A bordo!

Siamo saliti a bordo del sottomarino Enrico Toti e con la guida del Capitano di Vascello Antonio Bellini della Marina Militare abbiamo ricostruito la vita di bordo. Un viaggio appassionante ricco di curiosità.

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a cura di Elena Re Garbagnati

A bordo!

Salgo a bordo. Il motore elettrico è la prima cosa che vedo, grande e bianco, a poppa. I motori diesel sono qualche metro più avanti, disposti sui due lati, l'uno di fronte all'altro. Anche loro fanno parte della grande famiglia del Toti, sono "Turiddu" a destra e "Ianuzzu" a sinistra: evidentemente i motoristi che se ne prendevano cura amavano il Verga perché stati loro a battezzarli così. Un altro segnale di un ambiente famigliare che si estendeva anche alla culla che l'ospitava.

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Enrico Toti - Il motore elettrico

La prima sensazione che ho dopo avere mosso i primi passi è olfattiva: a oltre 10 anni da quando ha smesso di solcare i mari il Toti puzza ancora di diesel. Ormai non è più un odore forte ma lo sento chiaramente anche se non ho un naso particolarmente sensibile, e nonostante le due porte per i visitatori siano aperte e creino un po' di sana aria corrente.

Bellini all'idea della puzza – che per lui dev'essere carico di ricordi - sorride e mi fa capire che sto annusando la storia: "l'odore del gasolio è tipico dei Toti e un po' anche dei battelli di classe Sauro, mentre non si sente assolutamente sui nuovi Todaro. Avendo una certa età c'erano abbastanza perdite di gasolio, che andava a finire anche in sentina. C'erano gasolio e grasso un po' ovunque, ci si imbrattava e l'odore invadeva un po' tutto. Lo sentivamo entrando, ma una volta a bordo dopo un po' non lo sentivamo più, ma ce lo portavamo addosso". Adesso ci sono le porte per i visitatori, allora "si alzava lo snorkel e l'aria fresca che entrava da fuori ci faceva sentire la differenza".

"Lo snorkel era una canna che si tirava su insieme al periscopio e che aspirava aria dall'esterno – perché mettendo in moto i diesel si creava una depressione all'interno del battello a cui si doveva rimediare con aria da fuori. Il sistema di funzionamento del Toti era motori/batterie/batterie al motore elettrico di propulsione che fa girare l'elica. Caricavamo (ma lo fanno tuttora i battelli) le batterie – ossia mettevamo in moto i motori termici per ricaricare la batteria - stando sott'acqua proprio grazie allo snorkel. I termici durante l'operazione continuavano a funzionare e in automatico caricavano le batterie, quindi si poteva far funzionare il motore elettrico di propulsione e tutti gli strumenti alimentati di bordo, senza emergere". 

Questioni di spazio 

Proseguo lungo il corridoio. Certo non mi aspettavo che il Toti fosse un campo da tennis, ma adesso che sono dentro mi pare ancora più angusto di quanto potessi immaginare. Nel passaggio che percorre il battello da prua a poppa in molti punti ci passa una sola persona per volta, e non troppo in sovrappeso.

Poi non è un posto per un giocatore di basket, anzi, per una volta sono felice della statura per la quale hanno smesso di prendermi in giro solo perché ormai ho una certa età: fra tubature, valvole e altro ho rischiato di picchiare la testa più spesso di quanto volessi. E mi devo cancellare dalla mente Ventimila leghe sotto i mari: qui non ci sono oblò da cui guardare fuori.

Pino Bruno mi racconta che quand'era al TG1 ha partecipato a bordo del Toti a un'esercitazione nel Golfo di Taranto, nei primi anni Novanta. "L'appuntamento per l'imbarco era a Taranto e fino a quel giorno ero stato su aerei, elicotteri e navi militari di ogni tipo e ogni nazione ma mai su un sottomarino. Il primo impatto, dopo la chiusura del portellone, è con la sensazione di claustrofobia, perché gli spazi sono spartani, essenziali, e poi io e il mio telecineoperatore non dovevamo ostacolare l'attività dell'equipaggio, e dunque renderci quasi invisibili".

Ok gli spazi stretti, ma in questo momento mi sto chiedendo come diavolo si faceva a non andare a sbattere quando si navigava. Sono andata in barca a vela e va bene le carte nautiche, va bene i portolani, ma gli skipper guardano sempre dove vanno. Il Comandante Bellini la sa lunga e non si scompone: "prima del disarmo imbarcammo il GPS, in precedenza avevamo solo le girobussole inerziali che anche senza bisogno di molti riferimenti sono strumenti che permettono di mantenere rotta e velocità. Vi è un minimo sfasamento, ma lo si riusciva ad annullare una volta che, a quota periscopica, si faceva un punto nave mediante la rete radio-goniometrica terrestre.

Grazie al sistema della girobussola inerziale si riusciva a navigare con estrema precisione. Ci si rifasava quando si veniva a quota periscopica e si alzava l'antenna: c'era una rete goniometrica per cui attraverso i segnali emanati da alcune antenne si riusciva subito a fare la posizione e a rifasarla".

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Enrico Toti - bagno

Proseguo verso il centro del battello, in un corridoio ancora più stretto in cui ci sono un decorato WC (guardate le foto!) e la sala radio. In entrambe può entrare al massimo una persona per volta per banali questioni di spazio. E sempre per questioni di spazio "se eri alto, la porta del bagno restava sempre aperta" confessa Bellini. Mi sento una snob al pensiero che chiudo la porta del bagno anche a casa mia!

Un'altra cosa che mi è saltata subito all'occhio è che i sistemi di bordo erano semi analogici: lunghe file di levette, bottoni e connettori tappezzano oltre alla sala radio praticamente tutto il battello tranne i motori e le brande.

Anche nel terzo spazio, la sala operativa da cui si accede dalla seconda porta stagna, le pareti non si vedono nemmeno dalla quantità di pulsanti, manovelle e altro di cui sono cosparse. Se stessi per salpare la prima domanda che mi porrei è: "e se qualcosa si rompe?".

Beh non è così un problema. Il Comandante Bellini mi spiega che "ogni sottomarino porta con sé anche una certa quantità di quelli che si chiamano pezzi di rispetto, cioè i ricambi delle parti che più facilmente si possono deteriorare o avere un malfunzionamento durante la navigazione. La parte di motori, controllo dei timoni eccetera è meccanica, quindi la stessa persona preposta alla conduzione era anche in grado di intervenire con il pezzo di rispetto.

Per quanto riguarda le parti elettroniche, come la centrale di controllo dei siluri o la parte radar, c'erano le famose schede, che in caso di malfunzionamento si sostituivano. Per le avarie di routine s'interveniva direttamente. Se c'era un problema di un peso più rilevante per la conduzione del mezzo si rientrava in porto per la riparazione e poi si tornava in mare. C'erano sistemi per intervenire comunque, per esempio punti di forza e carrucole per sollevare macchinari, e molte volte l'abbiamo fatto in navigazione, ma bisognava avere tutti i pezzi, il mare doveva essere calmo e in generale si preferiva farlo in porto perché era molto più veloce. In generale il mezzo era molto affidabile proprio perché era quasi tutto meccanico. Quelli moderni hanno molte parti elettroniche che consentono sì interventi più veloci, ma non si può andare oltre un certo punto. Sui Toti si poteva intervenire su tutto (o quasi).

Poi una cosa che caratterizzava i Toti - ma anche i Sauro - è che tutti a bordo sapevano più o meno fare tutto. Il cuoco, il timoniere, il motorista sapevano intervenire su parti che non erano di loro diretta competenza. Alla fine, vivendo insieme, s'imparava tutto e tutti sapevano fare bene un po' di tutto. Anche perché da ognuno dipendeva la sicurezza del mezzo. Dal cuoco al timoniere a chi sostituiva il manicotto ai temici, erano tutti consci che se qualcuno faceva qualcosa con disattenzione c'era rischio per tutti".

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Enrico Toti - sala di controllo

La sala di controllo è ripartita in due parti dai tavoli da carteggio e dalla canna del periscopio collocati nella parte centrale. Mi salta all'occhio una panchina che ha l'aria di essere scomoda e stretta, e che non si integra minimamente con l'ambiente circostante: è dove sedevano spalla a spalla i manovratori, con uno spazio per le gambe talmente stretto che in confronto quello dei sedili dei voli in economy è un letto matrimoniale. Davanti alle ginocchia il solito muro di pulsanti, con in più un paio di grossi manometri e un paio di pedali.

Dietro la panchina il periscopio abbassabile e il quadro di comando per il lancio dei siluri (siluri multiruolo antinave-antisommergibile A184 a filoguida e a testa autocercante asserviti a una centrale di lancio elettronica, prodotta e progettata dalla SEPA).

Questa parte del battello era ovviamente quella in cui si svolgeva la parte più importante delle missioni, dove si prendevano le decisioni strategiche, si tracciavano le rotte e si "origliava" il mare facendosi la punta alle orecchie per scovare eventuali intrusi.

Pino Bruno di quella missione ha bene impressi "il chiacchiericcio dei delfini captato dal telefono subacqueo e l'osservazione dal periscopio. Già sentire il comandante ordinare di farlo scendere e poi vedere le navi attraverso le lenti del dispositivo ti fa sentire in un film come Caccia a Ottobre Rosso".

Enrico Toti - periscopio
Enrico Toti - periscopio

E non era solo Pino Bruno a guardare fuori dal periscopio. Per tutta la durata delle missioni, dall'uscita al rientro al porto, chi era a bordo del Toti non vedeva la luce naturale. "Ogni tanto veniva qualcuno dell'equipaggio e chiedeva di fargli vedere sopra. Gli si faceva fare un giro di periscopio per fargli vedere se c'era il Sole o era nuvolo. Con il mondo fuori l'unico aggancio era che di giorno si tenevano le luci bianche accese e di notte si passava a quelle rosse così ci rendeva conto almeno più o meno di che ora era. Si fa tuttora".

Pino mi racconta un particolare a cui il Comandante non mi accenna: "quando comincia l'immersione si prova disagio perché il metallo del battello genera strani rumori che si mescolano a quelli dei motori. Suoni che crescono d'intensità a causa della pressione, quando ci si immerge sotto la superficie del mare. Ho pensato in quei momenti a film come 'Uomini sul fondo' e 'Alfa Tau!' e constatato che fare i sommergibilisti è un mestiere per pochi".

A questo punto del racconto a voi piacerebbe salire a bordo di un battello operativo? Io confesso che vorrei provare, perché invidio il clima che il Comandante Bellini mi descrive e vorrei riuscire a coglierlo in maniera più concreta, ma ancora non riesco.