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Pro
- Grande atmosfera
- Sound design da urlo
- Un survival vecchio stile decisamente ostico...
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Contro
- Un po' ripetitivo nelle ambientazioni
- Una storia così criptica non piacerà a tutti
- ... e per questo potrebbe allontanare qualcuno
Il verdetto di Tom's Hardware
Informazioni sul prodotto
Cronos: The New Dawn
C'è un peso in Cronos: The New Dawnm, la nuova peculiare opera di Bloober Team. Lo si avverte fin dai primi passi, nel rimbombo sordo dello scafandro metallico del nostro alter ego, un suono che diventa la colonna sonora costante della nostra discesa. È il peso fisico di centinaia di chili di metallo e circuiti che ci separano da un mondo tossico, ma è anche il peso psicologico di una missione incomprensibile, un fardello esistenziale che ci schiaccia a ogni metro percorso. L'estetica stessa del nostro avatar, un bizzarro incrocio tra un cosmonauta dell'era atomica e un palombaro destinato agli abissi più oscuri, rafforza questo senso di alienazione.
Non siamo un eroe, siamo uno strumento; i nostri movimenti lenti e goffi non sono un limite tecnico, ma una precisa dichiarazione di intenti: in questo mondo, non siamo predatori, ma intrusi lenti e vulnerabili. Dopo lo splendido remake di Silent Hill 2, sarà riuscito il team a confezionare un horror originale all'altezza?
Fantasma nella macchina
Il gioco ci cala nei panni della "Viaggiatrice", un'agente anonima identificata solo da un numero di serie, al servizio di una Collettività tanto potente quanto astratta. La nostra missione è viaggiare in un passato malato, poco prima di una catastrofe, per raccogliere le "essenze" di un'umanità già condannata. Questa premessa ci spoglia di ogni agenzia personale, trasformandoci in un fantasma in una macchina, un esecutore ignaro del quadro generale. Bloober Team, con questo suo nuovo e coraggioso progetto, non si limita a creare un gioco horror; costruisce un'esperienza fondata su una costante sensazione di oppressione, un incubo lucido dal quale è impossibile fuggire.
La vera protagonista, o forse l'antagonista principale, è la città stessa: New Dawn. Ispirata con agghiacciante fedeltà al quartiere socialista di Nowa Huta a Cracovia, la città non è un semplice contenitore di eventi, ma un organismo ostile che respira polvere di cemento. L'architettura brutalista, con i suoi volumi imponenti, le sue geometrie spigolose e la sua nuda onestà materica, è stata trasformata da Bloober Team in un'arma psicologica. Ogni corridoio sembra stringersi al nostro passaggio, ogni piazza deserta è un palcoscenico vuoto in attesa del massacro, progettato per far sentire l'individuo piccolo e insignificante di fronte alla magnificenza fredda dello Stato.
A dare vita a questo colosso di cemento è un sound design magistrale. Il silenzio è quasi sempre il protagonista, un silenzio pesante e innaturale che amplifica ogni minimo rumore. Un lamento industriale lontano, lo scricchiolio di metallo sotto sforzo, il fruscio indefinito che ti fa voltare di scatto nel buio: questi suoni sono il respiro della città (e che rendono l'intera esperienza inquietante al punto giusto). Quello che ho amato è che non ci sono orchestrali invadenti a dettare il ritmo della paura; c'è solo questo terrificante e magnifico vuoto, che rende ogni incontro improvviso ancora più inaspettato.
L'Economia della sopravvivenza
In questo ambiente ostile, il gioco vi insegnerà la fame. Sì, la fame di proiettili, di cure, di spazio. D'altro canto la gestione delle risorse è spietata, il che è senza dubbio un omaggio ai classici del genere. Ogni proiettile sparato potrebbe essere un errore e ogni kit medico usato una risorsa che potrebbe mancare nel momento del bisogno. Questa costante scarsità genera uno stato di ansia e paranoia che è parte integrante dell'esperienza horror, trasformando ogni armadietto trovato o ogni cassetto apribile in una potenziale, immensa fonte di sollievo.
Questa lotta per la sopravvivenza è incarnata dall'inventario, con i suoi pochissimi slot (sì, come i cari vecchi Resident Evil). Ricordo distintamente un momento dove di fronte a una scorta di munizioni per il fucile a pompa, fui costretto a lasciare a terra un altro utile strumento. Ogni scelta è quindi un bel baratto con la morte, una scommessa sul tipo di minaccia che si incontrerà dietro il prossimo l'angolo che troveremo. Poi c'è il crafting, che pur essendo basilare, diventa un'ancora di salvezza, come poter creare un medi-kit o delle munizioni.
Ma cosa si combatte esattamente? Le creature di Cronos, gli "Orfani", sono grottesche fusioni di carne e disperazione, un trionfo di body horror che riesce a essere ripugnante e tragico allo stesso tempo. Non sono semplici zombie o mostri generici; sono i resti contorti di un'umanità collassata, ammassi di arti e sofferenza che si trascinano nei corridoi bui con un'intenzione omicida. Il loro design lo ho trovato fantastico e contribuisce a rendere ogni scontro molto ansiolitico.
La regola d'oro dell'orrore
Il vero colpo di genio del sistema di combattimento, il suo cuore nero, è la capacità degli Orfani di fondersi con i cadaveri dei loro simili. Quando abbattiamo un nemico abbattuto non è mai una vittoria, ma una potenziale bomba a orologeria. Lasciarlo a terra significa rischiare che un altro Orfano lo assorba, contorcendosi in una bestemmia biologica, per poi rialzarsi come un abominio più forte e letale. Questa meccanica trasforma il combattimento in un disperato esercizio di controllo del territorio. Come in Resident Evil Rebirth, dove serviva bruciare gli zombie, anche qua le bombe incendiarie diventano uno strumento fondamentale: un mezzo di purificazione per cauterizzare la minaccia.
Poi c'è la storia di New Dawn che non viene raccontata, ma sussurrata attraverso gli echi che i morti si sono lasciati alle spalle. Lettere, registrazioni, note scarabocchiate sono le tessere di un mosaico tragico che il giocatore deve ricomporre con pazienza e dedizione. Non si tratta di una semplice caccia al collezionabile, ma di un racconto implicito che racconta a tratti le produzioni From Software. La scrittura è comunque eccellente; ogni documento è credibile e aggiunge spessore al mondo, facendoci empatizzare con persone che non incontreremo mai, ma la cui sofferenza è ancora palpabile.
La narrazione esplora temi come il sacrificio, la memoria collettiva e il peso delle ideologie fallite, attingendo alla storia polacca per darle un'universalità che definirei quasi sorprendente. Certo, non a tutti piacerà la natura criptica della storia, ma premia premierà chi è disposto a immergersi e connettere tutti i puntini che la vicenda offre nel suo insieme (anche considerando che il titolo premia molto la rigiocabilità).
Un titolo solido, anche tecnicamente
Tutto questo poggia su una base tecnica eccellente, che nella versione PC da noi testata (PC dotato di scheda RTX 3070 Ti) si è dimostrata solida e con prestazioni piuttosto buone.
Il gioco offre comunque una buona scalabilità e tante opzioni. Vale anche la pena citare il supporto a risoluzioni elevate come il 4K e ai monitor ultrawide e l'implementazione del ray tracing per riflessi e ombre globali, se l'hardware lo consente.
Anche l'audio posizionale (già citato a inizio recensione), tramite le tecnologie di spatial sound supportate da Windows e da software di terze parti, si rivela un elemento chiave per godersi appieno il titolo con delle buone cuffie (che consiglio vivamente).