Confindustria è scesa in campo per dare man forte all'AGCOM sulla nuova normativa per il copyright. La cosa imbarazzante è che ha deciso farlo acquistando uno spazio pubblicitario del suo quotidiano di riferimento Il Sole 24 Ore. A parte la caduta di stile (chissà se hanno chiesto uno sconto, NdR) il comunicato "pubblicitario" è sembrato piuttosto scarno.
Stile impeccabile
"Tutelare la creatività italiana non censurando le idee ma rispettando il lavoro e libertà d'espressione: pieno sostegno al provvedimento AGCOM contro la pirateria", titolava il rettangolo che è comparso come informazione pubblicitaria.
"Confindustria Cultura Italia scende in campo a favore della legalità e dello sviluppo dei contenuti digitali italiani. Bloccare l'illegalità diffusa per aiutare il mercato legittimo a svilupparsi e garantire investimenti per una maggiore competitività del sistema economico, industriale e culturale del nostro Paese nella rete. Non è censura bloccare alcuni siti che usurpano illegalmente il diritto d'autore, ma incentivo all'investimento e tutela della creatività , della libertà di espressione e del lavoro di centinaia di migliaia di persone".
La pubblicitÃ
Insomma, dopo settimane di dibattito intellettuale, interpretazioni giuridiche, riferimenti ai diritti digitali, Confindustria e tutte le sue associate di settore intervengono nella modalità più sterile che si potesse immaginare. Siamo qui a disquisire sui massimi sistemi, e la crema dell'imprenditorialità italiana sembra voler tentare di risolvere tutto con tre ovvietà messe in croce: legalità , tutela della creatività e salvaguardia del lavoro. Come se gli avversari fossero ovviamente contro il rispetto delle leggi, la tutela dei diritti di copyright e dei posti di lavoro.
Arriva la cavalleria
Possibile che Confindustria non abbia capito che il tema centrale riguarda i poteri discrezionali dell'AGCOM? Davvero pensano che non sia arrivato il momento di accedere il dibattito sulle licenze? Merita forse questo paese che il confronto si riduca a paginate pubblicitarie?
È vero che ambasciator non porta pena, ma a questo giro il suo messaggio manca di bon ton, ricorda un po' le pubblicità di quei rimedi anti-cellulite e soprattutto scredita la categoria di quegli imprenditori che sanno fare bene il proprio mestiere - e sopratutto meditano prima di parlare e agire.