per esempio la riduzione dei costi di mantenimento o il buff alla produzione delle città). Unico neo: possono morire e sono davvero molto costosi da produrre. Se inseriamo nell’equazione il fatto che sono gli unici che raccolgono gli XP delle truppe, trovo che non renderli immortali sia stata una scelta di bad design.
Tecnicamente all’avanguardia
Tecnicamente Civilization VII fa dei buoni passi avanti, anche se non proprio eccezionali. La mappa è viva e colorata, l’approccio è rimasto serioso e meno cartoonesco - in maniera simile a quanto fatto nel VI. Ho trovato comunque gli edifici, soprattutto quelli urbani abbastanza pasticciati e forse troppo densi strutturalmente, tanto che l’impressione generale è quella di creare metropoli industriali già a partire dall’era delle esplorazioni. A volte, soprattutto negli scontri cittadini, le unità militari - queste ultime invece molto belle da vedere e dotate di animazioni particolarmente accurate - fanno fatica ad emergere. Ispirati ma non troppo anche gli effetti climatici ed i disastri ambientali, punto forte della grande immersività delle mappe di CIV, ma che non colpiscono troppo in quanto a resa visiva.
Davvero buona invece l’intelligenza artificiale, che si accompagna ad un sistema diplomatico rivisitato e più incentrato sul controllo da parte del giocatore delle relazioni e delle conseguenze delle proprie scelte. La diplomazia è vincolata ad una nuova risorsa (l’influenza), per cui è finalmente possibile concentrare la run sulla produzione di questa valuta al fine di tenere sempre sotto controllo gli avversari ed evitare (quasi) sempre gli scontri bellici.
Sulle musiche, non posso che esprimere soddisfazione rispetto al doppiaggio ed alla gestione generale dei tappeti musicali. Certo, il main theme non è il migliore offerto dal brand, ma immagino che non sia sempre facile comporre un piccolo grande capolavoro, nonostante il solito contributo di Christopher Tin.
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