La battaglia legale che oppone Epic Games ai colossi Apple e Google ha segnato un punto a favore dello sviluppatore di Fortnite in Australia. Un tribunale federale ha stabilito che entrambe le aziende hanno abusato della loro posizione dominante nel mercato delle app mobili, limitando la concorrenza e alterando le condizioni di mercato. Una decisione che potrebbe influenzare l’intero ecosistema digitale globale, offrendo nuove opportunità a sviluppatori e consumatori.
Il verdetto che cambia le regole del gioco
Il giudice Beach ha concluso che Apple e Google hanno sfruttato il loro controllo quasi monopolistico sulla distribuzione di app e sui sistemi di pagamento interni per imporre commissioni più alte di quelle che si registrerebbero in un contesto competitivo. Particolarmente severo il giudizio verso Apple, accusata di ridurre la concorrenza impedendo la distribuzione di applicazioni native al di fuori dell’App Store. La giustificazione legata alla sicurezza, secondo la corte, cela anche un chiaro intento anticoncorrenziale.
Epic Games ha definito la decisione “una vittoria per sviluppatori e consumatori in Australia” e ha annunciato il ritorno di Fortnite su iOS nel Paese, a distanza di cinque anni dalla rimozione. Apple, tramite un portavoce, ha ribadito di affrontare “una concorrenza agguerrita in ogni mercato” e ha difeso l’App Store come “il luogo più sicuro per gli utenti”, pur esprimendo disaccordo con le conclusioni del tribunale.
Le origini della disputa e le sue ramificazioni globali
Il caso risale all’agosto 2020, quando Epic introdusse in Fortnite un sistema di acquisti diretti che bypassava la commissione del 30% trattenuta da Apple, provocando la rimozione del gioco e l’avvio di cause legali in più Paesi. La sentenza australiana si inserisce in un contesto di crescente pressione normativa sui cosiddetti gatekeepers digitali. Negli ultimi mesi, Fortnite è tornato disponibile in Giappone, Europa e Stati Uniti grazie a nuove leggi e a pronunce favorevoli.
Pur riconoscendo l’abuso di posizione dominante, la corte ha respinto le accuse più gravi, escludendo violazioni dirette delle norme a tutela dei consumatori o condotte “inconsapevoli”. Un verdetto che evidenzia la complessità delle questioni antitrust nell’era digitale, dove il confine tra strategie commerciali aggressive e pratiche anticoncorrenziali può essere sottile.