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Pesterquest | Recensione: Ritorno a Homestuck

Pesterquest riporta in auge il famoso Homestuck attraverso una visual novel in 14 atti dove si coltiva l'amicizia con i protagonisti del fumetto.

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a cura di Alessandro Palladino

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Tornare a parlare di Homestuck nel 2020 è un qualcosa che mai mi sarei aspettato di fare, oltre a un nostalgico tuffo nei ricordi. Tanto meno mi sarei aspettato di tornare a farlo in sede di recensione ufficiale, eppure eccoci qui a parlare di Pesterquest: una light novel originale, seguito di altri progetti considerabili “canonici” sempre supervisionati da Andrew Hussie, insieme a un team di artisti e scrittori di tutto rispetto.

Se siete arrivati fin qui, potreste chiedervi “Cos’è Homestuck?” La risposta non la troverete in Pesterquest, anzi il gioco è caldamente sconsigliato a chi non si è mai minimamente approcciato all’opera in questione. Si tratta infatti di un vecchio webtoon estremamente influente per la cultura geek dell’internet più adolescenziale, lunghissimo (più di 8.000 pagine) e così tanto ramificato da essere una lettura davvero impegnativa. Il fatto che nel 2020 esistano ancora progetti a esso legati dovrebbe dare abbastanza un’idea di quanto questo progetto – interamente realizzato con MS Paint a partire dal 2009 – sia ancora oggi fonte di interesse per una grossa fetta di persone. Ma nel caso in cui siate già a conoscenza di tutto questo e non vediate l’ora di sapere cosa stanno facendo John, Dave e Rose, allora proseguite pure!

A young man stands in his bedroom…

La trama alla base di Pesterquest inizia con la reazione di qualunque fan all’epilogo di Homestuck: disdegno. Ci immedesimiamo infatti nei panni di un lettore che tutto sommato voleva un’altra fine per il gruppo di personaggi con cui ha passato gli ultimi anni della sua vita e che quindi, adirato, finisce per squarciare la trama dello spazio e del tempo per catapultarsi davanti alla casa di John Egbert.

La missione di questo viaggiatore nominato semplicemente MSPReader? Nessuna, solo fare amicizia con tutti i personaggi di Homestuck mentre cerca di risolvere l’amnesia fulminante che l’ha colpito non appena varcata la soglia tra i mondi. È importante notare come il teletrasporto non sia avvenuto dopo l’epilogo, bensì in un momento in cui ancora l’innocenza regnava più o meno sovrana, permettendoci così di vivere la quotidianità dei ragazzi e dei Troll.

A differenza di molte visual novel, Pesterquest possiede una struttura ad atti liberamente esplorabili in un ordine più o meno libero (sebbene seguire i numeri sia logico), ciascuno dedicato a un singolo personaggio e con diverse conclusioni da trovare. Non aspettatevi quindi un dating sim dove poter scegliere di baciare Dave o Sollux, piuttosto le uniche scelte ci saranno avranno un ruolo chiave che cambierà sensibilmente il percorso dell’atto, conducendovi a uno o l’altro finale e a eventuali fallimenti critici.

Come ci ha insegnato Homestuck, la scrittura delle sue vicende è estremamente diretta, satirica e piena zeppa di strani slang da chat testuale anni 2000. Ma il bello dello stile di Hussie è che non esistono regole o impostazioni per la prosa: il linguaggio del web diventa letteratura e se esistesse un Decameron dell’internet quel titolo andrebbe a Homestuck, anzi parliamo addirittura della Divina Commedia della lingua a byte passata di webpage in webpage. Tutto questo è ritrovabile in Pesterquest, esattamente come lo potevate ricordare nel 2009. Ci sono le chat colorate con le cromature per ognuno dei personaggi, ci sono le battute anti quarta parete e una caterva di riferimenti alla cultura pop sia generale che underground.

È onestamente piacevole scorrere di nuovo in quei muri di testo dal font pixellato, vedendo soprattutto lo sforzo che gli autori di Pesterquest hanno messo in campo per far sì che tutto rispettasse gli standard granitici creati da Homestuck. Ne esce fuori una storia nel limbo dell’assurdo, capace di trasmettere calore con il più stupido dei dettagli a patto di essere già affezionati ai personaggi protagonisti. Difficile rimanere impassibili di fronte alla rievocazione di certi eventi, così come lo è altrettanto quando il passato degli “eroi” riaffiora tra le righe delle chat o Megalovania suona in sottofondo. Piccoli tocchi che ben sottolineano quanto Homestuck sia composto da momenti vissuti così bene davanti lo schermo da essere rimasti in un angolino nel cuore, in attesa del riferimento giusto per farli riemergere.

Visuale oltre Paint

Il grosso di Pesterquest, oltre alla scrittura, è il lavoro che gli artisti hanno svolto individualmente su ogni personaggio, creando un enorme varietà di stili e interpretazioni. Alle volte sono un po’ troppo libere nei tratti assegnati a questo o quell’altro eroe, ma in generale non possiamo certo lamentarci di una mancata fedeltà considerando che il riferimento principale erano caricature super-deformed fatte a gif. In termini di visual novel, lo standard delle illustrazioni è molto alto e si è fatto il possibile per dare carattere alle varie espressioni, oltre che a riempire di dettagli gli sfondi dedicati alle location più iconiche del fumetto.

La direzione scelta è quindi quella cartoony tendente all’orientale, alle volte più marcata da una parte e altre da quella occidentale. Un mix che tutto sommato può fare contente tutte le frange estetiche del fandom di Homestuck, che spesso e volentieri si è diviso proprio tra i due schieramenti nelle fan art. Al netto di tutto ciò che concerne il visivo, la (quasi) totale assenza di voci penalizza lo sforzo di Pesterquest, portandolo al di sotto dello standard che altri titoli simili – e anche indipendenti – ormai adottano. Come poi spiega il gioco, è veramente difficile poter doppiare ogni singola linea di dialogo, ma ci sono valide alternative per evitare il silenzio totale, quantomeno inserendo dei piccoli effetti sonori.

Nella sua realizzazione è evidente l’anima amatoriale che da sempre accompagna Homestuck come piccolo progetto creato dal nulla, un compromesso a cui i fan sono abbastanza abituati ma che alla lunga fa pesare i molti dialoghi di Pesterquest più di quanto dovrebbero, a prescindere dallo sforzo che le musiche tentano di compiere nel proporre brani catchy per tenere alta la concentrazione. Il tentativo è apprezzabile ma non sufficiente da poter evitare una staticità che nessuna scrittura al mondo, per quanto intrattenente, potrebbe nascondere.

Voto Recensione di Pesterquest - PC


6.7

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Divertente e cinico, proprio come ai vecchi tempi

  • - Illustrazioni curate

  • - Molti riferimenti all'opera originale

Contro

  • - Decisamente non adatto a chi non conosce Homestuck

  • - Impostazione fin troppo statica

  • - Pochi sforzi per coprire la carenza di doppiaggio

Commento

Pesterquest è un viaggio con la nostalgia che dimostra di non essersi mai arrestato. Homestuck è ancora vivo nei cuori di molti e in virtù di questo nessun fan di vecchia data rinuncerebbe all’occasione di passare altro tempo con i suoi protagonisti, specialmente se – come in questo caso – c’è dell’ottima scrittura dietro ogni singolo dialogo. Ritroverete le chat testuali tra i “bambini” insieme a rinnovate illustrazioni fonte di un circolo di artisti di tutto rispetto, insieme a musiche e battute piene zeppe di riferimenti. Pesterquest però rimane un prodotto tanto di nicchia e con un animo semplice, lontano dagli standard delle visual novel moderne ma vicino al cuore di chi non si è mai scordato le emozioni vissute con Homestuck.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Pesterquest - PC

Pesterquest - PC