Diritto all'oblio: quando i dati sono di rilevanza pubblica

Il diritto all'oblio tutela chiunque ma ci sono dei requisiti che vanno integrati e dei limiti che non devono essere superati.

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a cura di Giulia Grani

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È diventato ormai abbastanza noto a tutti cosa sia il diritto all'oblio: è il diritto ad essere dimenticati (c.d. "right to be forgotten"). Da chi? Da tutti, anche dai motori di ricerca. La tutela, in questi casi, si rivolge a tutti quei soggetti che non vogliono essere ricordati per determinati fatti che gli stessi hanno compiuto in un tempo passato, concedendo la possibilità di cancellare tali informazioni dal motore di ricerca.

A ben guardare, la peculiarità del contenuto di tale diritto sta proprio nel suo essere idoneo a tutelare un determinato individuo dalla circolazione di dati, a lui stesso riferiti, che non sono diffamatori o falsi o riservati, ma semplicemente veri e, in origine, anche legittimamente pubblicati, ma che, con il trascorrere del tempo, sono diventati inidonei a descrivere la sua attuale identità personale.

Tuttavia, tale tutela non è automatica come potrebbe sembrare: ci sono dei requisiti che vanno integrati e dei limiti che non devono essere superati.

Abbiamo chiesto un parere alla Dott.ssa Giulia Grani dello Studio Legale Associato Fioriglio-Croari.

La rilevanza pubblica dei dati

Il diritto all'oblio può, senza ombra di dubbio, essere considerato un valido strumento per la protezione sociale dell'identità personale. Tuttavia, ciò non toglie che, a volte, tale forma di tutela possa entrare in contrasto con il diritto di cronaca, inteso come diritto a pubblicare tutto ciò che è collegato a fatti ed avvenimenti di interesse pubblico (e riconosciuto dall'ordinamento italiano come libertà di manifestazione di pensiero).

Foto: Scanrail/Depositphotos

Pertanto, uno dei primi ostacoli che la giurisprudenza si è trovata a dover superare è consistito nel contemperamento della tutela prevista per questi due diversi diritti, entrambi costituzionalmente garantiti, stabilendo che il diritto di cronaca debba prevalere sul diritto all'identità personale nel caso in cui sussista un interesse pubblico alla diffusione dei fatti (Cass., civ., sent., n. 978/1996).

Ne deriva che, se tale interesse pubblico dovesse essere assente o comunque non idoneo a giustificare una compressione del diritto all'oblio, si configurerebbe un'illecita lesione del diritto alla riservatezza, che consentirebbe al soggetto interessato di pretendere che le proprie passate vicende personali siano pubblicamente dimenticate (Cass., pen., sent., n. 45051/2009).

Il profilo soggettivo della rilevanza pubblica dei dati

Vi è da precisare, inoltre, che il requisito della rilevanza pubblica può essere valutato non solo sotto il profilo oggettivo (ossia, in riferimento alla notizia in questione), ma anche sotto il profilo soggettivo (ossia, avendo riguardo alla particolare qualifica del soggetto a cui la notizia fa riferimento).

In particolare, si tende a negare che il diritto all'oblio possa essere esercitato in relazione ad informazioni riguardanti personalità pubbliche. Chi ricomprendere in tale categoria lo hanno stabilito le Guidelines del WP29, che pur osservando come, ad oggi, esista ancora molta incertezza in merito al significato di "ruolo svolto nella vita pubblica" e non sia possibile parlare di tassatività in riferimento a tale concetto, vi riconduce tutti coloro che svolgono attività di carattere politico o che ricoprono alte cariche pubbliche diverse da quelle politiche (es: magistrati, dirigenti delle pubbliche amministrazioni, ecc.).

Nel caso in cui, quindi, la notizia faccia riferimento ad uno di questi soggetti, la cancellazione della notizia stessa non potrebbe essere così automatica, posto che potrebbe rilevare ancora l'interesse pubblico nei confronti del dato di cui si richiede l'eliminazione dalla rete.

La recente pronuncia del Tribunale di Milano

In merito al tema oggetto di trattazione, vi è da citare un'interessante pronuncia del Tribunale di Milano, che, intervenuto in materia il 28 settembre scorso (Trib. Milano, sent. n. 10374/2016), ha dichiarato la non sussistenza di interesse pubblico nei confronti di informazioni contenute in un articolo di critica politica, pubblicato nel 2010.

Foto: Vladek/Depositphotos

Il caso riguardava una donna che aveva presentato ricorso ai sensi dell'art. 152 D. lgs. n. 196/2003, chiedendo la deindicizzazione della URL rispetto alla ricerca con le parole chiave recanti il suo nome. Quali motivazioni, la ricorrente adduceva che il testo dell'articolo che la riguardava era manifestamente diffamatorio e non idoneo a soddisfare la conoscenza delle informazioni contenute.

Il giudice ambrosiano ha accolto il ricorso affermando che il diritto per cui la ricorrente agiva non configurava un generico diritto della personalità, ma un vero e proprio diritto all'identità personale, da intendersi come diritto alla "dissociazione" del proprio nome da un determinato risultato di ricerca.

In questo senso, il diritto a riconfigurare la propria immagine telematica si configura come funzionale alla  tutela del proprio diritto all'identità personale: l'essere umano è in continuo divenire ed ha, in virtù di ciò, il diritto di vedersi rappresentato nel suo cambiamento, con connesso diritto a vedere eliminati i dati personali, che sono presenti in rete e che lo riguardano, ma che non sono più attuali.

Pertanto, il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso, stabilendo che i dati personali relativi alla ricorrente, trattati in un articolo di critica politica, seppur ancora astrattamente attuali in virtù del ruolo ricoperto dalla stessa, non rivestivano più alcun carattere di pubblico interesse.

Conclusioni

Tutto quanto considerato, non vi è dubbio su una cosa: dimenticare è, sicuramente, più difficile che ricordare. E internet difficilmente dimentica. Detto ciò, il diritto all'oblio è sicuramente uno dei risultati più apprezzabili che sia stato raggiunto in seguito alla diffusione delle più avanzate forme di tecnologia.

Ciò non toglie che incertezze rimangano sulla effettiva capacità del diritto all'oblio di incidere in modo pienamente efficace sulla diffusione dei dati personali sul web, soprattutto se si considera il modo del tutto peculiare con cui i gestori dei motori di ricerca trattano i dati personali.

L'augurio rimane quello di vedere attuata quanto prima una regolamentazione analitica e dettagliata della materia, che sia in grado di delineare un quadro completo di obblighi e responsabilità per tutti i diversi soggetti operanti all'interno della rete.

Nota: una versione più completa e dettagliata di questo articolo, con riferimenti al codice vigente, è disponibile sulla rivista telematica dirittodell'informatica.it.