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Utawarerumono: Prelude to the Fallen | Recensione

Utawarerumono: Prelude to the Fallen permette al pubblico occidentale di vivere la prima vera storia del marchio di Leaf, dove tutto ha avuto inizio.

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a cura di Alessandro Palladino

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Utawarerumono è una di quelle serie amate dagli appassionati delle produzioni giapponesi. Semplice nell’esecuzione ma complessa nella sua trama/backstory, la visual novel semi-RPG immaginata da Leaf ha saputo conquistare una buona fetta di pubblico grazie al suo brillante immaginario a metà tra il tradizionalismo fantasy e la modernità della fantascienza. Qui in occidente la pubblicazione del gioco, se si esclude le vie traverse delle patch amatoriali su PC del primo titolo, è avvenuta con Utawarerumono: Mask of Deception e Utawarerumono: Mask of Truth, entrambi diretti sequel del primo originale titolo rilasciato nel 2002 su PlayStation 2.

Oggi però, finalmente e dopo anni, anche il pubblico occidentale può cominciare da dove tutto ha avuto inizio, rivivendo la storia dell’originale Utawarerumono grazie a Utawarerumono: Prelude to the Fallen. Si tratta infatti di un “remake” che prende gli elementi da visual novel originali, li potenzia con alcuni nuovi artwork, e sostituisce il vecchio battle system con quello dei due sequel usciti in anni recenti. Un’operazione tutto sommato necessaria, che ben svecchia il progetto uscito nel 2002 e permette ai nuovi appassionati di capire come tutto è iniziato, chiudendo finalmente il cerchio di domande conseguenziali all’inizio dei due seguiti.

La tradizione di Utawarerumono

Analizzare nuovamente il primogenito di Leaf significa anche capire come mai il gioco è riuscito a incantare così tanto i suoi affezionati, tanto da convincere diverse compagnie a produrre prodotti accessori come una serie animata di successo. Un trattamento simile a quanto abbiamo visto con il sequel recente di Sakura Wars, dandoci buone speranze per vedere sempre più realtà storiche del sol levante venir esportate anche qui con tutto il lustro che ne consegue.

Partendo dal principio, Utawarerumono è stata una di quelle visual novel che hanno cavalcato l’onda del genere misto: cioè il raccontare gli eventi attraverso la classica forma del dialogo a box mentre di quando in quando al giocatore era chiesto di scendere su un campo di battaglia molto blando. I giocatori più recenti potrebbero collegare tutto questo a Fire Emblem, ma in realtà prodotti come quello di Leaf non presentavano una complessità strategica tale da far dominare la seconda parte sulla prima da visual novel, anzi il combattimento è considerato un accessorio a tutti gli effetti. Filosofia poi ripresa anche da altri prodotti, come il famosissimo Fate/Stay Night pubblicato un anno dopo l’uscita di Utawarerumono.

Rimanendo però nel terreno di Prelude to the Fallen, la storia del gioco segue un uomo che si ritrova senza memoria in un mondo a lui sconosciuto, dal sapore fantastico ma anche tremendamente rurale. Ad abitarlo ci sono degli esseri dall’aspetto prettamente umano ma con caratteristiche bestiali come code e orecchie a punta, i quali vivono in villaggi sparpagliati intorno a conglomerati urbani. Non ci sono particolari tecnologie, piuttosto il tempo sembrerebbe fermo a un’età di strumenti semplici se non fosse per l’occasionale uso di magie dal sapore religioso/mistico.

Per qualche ragione sconosciuta, il personaggio del giocatore si risveglia in un piccolo villaggio di contadini, accolto in casa da Eruruu: una giovane ragazza figlia dell’anziana capo villaggio, intenta a prendersi cura di sua sorella Aruruu tutta da sola. La fanciulla ci aveva infatti trovato nella foresta agonizzanti, cosa che la ha portata ad accoglierci in casa e a curarci fino a far rimettere in sesto lo straniero dall’aspetto bizzarro. Come se non bastasse, il volto del protagonista è oscurato da una maschera irremovibile, rendendolo un mistero sia per lui che stesso che per la comunità. In un modo o nell’altro però, il calore del villaggio ci farà sentire accolti e arriveremo ad affezionarci a ogni suo abitante, a tal punto da riuscire a vedere le ingiustizie sociali a cui è sottoposto.

Vessato da un impero crudele, tributi troppo onerosi e milizie spietate, capiremo fin da subito che la gente se la passa troppo male per rimanere impassibili di fronte agli eventi in corso. Da questo punto inizia la vera storia di Hakuowlo: un’avventura di riscatto e ribellione, dove un estraneo di chissà quale provenienza finirà per cambiare irrimediabilmente un mondo che non gli appartiene, portando poi allo stato di partenza di Mask of Deception.

Ciò che veramente attrae della trama è il modo in cui la scrittura di Leaf riesce a dare spessore al popolo da loro immaginato, puntando direttamente su di loro i riflettori ed evitando la sindrome dell’eroe catalizzatore per creare un racconto corale. L’animo di Utawarerumono è infatti diviso tra i suoi tanti personaggi, tutti con uno scopo ben preciso e una caratterizzazione stellare seppur pregna delle classiche tipologie da anime giapponese. In particolare Prelude to the Fallen è capace di creare un ecosistema che azzecca perfettamente la piccola comunità da villaggio, ponendo di fronte al giocatore problemi e soluzioni atte a sedimentare piano piano l’affetto verso ogni personaggio. In questa edizione poi non ci sono significativi cambiamenti al filone principale di gioco, conservando quindi la scala di valori che il progetto originale teneva saldo.

La modernità delle due maschere

Se da un lato l’importanza di un caloroso racconto di riscatto è rimasta uguale alla sua genesi, dall’altro c’erano dei sistemi che andavano per forza ammodernati. L’HUD di Prelude to the Fallen prende in prestito qualche trucco dagli ultimi design, mentre i modelli dei personaggi durante le fasi da visual novel subiscono ritocchi evidenti. Non c’è paura di perdere lo stile da anni ’90, ma è bello vedere che c’è stata una discreta attenzione artistica per evitare l’effetto “antico” troppo straniante. In particolare, gli sfondi sono stati completamente rifatti, creando immagini in alta definizione che rendono giustizia al paesaggio immaginato con tecnologie leggermente più rudimentali dal punto di vista digitale.

Il grosso cambiamento è però nel sistema di battaglia, aggiornato a quello attuale dei suoi due sequel. Come sempre, la fusione tra strategia e dinamismo si configura come un buon mix che accontenta i giocatori di tutte le frange, portando sul piatto un sistema bilanciato tra quick time event per le combo e abilità da utilizzare all’occorrenza. La parte RPG di Utawarerumono: Prelude to the Fallen è molto blanda e gli aumenti di livello, seppur presenti, saranno veramente facili da gestire a livello di statistiche. Più che grind, aspettatevi dei combattivi intermezzi che spezzettano la parte novel del gioco, sebbene la profondità delle battaglie sia più robusta di un semplice riempitivo.

Trovando nell’eredità dei suoi successori l’elemento giusto per rinvigorire il gameplay del gioco, Prelude to the Fallen è di gran lunga superiore all’esperienza originale una volta scalzato l’alone della nostalgia, garantendo ai nuovi arrivati il giusto mix tra azione e lettura. Senza ombra di dubbio, il corso di Utawarerumono ha dimostrato una sana dose di attenzione al dettaglio RPG, impreziosita in questo caso dal contrasto con i vecchi modelli del passato e dall’esperienza “cinematografica” coltivata con Zan, traslata su Prelude to the Fallen in una maggiore spettacolarizzazione di alcuni degli attacchi più potenti.

Oltre al rinnovamento del gameplay, Leaf ha rivitalizzato anche il comparto audio attraverso nuove musiche e rimasterizzazioni delle composizioni originali, tenendo però intatto il doppiaggio storico che fa sentire il peso dei suoi anni. Sebbene il nostro consiglio sia quello di godersi tutta la gamma musicale a disposizione, per i puristi lì fuori c’è anche la possibilità di fare un viaggio nel tempo e impostare solo i brani presenti nel disco d’origine. Anche in questa trasposizione però manca la localizzazione in italiano, un vero peccato – seppur comprensibile – che evita l’introduzione del franchise a un pubblico maggiore.

Voto Recensione di Utawarerumono: Prelude to the Fallen - PS4


8

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Storia coinvolgente dal sapore rurale

  • - Un grande mistero che si svela sapientemente

  • - Sistema di battaglia dei capitoli moderni

Contro

  • - I tratti ereditati, come il doppiaggio, hanno comunque il peso dei loro anni

Commento

Utawarerumono: Prelude to the Fallen è un’ottima riedizione di un classico che da noi non è mai ufficialmente arrivato. Non solo ripropone fedelmente il primo capitolo della trilogia targata Leaf, rispondendo quindi a molte delle domande coltivate da chi ha iniziato da Mask of Deception, ma lo modernizza quanto basta per renderlo appetibile anche a un nuovo pubblico, strappandola via dalle grinfie del tempo tiranno. In particolar modo la sostituzione del sistema di combattimento con quello adottato nei capitoli per PlayStation 4 si è rivelato un espediente cruciale, portando equilibrio tra le parti e permettendo alla incantevole trama di risaltare ancora di più.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Utawarerumono: Prelude to the Fallen - PS4

Utawarerumono: Prelude to the Fallen - PS4