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Recensione State of Decay 2, il collasso del mondo

Abbiamo recensito State of Decay 2, il seguito dell'ottimo survival zombie game uscito diversi anni fa. Ecco le nostre impressioni.

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a cura di Andrea Riviera

Managing Editor

"Cosa faresti se il mondo che conoscevi, i piaceri che avevi, svanissero? Se dovessi avere fame, freddo, quali rischi correreresti? Che errori ti permetteresti di fare? Come sopravviveresti?" Questo è il preambolo dello scorso E3 dedicato a State of Decay 2, esclusiva Microsoft zombie survival per Xbox One e Windows10, seguito di un prodotto che riscosse molto successo nel 2011 su Xbox360 e che ancora oggi lo ricordiamo piacevolmente come uno dei migliori survival della precedente generazione.

Proprio per quest'ultimo motivo, le aspettative su questo secondo capitolo risultano più alte di quello che ci si potrebbe aspettare. Scopriamo, quindi, se Undead Labs è riuscita nel difficile intento di valorizzare le caratteristiche di questo particolare titolo, che i fan Xbox, e non solo, aspettano con trepidante attesa.

Come sopravvivrai?

Le vicende legate a State of Decay 2 si posizionano temporalmente 18 mesi dopo il predecessore; l'esercito ha perso, disertando e lasciando indifesi i pochi rifugiati sparsi per le città e le campagne. I morti viventi, invece, diventano, ogni giorno che passa, sempre più famelici e numerosi. Come se non bastasse, un infezione denominata "Piaga del Sangue" ha contagiato molti di loro, rendendoli ancora più pericolosi e soprattutto contagiosi per le persone ancora in vita. Questi zombie infetti sono riconoscibili dal loro continuo grondare sangue e venire morsi più volte da loro, significa rischiare di contrarre la stessa malattia e, di conseguenza, esporsi ad una possibile trasformazione, a meno che non si riesca a curare in tempo. La Piaga del Sangue è una delle novità più importanti di questo seguito, il quale, non presentando una vera e propria storia raccontata, ricama su questa "malattia" il focus principale dell'avventura. Non si può, quindi, parlare di campagna o di storia vera e propria ma bensì di semplice "avventura" che può durare da un minimo di 20 fino anche a 100 ore. Ovviamente, un fine, uno scopo per concludere il tutto c'è e si dirama in due fasi opportunamente divise; in un primo momento bisogna eliminare ogni singolo "ammasso del sangue" presente nella mappa di gioco, questi sono l'origine della malattia e assomigliano a piccoli nidi, molto difficili da distruggere senza un'arsenale adeguato. Una volta completata questa difficile mansione, inizia la fase due, la quale si differenzia a seconda del leader che abbiamo scelto per il nostro gruppo. Esistono quattro diversi tipi di caratterizzazione: Signore della Guerra, Costruttore, Commerciante e Sceriffo, è chiaro che un membro Eroe scelto può avere uno soltanto di questi status, che risultano casuali e non selezionabili per conto nostro. Una volta che ricade la scelta, viene sbloccata l'impresa, vale a dire la missione finale per concludere la partita; con il Signore della Guerra, ad esempio, per vincere bisogna spazzare via una particolare comunità violenta chiamata "Coalizione".

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Il gioco inizia con la possibilità di scegliere una coppia di personaggi unici, quindi non proposti in maniera casuale. Dopo un breve tutorial in cui si viene catapultati nella vicenda, ci viene chiesto in quale, delle tre mappe, vogliamo iniziare a insediarci. Ognuna di loro è diversificata come area e come ambientazione, dalla montagna all'altopiano. La scelta è relativa, poiché se ci stanchiamo è possibile trasferire l'intera comunità in un'altra zona nel corso della partita
La Piaga del Sangue è una delle novità più importanti di questo seguito, il quale, non presentando una vera e propria storia raccontata, ricama su questa "malattia" il focus principale dell'avventura.

Il concetto di "fine" è comunque sbagliato da attribuire a State of Decay 2, poiché è possibile importare alcuni membri del proprio gruppo in una seconda partita, ottenendo bonus e peculiarità di quella precedente. Da questo punto di vista non si può che rimanere incredibilmente soddisfatti dalla longevità e varietà che il titolo offre, questo perché non ci sembra mai di rifare le stesse identiche cose, rendendo, così, ogni game sempre diverso dal precedente. La mancanza di una narrazione è una scelta ben precisa e ponderata per rendere l'avventura più dinamica, dove le nostre scelte risultano più incisive e preponderanti rispetto a una classica storyline con cutscene. Ciò non toglie assolutamente le basi gettate con il primo, i collegamenti sono presenti e la lore viene comunque approfondita sotto diversi aspetti, diversificandosi, in qualche modo, dal classico tema zombie ormai ricorrente.

Il decadimento di una civilità

Gestire la comunità è la parte più profonda e complessa dell'intera produzione, ma allo stesso tempo ciò che rende State of Decay unico nel suo genere di riferimento. La prima cosa da tenere a mente è che ogni nostra azione ha una conseguenza sul morale dei nostri compagni e sul rispetto dei nostri alleati. La morte di un membro può causare depressione, tristezza, rabbia e provocare risse, suicidi, e fughe. Il nostro compito, perciò, è quello di tenere il morale sempre alto, raccogliendo risorse vitali (munizioni, cibo, medicine, benzina e materiali), e costruendo particolari edifici debiti al benessere collettivo, come: letti, generatori, pozzi, salottini. Esattamente con nel precedente capitolo, i rifugi sono contati, ma sono nettamente più grandi e disposti di aree di costruzione piccole e grandi, dove poter edificare gli edifici più congeniali al nostro stile. Ogni struttura offre dei bonus ma anche dei malus, spetta a noi fare i dovuti accorgimenti su cosa e soprattutto dove costruire; un generatore fornisce elettricità, ma il suo rumore attira i morti viventi, allo stesso tempo un laboratorio è utile per riparare le armi e costruire esplosivi, ma costa materiali giornalmente.

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Il rifugio è quindi l'hub della nostra squadra, dei nostri superstiti; un luogo in cui ci si può riposare dopo una giornata difficile, dove poter chiacchierare con gli altri membri e potersi curare in un'infermeria. La parte gestionale è fondamentale nel complesso dell'esperienza, saper gestire e organizzare i propri seguaci significa saper sopravvivere e riuscire a cavarsela. Spesso orde di zombie assaltano la base e vincere non è mai una cosa scontata, le perdite sono preventivabili. Per fortuna, rispetto al passato, abbiamo la possibilità di giocare con qualsiasi personaggio che introduciamo, ognuno con un background che incide sulle sue statistiche e sulla sua utilità; un medico è utile in un'infermeria, mentre un ex marine se la cava meglio a sparare. Come in una squadra di calcio, tutti sono utili ma nessuno è indispensabile, ragion per cui se qualcuno crea problemi, è possibile esiliarlo o addirittura ucciderlo al fine di preservare l'intera comunità. Anche un ammalato di Piaga del Sangue può essere salvato con la cura opportuna, ma può essere anche cacciato o soppresso.
La parte gestionale è fondamentale nel complesso dell'esperienza, saper gestire e organizzare i propri seguaci significa saper sopravvivere e riuscire a cavarsela.

Uccidendo creature, completando missioni o attività otteniamo influenza, questa può essere definita come la moneta virtuale del gioco con cui possiamo commerciare con altre enclave o acquisire determinati aiuti in game e rifugi più grandi. Non è da confondere con il rispetto, caratteristica che ogni personaggio ha per conto proprio e che serve per accrescere di grado all'interno della propria squadra; una volta raggiunto il grado di "Eroe" è possibile conferire il grado di "Leader" e iniziare così l'impresa finale della partita.

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Il rapporto con le altre fazioni, pur essendo interessante, risulta ancora troppo acerbo. I ragazzi di Seattle hanno provato a rendere il proprio titolo molto simile a un'avventura alla The Walking Dead - il che si avvicina parecchio -, dando la possibilità di essere un Rick Grimes o un Negan e poter quindi uccidere gli umani in scontri a fuoco e rubare tutto ciò che potrebbero avere. Inutile dire che l'intelligenza artificiale è, però, abbastanza insulsa e poco aggressiva; lo stimolo di una guerra tra enclave passa in secondo piano vista la poca soddisfazione di vincere una battaglia. Anche il commercio, pur essendo presente, non offre quasi mai utilità tali da voler fare scambi.
I ragazzi di Seattle hanno provato a rendere il proprio titolo molto simile a un'avventura alla The Walking Dead.

Per fortuna la centralità del gioco è l'esplorazione, ed è stata resa ancora più profonda e intricata. Inutile specificare che viaggiare di notte è un rischio per la pelle; oltre ad un'aggressività maggiore degli zombie, l'oscurità più totale rende impossibile orientarsi, costringendoci ad accendere la torcia ed attirare numerosi nemici da ogni direzione. Anche il rumore è un'arma a doppio taglio: da una parte attira i nemici e dall'altra può essere un buon metodo per ingannarli. Viaggiare a piedi, pertanto, non è mai una cattiva idea, sia per evitare l'attenzione sia per le problematiche di rifornimento, si perché un'altra novità riguarda proprio l'introduzione della benzina nei veicoli, prima assente. La cosa veramente interessante è che ogni auto ha un suo serbatoio e un suo consumo di benzina, un bel bolide è scattante e veloce, ma consuma anche parecchio, anche in questo la scelta sul cosa usare sta a noi.

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Trovare le risorse è importantissimo, per farlo è necessario perlustrare ed esaminare ogni singolo edificio che troviamo, ma anche bauli di auto distrutte o semplici container; una delle peculiarità di questo brand è proprio quella di poter entrare in ogni singola casa o negozio, bisogna farlo sempre con circospezione, cautela e calma, senza particolare fretta, perché se facciamo rumore rischiamo davvero di ritrovarci a scappare da orde di zombie inferociti e affamati, fuggire con uno zaino pesante in spalla potrebbe davvero farci fare una brutta fine e, lo ricordiamo, la morte di un personaggio è definitiva, e con lui, tutte le sue abilità apprese. Salvaguardare un pg è molto importante soprattutto per le meccaniche da gioco di ruolo inserite, ognuno dei nostri può infatti raggiungere 10 stelline in una particolare caratteristica che varia dal combattimento al tiro, fino ad abilità che dispongono solo gli spiecialisti. Raggiunto il grado massimo nella maestria, è possibile scegliere una specializzazione, che migliora notevolmente tutte le caratteristiche generali.
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Durante il perlustramento della zona capita di combattare ed essere feriti, ma siamo umani e di conseguenza ci stanchiamo, è considerevole tornare spesso alla base per: dormire, mangiare, curarsi da diverse ferite, che possono variare da una febbre, a un graffio, fino addirittura ad uno slogamento dovuta ad una corsa frettolosa. Mai sforzare troppo un membro, considerate che un selvaggio - particolare zombie veloce e resistente - può farci a pezzi in pochi secondi se dovessimo essere stanchi o affamati.

In 4 diventa più facile

Apriamo la parentesi sulla co-op, caratteristica a lungo richiesta e finalmente inserita, il problema è che pur essendo un'aggiunta piacevole non riesce ad avere un'identità ben precisa. La cooperazione funziona in maniera simile a quanto già visto in Monster Hunter World: si lancia un razzo di segnalazione e si aspettano rinforzi, amici, persone sconosciute, non importa, arrivano con il loro personaggio per aiutarvi nella vostra avventura. Undead Labs ha voluto in qualche modo rendere questa modalità una sorta di "aiuto temporaneo" e non qualcosa da poter giocare dall'inizio alla fine. Per prima cosa non è possibile distaccarsi dall'host della partita e, inoltre, oltre ad aiutarlo non è possibile fare nient'altro. Niente avamposti in una singola partita, niente basi condivise, nulla di tutto ciò, un'occasione davvero sprecata e che poteva sicuramente  essere approfondita meglio.

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Qual'è il vantaggio di un giocatore che vi viene ad aiutare? A seconda delle missioni completate, degli oggetti trovati e degli zombie uccisi, si ottengono delle ricompense da poter utilizzare nella propria partita, ma attenzione però: se si muore dall'amico, si perde il personaggio. C'è poi la questione legata all'atmosfera e alla difficoltà, il gioco non si adegua e ciò significa che in 4 riesce ad essere fin troppo semplice, snaturando un po' quel concetto di sana paura e tensione che l'esperienza riesce a conferire unicamente nel single player. Insomma una modalità gradita, ma troppo essenziale e priva di mordente, un mero contorno di produzione.

La piaga dell'ottimizzazione

Le nostre prime impressioni sul lato tecnico hanno trovato purtroppo conferma nella valutazione finale: il passaggio all'Unreal Engine ha aiutato molto, ma il lavoro complessivo lascia ancora a desiderare. L'ottimizzazione è migliorabile, soprattutto dal punto di vista del framerate che soffre tanto, in particolar modo su Xbox One X, scendendo a volte anche sotto i 20 fps, il tutto presentando un lato estetico gradevole, ma per nulla sbalorditivo. I problemi, tuttavia, non si fermano qui: tra pop-up delle texture, zombie che respawnano dal cielo, compenetrazioni e glitch grafici molto fastidiosi, si poteva fare, forse, qualcosina di più. Difetti risaputi dal team di sviluppo che ha persino inserito un opzione per sbloccare il proprio personaggio in caso di bug. È sempre bene specificare che stiamo comunque parlando di una produzione budget e non di un tripla A,, ma dopo l'unica vera problematica del primo State of Decay, ci saremmo aspettati un minimo di attenzione in più su questi particolari.

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A livello di animazioni e di art design è stato fatto un buon lavoro, le prime tanto criticate sono in realtà molto godibili e apprezzabili, anche se certamente migliorabili, diciamo che ci ha colpito più la mancanza di alcune di loro - come il rifornimento invisibile o la ricerca di oggetti senza particolare movenze - piuttosto che sulla loro qualità generale. Per quanto riguarda l'art design, invece, non possiamo che fare i complimenti a chi ha realizzato ogni interno di edificio, ogni strada e ogni rifugio, perché il lavoro dietro è stato veramente straordinario.

Voto Recensione di State of Decay 2 - Xbox One


8

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Meccaniche di gameplay profonde e mai banali

  • - Longevo e sempre vario

  • - Prezzo budget

  • - Introduce la co-op a 4 giocatori

Contro

  • - Tecnicamente il gioco soffre parecchio: cali di framerate, bug e glitch, graficamente si poteva fare qualcosina di più

  • - Nonostante l'inserimento, la co-op risulta comunque poco interessante e mal sfruttata

  • - L'intelligenza artificiale è rivedibile

Commento

Per chi credeva di trovarsi davanti a un more of the same si dovrà ricredere: State of Decay 2 è un seguito ottimo, che migliora il primo sotto tutti gli aspetti. Le sue meccaniche, il suo essere così profondo e punitivo in ogni sua parte, lo rendono un titolo unico nel mercato dei videogiochi. Un'esperienza single player completa e appagante che può rubarvi anche più di 100 ore di gioco e che riesce a mescolare gestionale, gioco di ruolo, action e horror in un mix perfetto e mai banale. Tuttavia, le sue problematiche tecniche incidono parecchio sulla valutazione finale; da cali di framerate -i  quali sono abbastanza frequenti e spesso frustranti- e un'I.A. parecchio deficitaria, tutto il comparto è assolutamente migliorabile, soprattutto su Xbox One X. Gradita ma deludente la co-op a 4 giocatori, che oltre a snaturare l'intera atmosfera di gioco, non riesce ad avere una precisa identità o delle particolari premesse. Per chi ama gli zombie game e i survival non può assolutamente lasciarsi scappare un prodotto di questo tipo, soprattutto per chi ancora oggi, sogna di giocare a un videogioco che si avvicini il più possibile all'atmosfera di The Walking Dead. I difetti ci sono ed è inutile negarlo, ma non possiamo che sottolineare ancora una volta la natura budget del titolo, che con soli 30 euro, vi portate a casa un'esperienza single player di ottima qualità, qualcosa che mancava da diverso tempo su console Xbox.

Informazioni sul prodotto

Immagine di State of Decay 2 - Xbox One

State of Decay 2 - Xbox One