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a cura di Manolo De Agostini

L'elettricità impiegata nel mining di Bitcoin è uno dei grandi temi che circondano il mondo delle "cripto". Una cosa è certa: l'energia richiesta non è poca, in quanto le valute richiedono una grande quantità di calcoli hash per processare le transazioni finanziarie. Puntualmente emergono delle stime in merito ai consumi legati a questa attività e l'ultima in ordine di tempo giunge da Ales de Vries, data consultant & blockchain specialist di PwC.

"La rete Bitcoin può essere attualmente stimata di un consumo di almeno 2,55 gigawatt di elettricità, e potenzialmente 7,67 gigawatt in futuro, rendendola comparabile con paesi come l'Irlanda (3,1 gigawatt) e l'Austria (8,2 gigawatt). I modelli economici ci dicono che il consumo energetico di Bitcoin graviterà verso il secondo numero [...] e potrebbe essere già raggiunto nel 2018".

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Questi numeri non possono essere precisi per la stessa natura "dell'industria del mining di Bitcoin". Conosciamo la potenza di calcolo che c'è nella rete, circa 30 milioni di trilioni di hash SHA-256 al secondo, ma il problema è che i calcoli sono svolti da hardware di tipo differente, con un'efficienza energetica diversa, quindi non si può estrapolare il consumo direttamente da quel dato.

Ipotizzando che sull'intera rete si usi hardware efficiente come l'Antminer S9 di Bitmain, il consumo scende a circa 2,6 gigawatt. Come appena scritto però quella situazione ideale non esiste, quindi il vero consumo è probabilmente molto più alto. Di quanto? Per arrivare a 7,7 gigawatt de Vries ha fatto alcuni ragionamenti economici. Le regole di Bitcoin permettono al creatore di un blocco di ricompensarsi con 12,5 Bitcoin - più di 100.000 dollari ai prezzi odierni. Con un nuovo blocco in fase di creazione ogni 10 minuti, si arriva a circa 15 milioni al giorno di ricavi.

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Il punto cruciale è che la difficoltà dell'attività di mining si regola automaticamente per mantenere una velocità di creazione di blocchi media di 10 minuti. Quindi aggiungendo più potenza di calcolo alla rete, non è che vengono creati più Bitcoin. Al contrario, è necessaria più potenza di calcolo per produrre ogni Bitcoin, rendendo l'hardware per il mining meno redditizio rispetto al passato e aumentando l'energia consumata per Bitcoin.

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Perciò de Vries ha calcolato quanta elettricità i miner Bitcoin dovrebbero consumare affinché il mining diventi non più redditizio. Ha ipotizzato che i prezzi dell'elettricità rappresentino il 60% del costo dell'attività e che l'elettricità costi in media 5 centesimi di dollaro per kilowattora.

Questo ha portato a ottenere un consumo energetico di 7,7 gigawatt, che serve come limite massimo del consumo della rete. Se il consumo di energia salisse sopra quel valore - assumendo che il costo medio dell'elettricità sia di almeno 5 centesimi - alcuni miner starebbero perdendo denaro.

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Per tirare le fila, è probabile che il consumo legato al mining sia decisamente inferiore a 7,7 gigawatt. Durante i periodi di rapida crescita del prezzo del Bitcoin, come nell'autunno scorso, potrebbe non esserci una sovrabbondanza di hardware. In tal caso, i miner generano Bitcoin usando meno di 7,7 gigawatt e ottenendo grandi profitti.

Poiché il valore del Bitcoin è sceso negli ultimi cinque mesi, è lecito aspettarsi che il consumo sia più vicino al limite massimo dell'intervallo indicato dal ricercatore. Perciò se il Bitcoin rimanesse a circa 8000 dollari, de Vries si aspetta che la rete raggiunga i 7,7 gigawatt entro la fine dell'anno. Se invece il prezzo del Bitcoin dovesse arrivare ai massimi mai registrati, l'attività diventerebbe di nuovo estremamente redditizia e sarebbe lecito aspettarsi un incremento del consumo energetico più rapido.

A ogni modo, almeno in una certa misura, l'alto uso energetico del Bitcoin è un problema che si risolverà nel tempo. La rete è programmata per ridurre la remunerazione di un blocco del 50% ogni quattro anni, con il prossimo dimezzamento previsto per metà del 2020. Quando ciò accade (assumendo un prezzo bitcoin costante) le entrate derivanti dal mining si ridurranno della metà e ciò dovrebbe significare una riduzione del consumo della metà.