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Recensione

Ravenlok | Recensione - Una magia che affascina ma non coinvolge

La nostra recensione di Ravenlok, il nuovo videogioco in grafica Voxel sviluppato dal team celebre team indipendente Coconumber.

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a cura di Nicholas Mercurio

Una bambina, un misterioso specchio e un mondo magico tutto da scoprire. Non potrei aprire diversamente la mia recensione di Ravenlok, sviluppato dal team indipendente Cococumber, autore dell'apprezzatissimo e memorabile Echo Generation, candidato nel 2021 come miglior videogioco narrativo ai Canadian Screen Awards, la kermesse dedicata al mondo dell'intrattenimento canadese. Questa produzione, due anni fa, aveva conquistato la critica e il pubblico per le sue tematiche delicate ma significative, come il potere dell'amicizia e del coraggio. Impersonando dei ragazzini, vivendo delle quotidianità sfaccettate ed entrando con contesti differenti, la cittadina fittizia di Maple Town offriva una storia potente e ben scritta.

Ravenlok, tuttavia, segue un altro tipo di approccio, sfogliando le pagine di Lewis Carroll e ritrovandosi, in un modo del tutto inaspettato, a scavare letteralmente la Tana del Bianconiglio, portando il giocatore in un Paese delle Meraviglie completamente rivisitato. Non spaventatevi, appassionati di Alice: Ravenlok, nonostante catturi un'ispirazione simile, riscrive a modo suo una storia del genere come ha fatto, d'altronde, la stessa Disney nel 1951, non rimanendo totalmente fedele nei confronti del racconto dello scrittore britannico. Lo specchio, però, nell'immaginario di Lewis Carroll non è un dettaglio totalmente ininfluente, bensì rappresenta un canovaccio narrativo fondamentale.

A riguardo, parto col dire che, per quanto le ispirazioni siano apprezzabili e ci sia una sorta di fedeltà nei confronti dell'autore che sfocia in un rispetto smodato, c'è davvero molto poco di originale nel videogioco di Cococumber, che si ritrova a dovergli cucire addosso una storia che però, a causa di qualche sfumatura non totalmente a fuoco, non mi ha soddisfatto nel modo che mi sarei aspettato.

Una ragazza dai capelli color del corvo, che tutti chiamano Ravenlok...

Ben prima di partire per l'avventura e perdersi in un viaggio sconfinato sospeso fra meraviglia e fantasia, l'opera offre la possibilità di scegliere il nome della protagonista. Già, potrete chiamarla come preferite: io ho optato per Bianca, lasciando Alice a Lewis Carroll e a Cappellaio Matto. La ragazzina in questione, da poco trasferitosi in una casa in campagna con i suoi genitori, non vede l'ora di iniziare la scuola e incontrare nuove facce.

Anche se è triste e vorrebbe rivedere i suoi amici, la piccola Bianca, sconsolata e con la sola compagnia del suo cane, non vede l'ora di scoprire tante novità nel luogo in cui è capitata. Esplorando i dintorni della casa, aiutando sua mamma e suo papà in varie faccenduole, raggiunge una stalla contenente scrigni di vario genere e utensili appartenuti a qualcuno che sembra esserseli dimenticati. Al suo interno, trova inoltre uno specchio misterioso che riflette l'immagine di ogni oggetto, tra cui lei stessa. Affascinata da non si sa cosa, si avvicina adagio, allunga la mano e con un dito sfrega il vetro, ritrovandosi improvvisamente in un mondo fantastico, facendo incontri che preferisco non rivelare.

Come accennavo prima, la chiara ispirazione alla meravigliosa opera di Lewis Carroll è solo la ciliegina sulla torta e rappresenta, oltre che una buona riproposta analoga del racconto, anche un bel modo per trattare le tematiche già affrontate dallo scrittore britannico. Impreziosito da un approccio comunque chiaro e ben definito dall'inizio, la storia prosegue in modo lineare e senza grandi capovolgimenti o colpi di scena, andando dritta verso i titoli di coda, non dando troppe emozioni. Si limita, al contrario, a essere estremamente didascalica, non risultando fluida né esaltante, concentrata ad arrivare a un obiettivo che però arranca a raggiungere, riuscendo a farlo proprio solo a un quarto dell'esperienza di gioco.

Nonostante il contesto sia interessante e coinvolgente, è la linearità a essere un problema fondante all'interno della narrazione. Non mi riferisco solo al racconto, bensì a tutto alla gestione delle missioni: poco rifinite e non molto efficaci come l'atmosfera creata dal team canadese, alcune di esse, considerati gli standard odierni, appaiono estremamente piatte e noiose, nonché prive di mordente. Ogni missione, infatti, è collegata in maniera indissolubile alla trama principale e alla prosecuzione dell'esperienza. L'obiettivo, infatti, è sconfiggere la regina cattiva e tornare nel mondo reale prima che sia troppo tardi. Non aspettatevi fin troppa originalità, al netto di un'ottima rivisitazione dell'opera di Lewis Carroll.

Un gameplay non totalmente a fuoco

Ravenlok è un'avventura dinamica tridimensionale con fasi action e alcuni enigmi da risolvere nel corso totale dell'esperienza. Il personaggio, che si può muovere liberamente per le aree di gioco, può combattere con una spada e difendersi con uno scudo, usando una combinazione di colpi che può affettare qualunque genere di nemico. Anche se il sistema di combattimento è intuitivo, risulta tuttavia fuori tempo massimo, con poche reali sfumature e tanti, troppi elementi che influiscono sulla sua godibilità totale.

Oltre a essere tirato all'osso, poco approfondito e privo di mordente, non lascia molto al giocatore né dona effettivamente qualcosa di diverso rispetto ad altre avventure di questo genere. Al netto di una buona personalizzazione della protagonista e una cura attenta ai dettagli più importanti dell'esperienza, la totale linearità non aiuta neppure a godersi l'aspetto esplorativo, estremamente intuitivo e privo di un livello di sfida capace realmente di mettere in difficoltà il giocatore.

Rispetto a Echo Generation, Ravenlock appare come un'opera priva del carisma giusto, anestetizzata completamente da un sistema ludico che incespica senza mai effettivamente risultare entusiasmante. Poco stratificato e davvero troppo, ma davvero troppo lineare, il titolo di Cococumber esaurisce la propria magia fin troppo presto, proponendo un game design che non riesce a convincere, risultando stiracchiato e poco profondo. Soprattutto a causa di una gestione dell'esplorazione alquanto maldestra, l'opera stenta a decollare, con poche reali bossfight effettivamente impegnative. Lo ammetto, raramente sono rimasto così poco coinvolto durante i combattimenti: in Ravenlok, infatti, ho vinto senza sudare né trovando grosse difficoltà.

Al netto di questo, gli enigmi e una parte delle missioni - sebbene non siano particolarmente brillanti - mantengono un modesto bilanciamento, non rischiando alcunché. Ed è infatti la mancanza di coraggio la reale problematica dell'opera, con poche reali sinergie che funzionano e pochissima carne sul fuoco che realmente impatta sulle peripezie della protagonista, per cui è complesso provare reale empatia. La struttura di gioco, considerate le premesse, poteva essere gestita in modo completamente diverso: a risuonare come un'occasione mancata è l'assenza di un ritmo che risulti esaltante e capace di lasciare al giocatore per cui valga effettivamente la pena essere pienamente ricordato.

Qualcosa che va, qualcosa che non funziona

Sul lato tecnico non ho nulla da eccepire, tant'è che la prova, eseguita su Xbox Series X, è proseguita senza alcun genere di problema. Se da una parte le atmosfere sorprendono, dall'altra la direzione artistica funziona in maniera convincente soprattutto grazie alla grafica scelta per l'occasione, sospesa tra Minecraft e un'ottima gestione dei modelli poligonali e delle ambientazioni proposte. Ho viaggiato in lungo e in largo, visitando un bosco pieno di funghi, un labirinto antico quanto il mondo e tanto altro, combattendo contro fiere di qualunque tipo. In tal senso, il mondo costruito da parte del team canadese è da favola.

Cos'è andato storto, però, è già purtroppo noto. Poco coraggio, una gestione maldestra della struttura di gioco e una profondità generale che, a causa di qualche intoppo, non è stata totalmente in linea con le aspettative, perdendosi fin troppo presto. Ravenlok è un videogioco da vivere senza crearsi grandi aspettative e non preoccupandosi affatto di quanto offre, nonostante arrivi alla sufficienza per le sue atmosfere, per le ambientazioni e per un contesto comunque intrigante. Avrebbe potuto offrire molto di più? Probabile.

Voto Recensione di Ravenlok - Xbox Series X


6.3

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • Un buon contesto

  • Ottime atmosfere di gioco

Contro

  • Una struttura di gioco poco precisa e non particolarmente fluida

  • Una storia che non intrattiene e non lascia molto dopo averla conclusa

  • Fasi esplorative sbrigative e poco curate

Commento

In definitiva, Ravenlok è un videogioco impreciso e poco curato. Ispirato al capolavoro di Lewis Carroll, l'opera risulta poco originale e non molto stratificata, al netto di un contesto comunque interessante. La struttura di gioco, priva del ritmo giusto, non intrattiene né coinvolge. La storia, inoltre, risulta poco approfondita e concentrata sul concludersi il più in fretta possibile per non prendersi troppi rischi. Un'occasione mancata.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Ravenlok - Xbox Series X

Ravenlok - Xbox Series X