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Pro
- Un classico che ritorna in tutto il suo splendore
- Doppiaggio superbo
- Novità ben apprezzate...
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Contro
- ... ma poteva osare di più.
- La sola lingua inglese potrebbe far storcere il naso a qualcuno.
Il verdetto di Tom's Hardware
Informazioni sul prodotto
Ci sono storie che meritano di essere raccontate più e più volte. Miti fondativi, leggende scolpite nella pietra della memoria collettiva di un medium. Per il videogioco, e in particolare per il genere dei giochi di ruolo strategici, una di queste leggende è senza dubbio Final Fantasy Tactics.
Un'opera che, quasi tre decenni fa, ha ridefinito le aspettative di un'intera generazione di giocatori, dimostrando che la narrazione polverosa e spietata di un dramma shakespeariano poteva fondersi alla perfezione con la fredda e calcolata logica di una scacchiera.
Oggi, quella leggenda torna a bussare alle nostre porte con il nome di Final Fantasy Tactics: The Ivalice Chronicles, e il suo ritorno ha del miracoloso. Come ammesso candidamente da Kazutoyo Maehiro, il director di questa nuova incarnazione, il progetto ha rischiato di non vedere mai la luce. Il codice sorgente originale, un artefatto digitale di inestimabile valore, era andato perduto, vittima di quelle pratiche di sovrascrittura e adattamento tipiche dei porting di un'epoca più ingenua.
È solo grazie alla passione incrollabile e alla memoria quasi archivistica dei fan, veri archeologi del videoludico, che Square Enix ha potuto ricostruire le fondamenta di questo capolavoro. Un pensiero terrificante, quello della sua perdita definitiva: sarebbe stato come smarrire un manoscritto originale, un'opera d'arte la cui assenza avrebbe lasciato un vuoto incolmabile.
Perché Final Fantasy Tactics non è semplicemente un gioco; è un'istituzione. Un pilastro su cui poggiano innumerevoli successori, un metro di paragone con cui ogni nuovo esponente del genere deve, volente o nolente, confrontarsi.
Abbiamo esplorato nuovamente le lande martoriate di Ivalice, questa volta su PlayStation 5, per capire se il peso della corona sia ancora sostenibile e se questa riedizione sia il tributo che un Re merita, o solo l'eco sbiadita di una grandezza passata.
Sangue e tradimento
Prima ancora di analizzare il gameplay, è doveroso soffermarsi su ciò che ha reso Tactics immortale: la sua storia. Ivalice non è il reame fantasy edulcorato e manicheo di tante altre produzioni. È una terra livida, ferita, che porta ancora le cicatrici di una guerra cinquantennale e che sta per precipitare in un nuovo baratro di violenza: la Guerra dei Due Leoni.
Qui, la magia e le creature mitologiche sono solo una patina sottile che ricopre un nucleo marcescente di intrighi politici, fanatismo religioso e diseguaglianza sociale. Temi come la brutalità dei conflitti di classe, l'ipocrisia del potere e il sacrificio degli innocenti non sono semplici contorni, ma il cuore pulsante e sanguinante della narrazione.
La vicenda, come ogni grande tragedia, si snoda attraverso il legame spezzato di due amici d'infanzia: Ramza Beoulve, rampollo di una nobile casata ma gravato dal marchio di bastardo, e Delita Heiral, un popolano la cui vita viene stravolta dall'ambizione e dal dolore.
La loro è una storia di innocenza perduta, un percorso parallelo ma divergente attraverso il fango della storia. Mentre Ramza cerca la verità al di fuori dei libri e degli annali, diventando un eretico agli occhi del mondo, Delita sceglie di manipolare la storia dall'interno, usando gli stessi strumenti crudeli del potere che disprezza per ascendere al trono.
Bastano poche ore di gioco per assistere al crollo di ogni certezza. Ivalice si rivela un palcoscenico dove i nobili sacrificano i propri fratelli per un'alleanza, la Chiesa trama nell'ombra brandendo il potere di misteriose pietre zodiacali e la vita di un contadino vale meno di una lama spuntata. Il nichilismo di fondo, la potenza di certi colpi di scena e la complessità morale dei suoi personaggi non hanno perso un'oncia della loro forza.
Anzi, in The Ivalice Chronicles, questa potenza è amplificata a dismisura dall'introduzione di un doppiaggio integrale di qualità superba. Sentire la rabbia rotta dal dolore nella voce di Delita o la disillusione ponderata in quella di Ramza conferisce all'esperienza un peso emotivo che l'originale poteva solo suggerire. Se il suo cugino spirituale, Tactics Ogre, eccelleva forse nella ramificazione delle scelte, Final Fantasy Tactics resta uno dei vertici assoluti per la scrittura e la maturità tematica dell'intero franchise Square Enix.
La scacchiera immutabile
Se la narrazione è rimasta un monolite inscalfibile, è sul fronte del gameplay che The Ivalice Chronicles mostra la sua natura più conservativa, nel bene e, purtroppo, nel male. Il sistema di gioco di Tactics è ancora oggi un gioiello di profondità e flessibilità. Il Job System, qui portato alla sua massima espressione, permette una personalizzazione del party quasi illimitata.
L'idea di poter ereditare abilità da una classe all'altra crea combinazioni devastanti e strategiche: un cavaliere che può teletrasportarsi, un monaco con abilità da ladro, un arciere capace di manipolare il tempo. Ogni battaglia è un puzzle tattico da risolvere, dove il posizionamento, l'altitudine, la direzione dell'attacco e la sinergia tra le unità sono le chiavi per una vittoria che non è mai scontata.
Tuttavia, è proprio qui che il team di sviluppo ha perso un'occasione d'oro per smussare alcune delle asperità più note dell'originale. La gestione della difficoltà, da sempre uno dei punti più dibattuti, è stata affrontata con l'introduzione di tre livelli di sfida, ma il risultato è a dir poco altalenante. La modalità "Storia" è talmente facile da risultare quasi un'esperienza passiva, un pretesto per godersi la trama senza alcun impegno ludico.
D'altro canto, la modalità "Tactician" si lancia nell'estremo opposto, creando un'esperienza spesso frustrante e sbilanciata. I nemici infliggono danni esorbitanti, capaci di eliminare un'unità con un singolo colpo, riesumando al contempo meccaniche punitive e oggi anacronistiche, come la possibilità che le magie di resurrezione falliscano (solo per il giocatore, si capisce) o l'incapacità di certe classi di usare i più basilari oggetti curativi.
Il risultato è una sfida schizofrenica, che alterna momenti di inspiegabile facilità a picchi di difficoltà brutale e apparentemente casuale. Si sarebbe potuto fare di più, magari implementando un sistema di scaling più intelligente o ribilanciando le abilità più controverse, senza per questo tradire lo spirito purista del gioco.
A questa incertezza si aggiunge un'implementazione del salvataggio automatico poco coraggiosa. La funzione, infatti, si limita a salvare lo stato all'inizio dell'ultimo turno, rendendosi utile solo per correggere un errore tattico immediato.
Non permette di tornare indietro di più turni, costringendo il giocatore a ricaricare il salvataggio manuale pre-battaglia in caso di una serie sfortunata di eventi o di una strategia rivelatasi fallimentare a lungo termine. Una scelta moderna avrebbe previsto slot di salvataggio automatico multipli, magari ogni tre o cinque turni, offrendo una rete di sicurezza più flessibile.
Fortunatamente, al netto di queste critiche, il nucleo ludico rimane solido come la roccia. La possibilità, finalmente introdotta, di accelerare le animazioni azzera i tempi morti e rende il ritmo di gioco decisamente più godibile, un aggiornamento di quality of life tanto semplice quanto indispensabile.
Restauro filologico
Sul fronte audiovisivo, The Ivalice Chronicles sceglie la via del restauro conservativo. Non aspettatevi un remake alla Final Fantasy VII; l'intento qui è chiaramente filologico. La pixel art originale, con il suo stile inconfondibile firmato Akihiko Yoshida, è stata ripulita, i modelli poligonali sono stati arrotondati e gli effetti visivi delle magie più spettacolari hanno ricevuto un tocco di modernità. Il passaggio al formato 16:9 è indolore e l'insieme appare pulito e piacevole anche su schermi di grandi dimensioni, senza mai tradire l'estetica originale.
Due elementi, però, spiccano su tutto il resto. Il primo è la nuova sequenza introduttiva animata, un piccolo capolavoro stilistico che riesce a catturare l'essenza malinconica e drammatica del gioco in poco più di un minuto. Il secondo, come già accennato, è l'eccezionale doppiaggio in inglese, che infonde nuova vita e gravitas a dialoghi densi e complessi, caratterizzati da un registro aulico e a tratti arcaico.
Proprio questa complessità linguistica, però, porta a galla un grande rimpianto: l'assenza totale di una localizzazione in italiano. Se in un gioco d'azione la barriera linguistica può essere aggirabile, in un'opera così densa di testo, dialoghi e intrighi politici come Tactics, diventa un ostacolo insormontabile per chi non ha una solida conoscenza dell'inglese. È una scelta che, purtroppo, relega ancora una volta questo capolavoro a una nicchia di appassionati, precludendone la scoperta a un pubblico più vasto.
L'ultimo, grande punto di domanda riguarda i contenuti. In una decisione che farà discutere, il team ha scelto di escludere tutti i contenuti aggiuntivi introdotti nella versione PSP, The War of the Lions. Niente personaggi extra come Balthier e Luso, niente missioni secondarie dedicate. Questa scelta, presumibilmente dettata dalla volontà di offrire la versione "pura" del 1997, crea un paradosso. Ci troviamo di fronte a due versioni definitive, ma incomplete: The War of the Lions per la ricchezza contenutistica e The Ivalice Chronicles per le migliorie tecniche e il doppiaggio.