Call center italiani in rivolta: oggi sciopero generale

Oggi i call center scioperano, quindi sarà difficile ottenere informazioni dalle aziende al telefono. Protestano per la mancanza di diritti e tutele.

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a cura di Dario D'Elia

Oggi potreste avere grandi difficoltà a mettervi in contatto con i call center degli operatori mobili, dei provider, delle aziende di elettrodomestici, delle assicurazioni e di ogni altra azienda. Sono in sciopero perché vorrebbero un maggiore rispetto dei loro diritti e soprattutto tutele. A Roma sono attesi non meno di 50 pullman e un treno dalla Sicilia carico di giovani e meno giovani imbufaliti.

L'appuntamento è alle 9:30 in piazza della Repubblica. Il corteo passerà dal centro e una volta raggiunta piazza SS. Apostoli sul palco allestito per l'occasione interverranno politici e sindacalisti. "Tutti coloro che hanno a cuore il futuro dei giovani sostengano la protesta di lavoratori che grazie a questo impiego mantengono le proprie famiglie e che quindi chiedono di vedere migliorate le condizioni di lavoro, a partire dalle tutele sociali e dallo stesso stipendio", ha commentato Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil.

"Tutta la vita davanti" - (2008 - Paolo Virzì)

La categoria consta in circa 80mila addetti, ma la delocalizzazione in altri paesi rischia di far peggiore ulteriormente la situazione. Le tariffe degli appalti sono in vistoso calo (nell'Est si arriva anche a 2-3 euro l'ora) e di conseguenza le condizioni di lavoro stanno peggiorando, così come gli stipendi.

Per di più c'è un mondo sommerso che non è ancora stato quantificato: su 2.270 aziende del settore solo 6 arrivano a quota 30mila dipendenti.

"Si tratta di una generazione che quando è entrata, circa 10 anni fa, era appena laureata. Adesso hanno 35-40 anni, in molti casi sono sposati e con famiglia e quello che doveva essere un lavoretto è diventato con gli anni spesso l'unica fonte di sostentamento", prosegue il sindacalista.

Il problema è legato al vuoto legislativo che permette alle aziende del settore di licenziare e assumere senza molti vincoli. Gli effetti collaterali si vendono anche sulle casse dello Stato, poiché negli ultimi tre anni sono stati spesi 480 milioni di euro per gli ammortizzatori sociali.

"L'Italia spende una prima volta quando gli operatori vengono licenziati e aiutati grazie agli ammortizzatori sociali. Poi spende una seconda volta quando prevede incentivi per nuove assunzioni che in realtà non sono nuove per niente", aggiunge Azzola "[…] forse Renzi farebbe bene a occuparsi anche di queste cifre".