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Goat Simulator 3 | Recensione - Un seguito più folle che mai

Ecco la nostra recensione di Goat Simulator 3, il videogioco più pazzo in circolazione sviluppato dal team svedese Coffee Stain Studios

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a cura di Nicholas Mercurio

Avete presente quando, in un momento di ordinaria follia, siete in qualche modo attirati dall’ignoto a tal punto da non preoccuparvi per cosa potreste trovarvi davanti? Con Goat Simulator 3, sviluppato da Coffee Stain Studios, è infatti impossibile rimanere seri e impassibili. Vuoi perché l’ignoranza dilaga ovunque, vuoi perché essere una capra è divertente e non c’è un attimo di respiro, il secondo capitolo di questo strambo franchise (e non il terzo, come ha ironicamente segnalato il team) prosegue il viaggio nella follia intrapreso per la prima volta nel 2014, data di pubblicazione dell’omonima produzione che ha presentato al panorama un videogioco che si prendeva gioco di tutto quello di cui si parla frequentemente sui social network. Spesso in modo dissacrante e alle volte in maniera esagerata, Goat Simulator è stato un videogioco che qualcuno ha definitivo talmente pazzo da non poter essere neppure valutato.

A distanza di otto anni, tuttavia, ritornare a impersonare i panni della capra più famosa del mondo dei videogiochi è stato insolito, divertente e a tratti addirittura ben più esagerato di quanto ricordassi, e a quei tempi la simulazione di capre definitiva appariva soltanto come una grande, monumentale e mastodontica presa in giro. Ma è davvero solo questo, o c’è anche altro? Perché se ho imparato qualcosa negli ultimi, è che alle volte serve esplorare la mente degli sviluppatori per capire cosa si celi davvero nei meandri del loro subconscio.

Sicuramente, posso confermarvi che nella psiche di alcuni di loro c’è spazio per tutto, e di questo ne ho avuto conferma in passato, interfacciandomi con il loro primo capitolo in maniera del tutto ignara, innocente e sì, inconsapevole. Qui, però, sapevo già tutto: non sono esente da colpe, perché nella mia esperienza su Goat Simulator 3, e lo dico senza tante cerimonie, ho fatto tutto quello che mi era consentito, non limitando in alcun modo la mia fantasia.

“Al gioco della capra o si vince, o si bela”

Una volta avviato il gioco, dimenticatevi ogni seriosità. Se arrivate da God of War Ragnarok, scordatevi il rapporto padre e figlio tra Atreus e Kratos. E se nel frattempo state giocando a Pentiment, scordatevi di essere dei sodali alla ricerca dell’illuminazione (no, non quella dell'elettricista). Insomma, dimenticate persino il vostro nome, cosa fate nella vita di tutti i giorni, e scordatevi pure la dicotomia tra il bene e il male, che qui non c’è tempo per pensare al prossimo. Siete una capra (no, fermi, non vi sto insultando) che si chiama Pilgor, una minaccia riconosciuta per qualunque modello poligonale, texture e bug su cui possa incappare. È, infatti, lo stesso protagonista del capitolo antecedente, che ritorna per l’occasione più in forma che mai.

In tal senso, non passa neanche un secondo e c’è già il primo elemento senza senso della produzione: siamo su un carretto spinto da un trattore, nel bel mezzo di una fattoria abitata da contadini e sempliciotti. Un sonoro “Ah, finalmente hai aperto gli occhi” e la mente, viaggiando a undici anni fa, è ritornata a Skyrim e alle avventure del Sangue di Drago. L’inizio dell’avventura, per l’appunto, comincia così, non presentando nulla e non dicendo cosa sta capitando. In un modo o nell’altro, un nuovo viaggio ha inizio, e le premesse della trama principale non lasciano spazio a ulteriori interpretazioni. Qui si deve incoronare qualcuno, e chi deve essere incoronata è Pilgor, la capra futura regina delle capre, una sorta di Cersei Lannister senza uno scettro e sprovvista di Altafuoco, ma allo stesso tempo capace di seminare panico, distruzione e qualche leccata ovunque come soltanto un quadrupede senza una coscienza potrebbe fare. E quel quadrupede è il giocatore, quindi siamo in buonissime mani.

Nonostante il racconto di Goat Simulator sia marginale, è comunque stato piacevole trovare una storia dietro alle peripezie di Pilgor, che a questo punto diventa una protagonista a tutti gli effetti del panorama dei videogiochi, nonché una star della cultura pop che, come Paddington, potrebbe addirittura prendere il tè con re Carlo d’Inghilterra. Un’immagine che, a dirla tutta, farebbe ridere a crepapelle chiunque, tranne la regina Camilla. A riguardo, la produzione degli sviluppatori svedesi abbraccia una tipica ironia dissacrante, brutale e senza freni, la stessa utilizzata dai Simpson e dai Griffin, con la sola differenza che Pilgor, in risposta alle lamentele dei cittadini di San Agora, risponde belando, leccando e scappando, combinando disgrazie, disastri e rovinando una giornata qualunque, trasformandola in una grande feste colma di avvenimenti fuori di testa.

L’approccio utilizzato, ben superiore rispetto al predecessore, vede Pilgor protagonista di accadimenti talmente folli che è impossibile contarli tutti, perché la capra si ritrova a scatenare eventi anche potenzialmente pericolosi. Ho partecipato, e non mi pento a sottolinearlo, a una messa satanica sacrificando degli spaventapasseri, alla distruzione di una diga simile e a sì, pure allo scoppio di una bomba nucleare che ho attivato semplicemente dandole una testata. Ma non solo, perché il team svedese, oltre a rendere tutto possibile, prende in giro anche i colossi del proprio Paese, tra cui Ikea, che non ha sicuramente bisogno di presentazioni.

In tal senso, Goat Simulator 3 si divide in incarichi da affrontare in singolo o in multigiocatore, con situazioni così tanto estreme che non immaginavo affatto che il team avrebbe concretizzato la sua stessa follia. D’altronde, è semplice capirlo: impersonare una capra è ovviamente sregolato, eppure è divertente, specie per le tante attività da svolgere. L’avventura, per l’appunto, vede la protagonista farsi strada all’interno di un maniero che prefissa una cifra da raggiungere per sbloccare un momento della storia principale, che ha una longevità di sei ore, davvero buona considerando la natura stessa della produzione.

L’effettiva durata del gioco, però, può addirittura quintuplicarsi in base al tempo impiegato dal giocatore, che potrebbe passarci sopra quindici come cento, duecento o trecento ore, facendo letteralmente ciò che vuole, tra situazioni al limite della coscienza umana e momenti imprevedibili. Goat Simulator 3 esagera in tutto, ma esagera così tanto da risultare alle volte anche fin troppo assurdo. Non c’è un limite, e come potrebbe essercene, d’altronde, considerando tutto quello che accade?

Goat Simulator 3, la bomba a orologeria che esplode solo quando fai “Beee”

Cosa si potrebbe dire del gameplay di Goat Simulator 3? Che è identico al predecessore, ma non per questo è meno divertente, caciarone e completamente insensato come ogni suo singolo particellare a schermo, che già di per sé basta per guadagnarsi un suo spazio inconfondibile. Tuttavia, Goat Simulator 3 è un videogioco in terza persona in cui il giocatore muove Pilgur in giro per la mappa di gioco. È un sandbox, oltre a un’avventura demenziale, che permette al giocatore di interagire, fare e distruggere qualunque cosa gli capiti a tiro, rompendo staccionate, case e luoghi pacifici, devastando monumenti e altre follie di questo genere. La capra potrà addirittura leccare un personaggio non giocante, portandoselo in giro e compiendo salti e giravolte degne di Yuri Chechi.

Pilgor prende a testate vetrine, persone e, se minacciato, macchine che ora può anche guidare. Pare che la capra, in questo ultimi otto anni, abbia preso la patente e sia diventata una sorta di CJ di Grand Theft Auto: San Andreas, perché è anche capace di rubare le macchine, saltarci sopra e andare in giro per la mappa di gioco, svolgendo gli incarichi più disparati e sgommando come una sottospecie di Toretto in crisi maniaco-compulsiva. Come accennavo prima, Goat Simulator 3 propone un racconto e degli incarichi casuali da svolgere sparsi per la mappa, che possono essere attivati semplicemente passandoci sopra.

Queste missioni, utili per accrescere il proprio prestigio, servono per sbloccare le nuove aree del castello, che rappresenta il punto nevralgico del potere di Pilgur. Inoltre, sarà possibile aumentarlo completando gli istinti, delle richieste semplici quanto folli che vedono il protagonista fare una capriola in avanti, indietro o scivolare su un guardrail di un’autostrada. Un’aggiunta divertente, che prende in giro in un colpo solo Assassin’s Creed e Far Cry, riguarda le Torri della Capra, ovvero delle strutture che sbloccano segnalini, punti di domanda e molte altre aree presenti sulla mappa di gioco, con sfide diverse da affrontare, però, in multigiocatore con qualche amico.

Divertente, vario e sempre pazzo, il comparto multiplayer è infatti la novità sicuramente più interessante, con missioni diverse da quelle multigiocatore, ma allo stesso modo fuori di testa. La modalità dà spazio a quattro giocatori di combinare guai in giro per l’intera mappa di gioco. Come nel precedente capitolo, anche Goat Simulator 3 permette un’ottima personalizzazione di Pilgor, con la capra che può vestire costumi da pagliaccio, cubi di ghiaccio al posto delle zampe e un cannone capace di devastare qualunque cosa gli capiti a tiro. Man mano che si avanza, poi, è anche possibile scegliere personaggi diversi da Pilgor e impersonare uno squalo martello, un maialino e sì, anche uno spaventapasseri.

L’opera, però, tende a diventare monotona dopo le dieci ore di giocato, portando inevitabilmente il giocatore, una volta ripulita l’intera mappa, a non avere più nulla da fare. E qui entrano in gioco il multiplayer e i contenuti aggiuntivi, che non possono mancare nel futuro della produzione. Interfacciarsi con Goat Simulator 3, insomma, è un viaggio alquanto particolare: non è un’opera che intende sorprendere ma semplicemente divertire, perché il suo game design è volutamente scelto per essere grezzo e di semplice approccio per chiunque ne sia incuriosito.

Brutto, sì, ma buono

Dimenticatevi una direzione artistica di primo ordine, perché Goat Simulator 3 è tutto fuorché un videogioco bello da vedere. Concentrando ogni sua energia per rendersi un videogioco che prende in giro il medium e anche la cultura pop, non offre scenari degni di nota né scorci memorabili capaci di far urlare al miracolo. Complice un lato tecnico claudicante, tra compenetrazioni e bug che alle volte fanno ridere, Goat Simulator 3 è difatti una produzione ottimizzata in maniera alquanto superficiale. Niente di grave, ovviamente, perché l’esperienza non viene minata da queste problematiche, eppure la produzione necessita di un assestamento da questo punto di vista. Il predecessore, d’altronde, non brillava, ma qui la situazione è certamente migliorata.

Goat Simulator 3, che lo so si ami o lo si odi, è una produzione che non si prende sul serio e ironizza su tutto quello che gli capita a tiro, trattando tematiche in maniera dissacrante e senza filtri, calandosi nella parte del videogioco che vuole essere brutto da vedere a ogni costo, ma che, in qualche modo, riesce a regalare ore di divertimento, risate e situazioni assurde, tra critiche sociali, politiche e interne al medium. Una capra può stravolgere tutto come unirlo. Lode alla capra, dunque. Lode alla regina delle capre.

Voto Recensione di Goat Simulator 3 - PC


7.2

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • Divertente, dissacrante e particolareggiato

  • Rispetto al predecessore, è stato affinato meglio il game design e sono state inserite delle aggiunte ulteriori

  • Tanti riferimenti alla cultura nerd e agli altri videogiochi del medium

  • Il multiplayer intrattiene e funziona

Contro

  • Qualche inciampo tecnico qua e là, con parecchi bug e compenetrazioni

  • Forse poteva durare qualche ora in più

  • Sono necessari contenuti aggiuntivi

Commento

Goat Simulator 3 è un videogioco dissacrante, ironico, sprovveduto, scomodo e figlio di un precedente capitolo che gettava le basi sul mito di Pilgur, la capra più famosa dell'intero panorama dei videogiochi. Pur non stravolgendo la formula, Goat Simulator diverte, intrattiene ed esalta, lasciando al giocatore il pallino di decidere cosa fare e come muoversi. Un'avventura non sicuramente leggera, flagellata da qualche bug di troppo, compenetrazioni e tanto altro. Resta da vedere, insomma, come il videogioco verrà rimpinguato con i futuri contenuti aggiuntivi.

Informazioni sul prodotto

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