Cyber-diplomazia, snobbarla sarebbe un grave errore

Che cos'è la cyber-diplomazia, di cosa si occupa e con quali strumenti? The Next Web l'ha chiesto a Heli Tiirmaa-Klaar, il primo cyber-ambasciatore estone.

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a cura di Alessandro Crea

Termini come cyber-ambasciatore o cyber-diplomatico richiamano alla mente strane e contraddittorie immagini di robot in stile C-3PO, il droide protocollare di Star Wars. La realtà è ovviamente molto diversa ma non per questo meno interessante. Per comprendere meglio cos'è la cyber-diplomazia, The Next Web ha deciso di fare quattro chiacchiere con Heli Tiirmaa-Klaar, il primo "Ambasciatore per la cybersicurezza all'estero" dell'Estonia.

Sebbene il nome possa sembrare una strana sintesi tra fantascienza e burocrazia, in realtà è uno dei campi più importanti della geopolitica attuale. Sostanzialmente gli stati hanno iniziato a comprendere che interessi nazionali e comportamenti nel dominio cibernetico sono connessi e per questo è importante che questi ultimi siano regolati in modo chiaro e univoco, dalla sicurezza al commercio, dalla libertà alla governance.

La ragione è semplice: nel cyberspazio attualmente mancano le regole fondamentali che abbiamo invece stabilito da tempo nel reame del reale, per quanto riguarda altri campi della geopolitica. Nella vita reale un "attacco" è ad esempio un atto assai preciso, su cui è facile concordare, ma per la cybersicurezza non è così e questo rappresenta un grande problema.

"È fondamentale che le nazioni si assicurino che il cyberspazio non diventi il ​​selvaggio West, dove tutti possono fare ciò che vogliono", ha spiegato Tiirmaa-Klaar ai colleghi di The Next Web. "A livello globale attualmente stiamo cercando di stabilire i parametri de comportamenti sanzionabili nel cyberspazio". Le campagne globali di malware WannaCry e NotPetya costituiscono in questo senso l'esempio più recente del perché è importante avere regole internazionali chiare. Gli attacchi, probabilmente perpetrati dalla Russia, hanno preso inizialmente di mira l'Ucraina, ma poi si sono diffusi in tutto il mondo, paralizzando ospedali negli Stati Uniti, fabbriche in Tasmania e persino una compagnia petrolifera statale nella stessa Russia.

A cambiare necessariamente, in questo scenario, è anche l'approccio. ‎"Durante le discussioni più convenzionali sul controllo degli armamenti o gli accordi di non-proliferazione, i diplomatici si trovano a interagire solo con altri diplomatici, ma nel campo della sicurezza informatica, è necessario parlare con tutte le parti interessate ed è necessario tenersi aggiornati su tutti gli sviluppi tecnologici", ha aggiunto Tiirmaa-Klaar. Un approccio realmente multidisciplinare è quindi davvero imprescindibile.

Ma la questione della sicurezza informatica non è solo un problema tecnologico, in quanto alla fine ha a che fare soprattutto con i comportamenti umani. Per questo i cyber-diplomatici possono davvero essere considerati una nuova generazione di funzionari governativi, il cui compito è colmare il divario tra governi, settore privato e cittadini - assicurandosi che la transizione digitale della nostra società sia il più agevole possibile.

La cybersicurezza è responsabilità di tutti. "Ogni persona che possiede uno smartphone, un laptop, un desktop o qualsiasi tipo di dispositivo deve assicurarsi che siano rispettati i requisiti minimi di sicurezza", ha infatti commentato Tiirmaa-Klaar, che si è detta ottimista sul fatto che sarà possibile affrontare le sfide poste dalla cybersicurezza rendendola più facilmente comprensibile alle persone.