Fluidi per alimentare e raffreddare chip, come nel cervello

Un liquido metallico potrebbe essere alla base del design futuro dei microchip. Secondo IBM sarà possibile realizzare chip 3D con canali in cui scorrerà un fluido per generare energia e allontanare il calore. Prima nei supercomputer e in futuro, forse, anche negli smartphone e nei tablet.

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a cura di Manolo De Agostini

I microchip "umidi" potrebbero rappresentare il futuro di computer, smartphone e tablet. Bruno Michel del Laboratorio di Ricerca IBM di Zurigo ritiene che per sviluppare chip più efficienti e potenti il modello da imitare il nostro cervello. "Il cervello umano è 10.000 volte più denso ed efficiente rispetto a qualsiasi computer attuale. Ciò è possibile perché usa un'unica rete di capillari e vasi sanguigni molto efficiente per trasportare calore ed energia, il tutto nello stesso momento", ha dichiarato Michel a New Scientist.

Michel e il suo team hanno perciò intenzione d'impilare centinaia di wafer in silicio per creare processori tridimensionali. Non è un caso che l'azienda abbia stretto recentemente un accordo con 3M per realizzare un nuovo collante. Tra ogni layer sarà inserita una coppia di reti fluidiche: una trasporterà un fluido "caricato" all'interno del chip e l'altra lo rimuoverà dopo che questo avrà catturato il calore dai transistor. In questo modo non solo si alimenterà il chip, ma lo si raffredderà allo stesso tempo.

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Il ricercatore di IBM ha scelto di ispirarsi a una batteria redox al vanadio, nella quale l'energia è sprigionata al cambio dello stato di ossidazione del vanadio. Questo tipo di batteria è ideale per i chip, perché ha un'elevata densità energetica. Il design solitamente è ingombrante, ma Michel è riuscito a miniaturizzarlo allineando i canali microfluidici con un elettrodo catalizzatore.

"L'uso di un liquido per raffreddare i chip 3D non è una nuova idea", ha dichiarato il capo tecnologico di Tezzaron. "Tuttavia usare un liquido come fonte di energia e raffreddamento è un concetto che non avevo mai sentito prima". Secondo Mark Zwolinski dell'Università di Southampton l'approccio è interessante. "Per avere un incremento delle prestazioni di calcolo è necessario avvicinare i chip" - per questo sono impilati. Tuttavia alimentarli con un liquido è qualcosa di inedito. "Non è scandaloso. Non riesco a pensare perché non debba funzionare, ma non è mai stato fatto prima".

Secondo Michel la miniaturizzazione dei chip e dei fili che li collegano fa aumentare la loro resistenza e li rende meno efficienti. Servono 85 kilowatt per far funzionare Watson, il "megacervellone" che ha battuto i campioni umani a Jeopardy - abbastanza per riscaldare una dozzina di case. Inoltre i server che lo compongono occupano uno spazio grande quanto dieci frigoriferi.

Combinare i sistemi di alimentazione e di raffreddamento potrebbe consentire di ridurre i consumi in modo considerevole. Michel Bruno e il suo team hanno intenzione di realizzare un prototipo entro il 2014. Se avranno successo, in futuro potremmo ritrovarci Watson in tasca, alimentato da una batteria grande quanto quelle dei cellulari attuali. Non è fantastico?