Cittadino russo confessa il più grande hacking bancario della storia USA

Il nome magari non vi dirà nulla, ma Andrei Tyurin, un cittadino russo, ha confessato oggi dinanzi a un tribunale statunitense di essere l'autore del più grande hacking bancario della storia degli Stati Uniti: avendo sottratto a JPMorgan diverse centinaia di milioni di dollari.

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a cura di Alessandro Crea

Il Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Meridionale di New York, ‎Geoffrey S. Berman, ha annunciato oggi che un cittadino russo, Andrei Tyurin, si è dichiarato colpevole dinanzi al tribunale federale di Manhattan di uno dei più grandi furti di dati bancari della storia degli Stati Uniti: un attacco nei confronti di JPMorgan, fruttato diverse centinaia di milioni di dollari, senza contare la sottrazione di dati di oltre 80 milioni di utenti. ‎

Tyurin, 35 anni, è stato anche accusato di intrusione in reti informatiche e frode bancaria, in relazione al suo coinvolgimento in una massiccia campagna di hacking informatico verso altre istituzioni finanziarie degli Stati Uniti, società di intermediazione, editori di notizie finanziarie, e altre società statunitensi. ‎Secondo i procuratori, dal 2012 alla metà del 2015, Tyurin avrebbe condotto una massiccia campagna di computer-hacking, sottraendo illecitamente i dati appartenenti a più di 100 milioni di clienti delle aziende prese di mira.

Tyurin avrebbe agito sotto la direzione del cospiratore Gery Shalon, che avrebbe poi utilizzato i dati rubati per promuovere una varietà di truffe, tra cui la frode titoli. Un sistema ad esempio prevedeva di gonfiare artificialmente il prezzo di alcune azioni quotate in borsa, commercializzandole in modo ingannevole e fuorviante per i clienti delle società hackerate da Tyurin. ‎Quest'ultimo inoltre avrebbe anche effettuato altri attacchi contro numerose società statunitensi ed estere per altre imprese criminali gestite da Shalon e altri cospiratori, tra cui gioco d'azzardo illegale su Internet.

Secondo quanto riportato da Bloomberg, ‎se combinate, le accuse comporterebbero una pena massima di 95 anni di carcere. La sentenza è prevista per il 13 febbraio 2020.‎ ‎La raffinatezza e la scala degli attacchi aveva condotto in un primo momento gli investigatori statunitensi a ipotizzare che la campagna fosse sponsorizzata dal governo russo o di un altro Paese con ingenti risorse disponibili, ma alla fine hanno concluso che il tutto fosse frutto di un'impresa criminale che agiva unicamente a scopo di lucro.‎ ‎