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Fort Solis | Recensione - Su Marte con Roger Clark

Su Marte nessuno può sentirvi urlare... e forse è davvero meglio così.

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a cura di Andrea Maiellano

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Vuoi per deformazione professionale, vuoi perché sono trent’anni che gioco ma ogni volta che quando leggo, nel materiale promozionale affiancato a un titolo d’imminente uscita,  frasi come: “l’erede di -inserire il nome a caso-“ o “il successore spirituale di -inserire nuovamente un nome a caso-“, immancabilmente scatta quello che il celebre indagatore dell’incubo definiva “quinto senso e mezzo” e, immancabilmente, inizio a percepire l’insicurezza di chi, quel gioco, lo ha realizzato.

Fort Solis, purtroppo, fa parte di questa tipologia di produzioni, le quali vengono presentate, immancabilmente, come dei nuovi messia. Dei titoli capaci di farti rivivere le emozioni che solo alcuni mostri sacri, di uno specifico genere, erano stati capaci di farti assaporare. Non fraintendetemi, però, il voto che troverete in fondo a questa analisi non è dato dal mio astio verso questa pratica. Questo  è solo un piccolo aneddoto che volevo condividere con voi per farvi comprendere che quando, invece di mostrare qualsivoglia punto di forza di un prodotto, si opta per incensarlo oltre misura, mostrando quel minimo necessario atto a ingolosire l’utenza, molto raramente ci si troverà fra le mani un prodotto che esula da questa regola aurea.

Fort Solis, come vi accennavo poc’anzi, purtroppo fa parte proprio di questa tipologia di prodotti. Un titolo con un potenziale sopito, mal sfruttato e che per qualche arcano motivo non riesce a convincere del tutto sotto praticamente ogni aspetto. Non si tratta di un totale disastro, sia chiaro, quanto più di un titolo con un’identità che emerge, a stento, in mezzo a un mare di decisioni incomprensibili. Se, quindi, volete saperne di più in merito alla nuova fatica targata Fallen Leaf, mettetevi comodi perché vi sto per spiegare quanto sottile sia la linea che separa Fort Solis da una Forte Sola.

Né di Venere né di Marte si dà principio all'arte

L’incipit di Fort Solis è molto lineare, un duo di ingegneri spaziali, Jack Leary e Jessica Appleton, stanno effettuando dei tediosi controlli di routine quando, inaspettatamente, intercettano una richiesta di soccorso da parte della base mineraria Fort Solis. Incurante della tempesta che sta per colpire il Pianeta Rosso, Jack deciderà di rispondere alla richiesta e dirigersi a soccorrere i membri della base mineraria. 

Prima di proseguire, risulta indispensabile appuntare che questo semplice incipit, esplicabile in una manciata di righe, si dilata per oltre dieci minuti. Tempo nel quale ci si limita ad ascoltare i dialoghi fra i due protagonisti mentre si è intenti a spostare Jack, le cui movenze equiparano in agilità un Landkreuzer P-1000 Ratte (vi lascio l’onore di cercarlo su Wikipedia se non sapete che cosa sia). 

In quei minuti non succede assolutamente nulla, lo spazio di manovra è ridotto all’osso, le interazioni sono nulle e i dialoghi risultano inutilmente prolissi. Come giliegina sulla torta, una volta che Jack lascerà la sua collega per dirigersi a Fort Solis, si assiste impotenti a una manicata di minuti di nulla assoluto, in cui l’unica cosa che si può fare è osservare il rover marziano viaggiare verso l’orizzonte.

Non fraintendetemi, non sono assolutamente contrario alle esperienze più compassate ma in Fort Solis la gestione dei tempi del prologo non funziona su nessun fronte. Ciò che vorrebbe rimembrare i primi minuti di un horror cinematografico, in realtà non riesce mai né a intrattenere, né a coinvolgere il giocatore, facendo leva esclusivamente sul voler comprendere dove voglia andare a parare la produzione di Fallen Leaf. 

Ne Uccide Più Bacco Che Marte

Una volta giunti a Fort Solis, il titolo inizia a far comprendere meglio la sua natura. Fallen Leaf, difatti, ha voluto realizzare un walking simulator di matrice horror il quale, non appena giunti alla base mineraria, mostra subito tutto quello che il gameplay ha da offrire. Jack, al netto di camminare, può compiere esclusivamente due azioni: interagire con gli oggetti e consultare un log presente sul suo braccio dove potrà consultare i vari audiolog, comprendere la sua posizione sulla mappa e leggere i documenti reperiti durante l'avventura.

Il resto delle azioni è gestito da una serie di quick time event che, per quanto si rivelino eccessivamente macchinosi in alcune situazioni, riescono perfettamente a gestire i momenti più dinamici offerti dall'avventura. Insomma niente di più, e niente di meno, di quanto serva per un esponente del genere. Il problema principale, però, è che un walking simulator, proprio in virtù della sua natura meno interattiva, deve riuscire a intrattenere con un comparto narrativo di prim'ordine e che, riesca nell'intento di giustificare la decisione di mettere da parte il gameplay in virtù di un esperienza maggiormente narrativa o cinematografica.

Non vi nego che la prima mezz'ora all'interno della base mineraria riesca a incuriosire e a farti voler capire dove la storia vada a parare. In pochi minuti si scopre che l'intera Fort Solis è in lockdown, al suo interno non sono presenti anime vive, la corrente è praticamente assente in tre quarti della struttura e Jack si troverà solo a investigare su cosa sia realmente successo in quel lugubre posto.

In questi primi minuti, complice anche un comparto grafico che, seppur non privo di difetti, offre un colpo d'occhio convincente, si perde piacevolmente il tempo assieme a Jack che, fra una birra bevuta riflettendo sulla vita, vani tentativi di risolvere un cubo di Rubik trovato su una scrivania e la voce di Roger Clark che ci rende partecipi di ogni pensiero del protagonista, riescono a risultare interessanti e a voler soprassedere sull'estrema lentezza dei movimenti del personaggio e provare a capire cosa sia realmente successo in quel di Fort Solis.

Ed è proprio quando si spera che il comparto narrativo spicchi il volo che arriva la cocente delusione, Fort Solis è un prodotto narrativamente scialbo, i cui tempi vengono gestiti davvero male e la cui volontà di sorprendere lo spettatore si scontra con un, apparente, obbligo contrattuale di seguire quella tendenza, squisitamente indie, di voler incasinare anche la più semplice delle storie.

Non vi farò alcuna anticipazione ma sappiate che per comprendere parte della storia dovrete raccapezzarvi fra audiolog, documenti e riflesisoni di Jack. Il finale è anticlimatico, la scena post-credit (che di base si sfrutta per stravolgere quella consapevolezza che il giocatore spera di aver ottenuto al termine dell'avventura) complica ancora di più la faccenda e, in buona sostanza, dopo quattro ore ci si ritrova nuovamente davanti alla schermata iniziale, con una manciata di trofei in più e la sensazione che Fort Solis, alla fine, non ci abbia raccontato nulla.

Un'epilogo discutibile per un titolo che dovrebbe puntare tutto sulla narrazione, sull'intrattenere il giocatore e sul saper catturare costantemente la sua attenzione. Fort Solis, purtroppo, non riesce a raggiungere nessuno di questi obiettivi, limitandosi a risultare come un mero esercizio di stile.

Come vi dicevo, i movimenti di Jack sono eccessivamente lenti, la scelta della terza persona non riesce mai a restituire a dovere la tensione che i lugubri corridoi di Fort Solis dovrebbero trasmettere ogni qualvolta che li si calca, le poche azioni a disposizione del protagonista sono mal sfruttate e finiscono per diventare un ridondante "tocca qui, tocca la" e i dialoghi fra Jack e Jessica, sembrano sempre fuori fuoco con quello che sta succedendo a Fort Solis, oltre che a risultare eccessivamente prolissi senza una reale motivazione.

Tecnicamente nulla da dire

Ho giocato Fort Solis su PlayStation 5 e devo dire che, al netto di un paio di sbavature e di un paio di scelte poco comprensibili in termini di level design, l'esperienza finale si è rivelata tecnicamente soddisfacente. Le animazioni dei personaggi, dalla mimica facciale alla cura con cui sono stati realizzati tutti i movimenti, sono davvero ben confezionate e riescono a restituire quel feedback cinematografico che risulta indispensabile in una produzione del genere.

L'illuminazione è ben gestita, le prove attoriali dei doppiatori sono di ottima fattura, al netto delle linee di dialogo discutibili, e la regia riesce a compiere un mezzo miracolo nel cercare di sfruttare qualsiasi escamotage, in termini di mera angolazione della telecamera, per garantire quel minimo di costante tensione al giocatore.

In termini di performance, invece, sono presenti degli invadenti stutter nei momenti in cui si passa dalle cinematiche ai quick time event. Si tratta di una piccola sbavatura ma considerando la brevità della produzione, e la sua necessità di risultare il più omogenea possibile, rompono indubbiamente l'immersione.

Per quanto riguarda le scelte di gameplay di cui vi accennavo prima, non ho potuto ignorare una gestione della mappa davvero confusionaria e una manciata di quick time event, eccessivamente macchinosi per l'azione che si sta facendo compiere a Jack in quel momento. Due dettagli che normalmente passerebbero in secondo piano ma che, vista la scarsità di contenuti presenti in Fort Solis, gravano maggiormente sull'esperienza finale.

Infine, per quanto normalmente non lo ritenga un aspetto da sottolineare, Fort Solis è localizzato completamente in Inglese e, considerando che c'è molto da leggere e molto da ascoltare per provare a comprendere cosa sia successo nella lugubre stazione mineraria, sconsiglio caldamente a chi non mastica l'idioma di Albione di approcciare il gioco con leggerezza, perché potrebbe rimanere eccessivamente deluso.

Voto Recensione di Fort Solis


5

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Tecnicamente Soddisfacente

  • - La regia prova a salvare il salvabile

Contro

  • - Tanti troppi tempi morti

  • - Trama forzatamente complessa e anticlimatica

  • - Scelte di game design incomprensibili

Commento

Fort Solis non è il nuovo Dead Space, non fa le scarpe a Tacoma e non riesce nemmeno a giocare nello stesso campionato di quegli horror meno celebri quali The Chant. Purtroppo la nuova produzione di Fallen Leaf risulta vuota e priva di guizzi interessanti, presentando una trama che poteva anche risultare interessante, per quanto eccessivamente abusata nel suo genere, e che sicuramente troverà qualche estimatore la fuori che si prodigherà nell'appioppargli una fantasiosa chiave di lettura pur di difenderne a spada tratta le inutili, ed eccessive, complicazioni della sceneggiatura. Quello che rimane, quindi, è un comparto grafico di ottima fattura, oltre alle splendide prove attoriali di Roger Clark e Troy Baker, ad adornare una produzione lenta, a tratti noiosa e che potrei suggerire giusto a chi ha fame di horror, ha finito il backlog e troverà Fort Solis in vendita con un forte sconto.

Informazioni sul prodotto

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