Neuralink e la protezione dei dati: Un nuovo scenario legale?

Neuralink, azienda fondata da Elon Musk, sviluppa chip per interfaccia cervello-computer. Impiantati direttamente nel cervello, sollevano interrogativi legali e etici sulla privacy dei dati neurali. La necessità di regolamentare queste tecnologie è urgente.

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a cura di Avv. Giuseppe Croari

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Avv. Giuseppe Croari – Dott.ssa Asia Bartolini

Neuralink è un’azienda neuro-tecnologica fondata nel 2016 da diversi imprenditori americani, tra cui Elon Musk, con sede in California e registrata come Società di ricerca e sviluppo medico-scientifica.

Lo scopo principale di Neuralink (il cui gruppo di lavoro è principalmente formato da ingegneri robotici, biochimici e neuroscienziati) è quello di promuovere lo sviluppo di chip (sistemi elettronici altresì chiamati BCI, Brain Computer Interface) che, essendo in grado di interpretare gli impulsi nervosi provenienti dal cervello e comunicare con quest’ultimo, si pensa possano essere utilizzati per trattare e migliorare diverse patologie cerebrali (morbo di Parkinson, paralisi neurologiche, ecc).

la nuova frontiera raggiunta comporta alcune possibili problematiche

Neuralink è anche il nome dei chip stessi, che vengono innestati direttamente all’interno delle calotte craniche dei pazienti - il primo di loro sta bene e riesce a controllare sistemi informatici con il pensiero. In sostanza, Neuralink cerca di registrare le attività dei neuroni, i messaggi che il cervello manda al resto del corpo, per poi codificarli e replicarli in forma digitale.Così facendo si può restituire al paziente un’abilità perduta, come la vista o la capacità di manipolare oggetti e usare strumenti.

Nonostante qualche problema (alcuni primati sono deceduti), lo scorso 19 marzo il chip è stato impiantato nel cervello di un essere umano. Si tratta di Noland Arbaugh, un uomo di 29 anni che, a seguito di un grave incidente, è rimasto tetraplegico. A seguito dell’impianto di Neuralink, Arbaugh è riuscito a concludere una partita a scacchi e a giocare al noto videogame “Civilization”.

Nonostante l’indubbio potenziale di questa tecnologia, la nuova frontiera raggiunta comporta alcune possibili problematiche: in primis, ci sono questioni di carattere etico, in secundis, di carattere giuridico.

È indubbio, infatti, che nel momento in cui si ha a che fare con il cervello umano, sorgano, in contemporanea, problemi legati ai diritti fondamentali della persona, quali, ad esempio: l’identità e la dignità della persona, la libertà, l’autonomia, la libertà di pensiero, la tutela della privacy.

Per quanto concerne la normativa in materia di tutela dei dati personali, infatti, è pacifico che i dati raccolti e trattati da Neuralink rientrano, a pieno titolo, nella definizione di “dati personali” offerta dall’art. 4 del Regolamento EU 679/2016. I dati trattati dai chip, sono, nello specifico, dati particolari (al pari dei dati biometrici e genetici), ai quali il GDPR accorda una tutela maggiore.

L’accesso a questo tipo di dati costituisce un’ingerenza estremamente rischiosa nella sfera privata della persona: accesso che, ad oggi, non risulta essere in alcun modo regolamentato, né tanto meno sottoposto al rispetto della normativa in materia.

Ma non è tutto: si pensi all’utilizzo che potrebbe essere fatto di questi dati qualora venissero trattati, per esempio, dalle imprese – utili, ai loro fini, per finalità di marketing e di profitto – o all’interno di contesti prettamente giuridici, quale, ad esempio, nell’ambito di un interrogatorio, al fine di verificare che il soggetto stia dicendo o meno la verità.

I rischi di intrusione e distorsione sono veramente elevatissimi.

Sorgono problemi legati ai diritti fondamentali della persona, quali l’identità e la dignità della persona, la libertà, l’autonomia, la libertà di pensiero.

L'Impellente necessità di regolamentare le neurotecnologie

I dati personali sono, oramai, la più grande ricchezza umana.

L’utilizzo dei dati nell’ambito delle neurotecnologie è, ad oggi, ancora scarsamente regolamentato, con grave rischio di violazione dei più basilari e fondamentali diritti della persona. La soluzione appare ovvia: qualora non si volesse vietare del tutto l’utilizzo di questi nuovi sistemi tecnologici, se ne deve fornire una disciplina il più rigorosa e stringente possibile.

Sul punto, lo scorso giugno, il Parlamento Europeo ha approvato la proposta di Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale, nella quale i sistemi di IA che permettono la manipolazione cognitiva sono vietati, in quanto identificati come “rischio inaccettabile”. A contrario, i sistemi medici potenziati grazie all’IA, sono qualificati come sistemi “ad alto rischio”.

Tuttavia, purtroppo, siamo ancora lungi dall’ottenere una regolamentazione completa, esaustiva ed effettivamente tutelante per i diritti fondamentali della persona: se ne auspica, pertanto, l’entrata in vigore nel più breve tempo possibile.


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