Attacco alla Corea del Nord, Washington resta in silenzio

Ieri la Corea del Nord ha subito un attacco DDoS che ha mandato in panne le scarse infrastrutture del paese. Nessuno ha rivendicato l'operazione ma tutto lascia intendere che sia una nuova evoluzione del caso Sony.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

L'intera Corea del Nord ieri ha avuto problemi di connessione a Internet e almeno in qualche momento l'intero paese era offline - almeno quei pochi punti dove un collegamento normalmente c'è. Tutti hanno pensato subito a una qualche relazione con l'attacco a Sony, che ha spinto l'azienda a ritirare The Interview.

Ci sono stati effettivamente massicci attacchi DDoS contro l'infrastruttura nordcoreana, sufficienti a comprometterne il funzionamento, ma per il momento non ci sono rivendicazioni ufficiali. Allo stesso tempo il governo di Kim Jong Un finora si è detto innocente e persino disposto a dare una mano nella caccia al colpevole.

Corea del Nord

Corea del Nord, una notte qualsiasi

Chi potrebbe aver attaccato la Corea del Nord? La rosa dei sospettati è variegata: da una parte potrebbe trattarsi di Anonymous, non sarebbe certo una sorpresa, ma dall'altra del governo statunitense. Barack Obama aveva detto che si stavano valutando le possibili opzioni per rispondere agli attacchi contro Sony, e indirettamente a Hollywood.

Anzi, lo staff del presidente USA si era diretto a Pechino per chieder aiuto nel tentativo di mettere la Corea del Nord in condizione di non nuocere. L'obiettivo è impedire che arrivino altri attacchi dal paese asiatico, ma è curioso che Obama si rivolga proprio a Pechino - uno dei pochi alleati di Pyongyang, ma soprattutto un agguerrito avversario degli USA in tema di cyberguerra (e non solo).  

La Cina potrebbe giocare un ruolo determinante, visto che da lei dipendono tutte le infrastrutture nordcoreane. Per Pechino si tratterebbe di un gesto semplice come abbassare un interruttore. Per il momento gli ufficiali cinesi si sono dichiarati contrari "a ogni forma di cyberattacco e cyberterrorismo", sottolineando però che manca ancora una prova definitiva riguardo alla colpevolezza dei nordcoreani.

The Interview

The Interview

Le prossime mosse della Cina saranno più una questione di diplomazia e politica internazionale, mentre quelle di Sony saranno dettate dal bisogno di curare l'immagine aziendale. Sony ha bisogno in particolare di riprendersi dalle accuse di vigliaccheria dovute proprio alla decisione di ritirare The Interview.

Pare infatti che Sony non abbia scartato del tutto l'idea di distribuire The Interview. Senza prendere impegni formali di alcun tipo i dirigenti dell'azienda hanno affermato che "speriamo ancora che chiunque voglia vedere questo film abbia la possibilità di farlo". L'avvocato David Boies aveva ventilato la possibilità che The Interview sarebbe andato in distribuzione gratuita tramite Crackle, un servizio di streaming della stessa Sony. I portavoce di Sony hanno però smentito quasi subito tale ipotesi, limitandosi a dire che i dirigenti ci stanno ancora pensando.

Dipanare la matassa a questo punto è piuttosto complicato: non sappiamo ufficialmente chi ha attaccato Sony, non siamo certi che siano state poi le stesse persone a minacciare attacchi dinamitardi ai cinema per fermare The Interview. La Corea si dice innocente ma Washington accusa, e cerca un improbabile supporto in Cina. E non sappiamo nemmeno se e quando vedremo The Interview. In tutto questo Sony ha perso milioni di dollari (pare quasi un miliardo), ma c'è chi è pronto a giurare che sia tutto marketing per promuovere il film con Seth Rogen e James Franco - sicuramente ora sono in molti a volerlo vedere.

Difficilmente verremo mai a capo di tutto, ma se non altro Sony ha dell'ottimo materiale per un altro film.