La preservazione del videogioco attraverso i servizi non basta

La preservazione dei videogiochi del passato è sempre più legata ai servizi in abbonamento, ma è davvero la scelta giusta?

Avatar di Andrea Baiano Svizzero

a cura di Andrea Baiano Svizzero

Nelle ultime settimane si parla tanto di preservazione del videogioco, anche in relazione al chiacchiericcio intorno il nuovo abbonamento di Sony. Non solo, quest'ultima ha infatti annunciato la creazione di un "Preservation Team", con a capo una figura di spicco del settore: Garrett Fredley. L'ingegnere aveva già lavorato con EA, ricoprendo un ruolo simile, che ha provato a spiegare in un panel che si è tenuto durante la GDC 2019. Il buon Fredley ha spiegato come attuare dei processi per far sì che un videogioco venga conservato correttamente, ma anche in modo tale da renderlo facilmente recuperabile e fruibile in futuro. Una spiegazione approssimativa di un argomento tecnico e piuttosto complesso, che lascia spazio anche a qualche ambiguità sul ruolo che Fredley coprirà in Sony.

Le speculazioni degli appassionati sono andate tutte in direzione del nuovo Playstation Plus, che nel suo abbonamento Premium offrirà diversi titoli di piattaforme classiche. L'idea di avere un team (potenzialmente) dedicato alla preservazione e riproposizione di questi titoli è fantastica, ma si scontra con un nuovo modo di concepire il "retrogaming", legato sempre di più ai servizi in abbonamento. Sony non è l'unica, anzi segue quanto già fatto da Nintendo con il suo Nintendo Switch Online. Quest'ultimo infatti include nell'abbonamento diversi titoli del passato, appartenenti alle librerie del NES, SNES, N64 e Sega Mega Drive.

Per una somma mensile, trimestrale o annuale, stiamo di fatto "comprando" la possibilità di poter accedere a titoli di importanza e rilevanza storica. Di fallo la preservazione storica del catalogo (anche solo parziale) di Nintendo passa attraverso il suo servizio online. Una barriera che limita ogni forma di possesso, anche sotto forma di licenza digitale. Se da un lato il prezzo concorrenziale di Nintendo Switch Online può indorare la pillola, lo stesso non lo si può dire per il Playstation Plus Premium.

Per accedere ai 340 titoli delle generazioni PS3, PS2, PS1 e PSP bisognerà sborsare 16,99€ al mese, che diventano 120€ all'anno per i più assidui (disponibile a questo link in forte sconto). Una cifra importante, che di fatto obbliga l'utente interessato al catalogo storico ad abbonarsi alla tier più alta. Quando si parla di fruizione, è chiaro che poter giocare decine e decine di classici ad un prezzo mensile si pone come un'offerta conveniente. Possiamo giocare a tutto ciò che vogliamo, senza limiti. Non sono portato a scegliere un titolo piuttosto che un altro, anzi l'idea è quella di poter scegliere tutto, magari scoprendo titoli non solo in preda alla nostalgia, ma con la voglia di conoscere pezzi di storia a noi inediti.

Il problema però è che la fruizione di un prodotto non coincide esattamente con la sua preservazione. Qualsiasi titolo presente nel catalogo sarà per sua stessa natura in balia delle acque, che potrebbero farsi agitate nel momento in cui i detentori dei diritti decidessero di rimuoverlo dall'offerta. O peggio, che alcuni di questi titoli possano non arrivare affatto, a causa di problemi di licenza o per politiche commerciali dell'azienda che li detiene. Proprio in queste settimane è arrivata la notizia di alcuni titoli che lasceranno il Playstation Now, tra cui spiccano vari titoli della serie di Metal Gear Solid, Castlevania, Silent Hill e diverse IP di Sega. Sebbene quella di Konami sia un po' storia a sé, è davvero emblematico che accada proprio a ridosso del nuovo servizio.

Rendere accessibili dei titoli del passato attraverso i servizi in abbonamento ne favorisce la fruizione, al di fuori delle pratiche illegali, ma è solo attraverso il possesso che la preservazione può definirsi tale. Le due strade non sono inconciliabili, come ha dimostrato con grande lungimiranza Microsoft. La fruizione dei titoli del passato, su console Xbox, è praticabile in diversi modi. Uno store unificato permette di acquistare gran parte del catalogo Xbox e Xbox 360 a prezzi budget, con alcuni di questi inclusi nel Game Pass. Soprattutto, la possibilità di sfruttare il formato fisico originale sulle console moderne permette di unire l'atto di preservazione personale dell'utente a quello della facilità di accesso, scongiurando eventuali forme di pirateria ed emulazione.

Emulazione che, nonostante i molteplici esempi positivi, non è sempre la strada migliore per preservare l'esperienza originale al meglio della sua forma. La possibilità di scegliere se acquistare o meno un gioco non dovrebbe essere preclusa, e non esclude la possibilità di offrire una vasta libreria di titoli ad un prezzo mensile. Questo aiuterebbe a scongiurare, almeno in parte, l'intangibile essenza di questi servizi. Da un momento all'altro questi titoli potrebbero scomparire, o il servizio ridimensionato. Nulla ci assicura ad esempio che nella prossima generazione di Sony e Nintendo, i servizi e gli store dedicati che conosciamo oggi saranno fruibili allo stesso modo. Potrebbe ripresentarsi uno dei tanti casi di chiusura a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, con gli store di PS Vita, 3DS e Wii U ormai vicini all'essere spenti per sempre.

Nonostante tutte le forme di possesso, anche digitale, siano soggette a delle incertezze importanti, è chiaro che si pongono ancora come un'alternativa importante ai servizi in abbonamento. Il possesso, digitale e non, diventa uno degli strumenti con cui preservare i titoli che hanno caratterizzato il medium, con cui conservarne la memoria storica. Questo non può avvenire pagando una retta mensile, non solo almeno.

Chi scrive vorrebbe recuperare da diverso tempo Folklore, un bizzarro action rpg uscito nel periodo di lancio di Playstation 3. Un titolo rarissimo da trovare e costoso, non disponibile per l'acquisto sul Playstation store. Anche se lo fosse, l'unica possibilità sarebbe quella di giocarlo in streaming, con tutte le deficienze del caso. E' chiaro che l'esempio di Sony è il fulcro del discorso, ma lo si potrebbe estendere facilmente anche a Nintendo. Basti pensare all'ottimo Metroid Dread, quinto capitolo di una serie trentennale. Nessuno di quei titoli, oltre a Super Metroid, è recuperabile su Nintendo Switch. Lo si può fare su Wii U, certo, ma solo fino a Marzo 2023, periodo in cui l'eShop della console chiuderà i battenti.

Fortunatamente, il lavoro delle community e l'apertura del mondo PC permettono di sopperire in qualche modo. Se è vero che i videogiochi sono arte, iniziare a trattarli come qualcosa di più di un prodotto, soprattutto quando si parla del passato, potrebbe essere la strada giusta.

E voi, cosa ne pensate?