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Immagine di Utawarerumono: Zan | Recensione di un nuovo inizio
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Utawarerumono: Zan | Recensione di un nuovo inizio

Utawarerumono passa dalla visual novel alla formula hack and slash per catapultarci ancora una volta nell’affascinante storia di Haku e Kuon.

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Avatar di Massimo Costante

a cura di Massimo Costante

Senior Editor

Pubblicato il 02/10/2019 alle 17:00 - Aggiornato il 09/08/2022 alle 13:06
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In sintesi

Utawarerumono passa dalla visual novel alla formula hack and slash per catapultarci ancora una volta nell’affascinante storia di Haku e Kuon.

  • Pro
    • - Sembra di vedere un vero anime;
    • - Divertente e immediato nelle prime ore di gioco;
  • Contro
    • - Storia tagliata e approssimativa;
    • - Aree di gioco molto limitate e ripetitive;
    • - Modalità di gioco anonime.

Il verdetto di Tom's Hardware

5.5

Utawarerumono: Zan è un esperimento mal riuscito, che voleva far nascere un nuovo interesse verso questa saga apparsa ormai 17 anni fa. Il titolo nasce come il remake della visual novel Utawarerumono: Mask of Deception, introducendo la trama originale in forma “ridotta” e delle meccaniche di gioco in stile musou. Ma la furia dei combattimenti con le centinaia di nemici sul nostro schermo, non è riuscita a salvarci dalla noia, a causa dei limiti del gameplay e della ripetitività delle missioni e delle restanti modalità di gioco. Un vero peccato, che ci riporta ad apprezzare il titolo originale e dimenticare questo nuovo approccio soltanto bello da vedere come l’originale visual novel.


Informazioni sul prodotto

Immagine di Utawarerumono: Zan

Utawarerumono: Zan

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Utawarerumono: Zan arriva in occidente e in esclusiva per PS4 dopo circa un anno dalla pubblicazione nella Terra del Sol Levante. Ci piace pensare che tale precedenza sia dettata dalle affascinanti tematiche trattate dal titolo ideato da Aquaplus e riscritto in questa nuova chiave dagli sviluppatori di Tamsoft, che passando dalla visual novel a questa inedita formula da picchiaduro a scorrimento, tenta ancora una volta a immergerci in quella magica ambientazione che sa tanto di Giappone del IX secolo. Bel tentativo? Forse.

Non stiamo dicendo che un buon picchiaduro non sia in grado di raccontare una buona storia, vedete per esempio la serie di Injustice e l’ultimo Mortal Kombat 11, ma certi titoli nascono per proseguire la strada di un genere e, talvolta, modificandosi radicalmente, non riescono più a trasmettere le stesse emozioni regalate inizialmente.

utawarerumono-52995.jpg

Infatti, Utawarerumono: Zan assume un sensibile cambio di rotta – o magari sarà semplicemente uno spin off -, ma resta il fatto che esso sia il rifacimento in stile musou della visual novel Utawarerumono: Mask of Deception pubblicata nel 2015 per PS3, PS4 e PS Vita, sposando alcune meccaniche dei picchiaduro a scorrimento e alcuni elementi visti in Senran Kagura, serie di successo sviluppata anch’essa da Tamsoft. Scopriamo questa nuova visione della storia di Haku e Kuon.

Utawarerumono: Zan, dalla visual novel al picchiaduro.  

La nostra storia ha inizio in un bosco, con il nostro protagonista Haku sdraiato al suolo privo di ricordi e vittima dell’attacco di alcuni mostri insettoidi noti come Boro-Gigiri e Tatari. Fortunatamente, Kuon, con tanta gentilezza, decide di soccorrerlo e di portarlo al vicino villaggio. Una volta giunti, i due fanno conoscenza con Ukon, il capo di un gruppo di mercenari, che li assolda perché aiutino il suo gruppo a eliminare dei Gigiri, che minacciano la popolazione e, finalmente, Haku, riceve da Kuon un tessen (il tipico ventaglio giapponese da combattimento) per difendersi. Nel corso della storia, vedremo che oltre Haku e Kuon, potremo controllare altri 12 personaggi.

La campagna principale è suddivisa in capitoli: alcuni di essi sono semplici sequenze testuali che riprendono la storia di Utawarerumono: Mask of Deception, altri vere e proprie missioni da portare a termine in stile musou entro un tempo prestabilito. Quest’ultimo è un aspetto che ci ha lasciati molto perplessi, in primis per l’ignota ragione che ci spinge a ultimare la missione con un limite temporale… a che scopo? Certamente, non per renderci le cose più difficili, dato che il timer risulta spesso fin troppo abbondante rispetto alla difficoltà del capitolo.

utawarerumono-52994.jpg

Nelle missioni in cui dovremo effettivamente giocare, come in ogni buon musou, dovremo far volare letteralmente incredibili quantità di nemici sullo schermo, portando a termine una serie di incarichi che ci appaiono di volta in volta sulla schermata. Spesso si tratterà di sconfiggere un certo numero di nemici o, ancora, una particolare categoria di essi, senza variare più di tanto gli obiettivi proposti. Altra cosa piuttosto limitante sono le aree di gioco, veramente troppo piccole, scarne e poco evocative se pensiamo alla storia elaborata in origine. Ma torniamo al combattimento, forse unico punto di forza di questo titolo.

Questa versione di Utawarerumono partorita da Tamsoft, offre un party di 4 personaggi selezionabili in un roster di 12, che saranno disponibili col proseguire della storia. Le meccaniche introdotte prevedono un sistema di combo costituito dalla coppia di tasti “quadrato-triangolo” e l’utilizzo di poteri speciali derivanti dal mana dello Zeal: il Chain.

Il Chain amplifica tutte le caratteristiche del nostro personaggio, permettendo di curare i membri del nostro party e di scagliare attacchi potentissimi ai nostri avversari grazie all’Overzeal, che si attiva premendo il touchpad del DualShock4. Inoltre, è possibile utilizzare anche i Chain dei personaggi del party che non stiamo manovrando, grazie alla modalità Raid.

Il gioco offre delle fasi di combattimento non particolarmente impegnative, che divertono piacevolmente nelle prime dieci missioni, salvo poi annoiare per ripetitività e mancanza di altri stimoli. Un vero peccato considerando la nuova impronta che, come vedremo più avanti, mette anche in disparte la componente narrativa.

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Al termine di ogni missione, si accumulano Battle Points e Sen, ovvero la valuta di gioco che ci permette di giocare a delle sorte di slot machine per vedere casualmente migliorato il nostro equipaggiamento su una scala da 1 a 10. Mentre i Battle Points, ci ricordano che i nostri personaggi salgono di livello ed è possibile aumentare le loro caratteristiche utilizzando i punti accumulati.

Che fine ha fatto Utawarerumono?

È quello che ci siamo chiesti rivedendo l’originale titolo sviluppato da Aquaplus. Nonostante ci siano diversi capitoli della storia dedicati alla sola narrazione, il nuovo approccio in salsa musou ha letteralmente spazzato via lo spirito e la narrazione del gioco principale, vero punto di forza della serie che oggi annovera anche un anime.

Per chi gioca per la prima volta a Utawarerumono sfruttando la pubblicazione di questo remake, non riuscirà a inquadrare i personaggi, molti anonimi e senza che abbiano un reale peso ai fini della storia. Proprio la trama, che era il vero punto di forza della serie, qui appare incompleta, tagliata qui e là, mettendo confusione e spingendo il giocatore a saltare i dialoghi in vista del prossimo combattimento. Sarebbe stato meglio scrivere un nuovo e più adatto filone narrativo.

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La longevità del titolo, già ridotta all’osso per le evidenze riportate, prova a riprendersi grazie al multiplayer con la possibilità di entrare in una partita già avviata nella campagna principale o di iniziarne una da capo. Inoltre, il menù di gioco offre altre modalità – anch’esse sfruttabili in multiplayer - con la Battle Recollections che ripropone a scelta le missioni già affrontate, le Free Missions che ci faranno accumulare punti esperienza e Battle Points e infine la Battle Arena dove potremo sfogarci contro orde intere di nemici adoperando un solo membro del party. Tre magri tentativi per tenere in vita un titolo davvero da dimenticare.

La bellezza di una visual novel.

Utawarerumono doveva rimanere una buona visual novel. Lo suggerisce lo stile grafico adottato, che riesce a colpire nel segno grazie a un cel-shading di ottima fattura corredato dagli sfondi disegnati a mano e con la magnifica atmosfera dell'antica cultura Ainu. Perfino i personaggi, nel corso dei combattimenti, sono ben animati, con situazioni concitate prive di cali di frame rate, complici anche la scarsa varietà dei nemici e delle mosse speciali. La colonna sonora riprende alcune musiche del maestro Naoya Shimokawa, mentre nelle fasi di combattimento riesce a mutare adattandosi all’azione.

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L’idea di tramutare Utawarerumono in un picchiaduro poteva funzionare con una migliore coesione tra storia e gameplay, con un’attenzione maggiore a quest’ultimo che non riesce a brillare per varietà e originalità, facendo sprofondare nella noia dopo le prime battute di gioco. Il sistema di gioco risulta semplice e immediato, nonostante gli elementi JRPG che potrebbero far sembrare le cose più complesse di ciò che sono, ma che poi non riesce a divertire a causa della ripetitività della campagna principale e delle modalità aggiuntive… queste praticamente inutili.

Un esperimento che doveva portare i giocatori a conoscere e apprezzare Utawarerumono con una storia più “snella” e giocabile, ma che invece ha portato a rimpiangere il titolo originale.

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