Google Chrome adesso ha il sistema pubblicitario integrato

Google Chrome ha ora la Privacy Sandbox, una funzione che in teoria serve a migliorare la privacy ma secondo alcuni è l’esatto contrario

Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Google ha annunciato la disponibilità globale della Privacy Sandbox in Google Chrome, una funzione pensata per rendere più solido il controllo della privacy, limitare il tracciamento e, un ultima analisi, dare maggiore controllo agli utenti. Almeno in teoria, ma siamo lontani dal tipo di protezione che si può ottenere usando una delle migliori VPN o altri strumenti avanzati.

Le voci critiche tuttavia non mancano, e sembra che Google stia facendo l’esatto contrario, creando un browser che traccia di più rispetto a prima.

In sostanza, ci sono nuove opzioni in Chrome che permettono di controllare con maggiore precisione il modo in cui il sistema pubblicitario crea un profilo basato sulla nostra attività. Ora che questo strumento è disponibile per tutti - utenti e network pubblicitari - Chrome potrà finalmente abbandonare una volta per tutte i cookie di terze parti.

“Il conto alla rovescia per il ritiro annunciato dei cookie di terze parti è iniziato. Non vediamo l’ora di continuare a collaborare con il settore per portare a termine questa transizione, supportando tra le altre cose l’adozione delle API di Privacy Sandbox e valutando la loro efficacia grazie ai test su larga scala”.

A prima vista sembra tutto fantastico, ma Aurich Lawson su Ars Technica invita a non farsi distrarre, e a vedere come si tratti in realtà di una “nuova e invasiva piattaforma pubblicitaria di Chrome, ridicolmente denominata Privacy Sandbox”.

Sì perché con il nuovo sistema il browser memorizza le nostre attività online e genera un elenco di argomenti pubblicitari. Poi condivide queste informazioni con le reti pubblicitarie, in modo da poter servire annunci ultra personalizzati. Per i non addetti ai lavori, ciò che fa Google Chrome è esattamente quello che fanno oggi i cookie di terze parti, con la differenza che Google diventa il gestore unico di tutto il sistema.

L’azienda californiana è già l’agenzia pubblicitaria più grande del mondo, ed è quasi monopolista nel settore dei browser; una situazione destinata consolidarsi con la Privacy Sandbox.

Basta una rapida occhiata alla pagina ufficiale per vedere che Google ha realizzato questo progetto in collaborazione con i network pubblicitari più grandi al mondo.

Un problema di (tanti) soldi

Google deve la maggior parte dei suoi ricavi alla pubblicità online, e questo dipende in modo diretto dalla possibilità di tracciare l’utente in modo il più capillare possibile.

In poche parole: se io vendo scarpe, magari sono disposto a pagare Google 1 centesimo se mostra il mio annuncio a una persona qualunque. Ma se Google mi assicura che lo mostrerà a persone che stanno cercando scarpe nuove, che hanno il tipo di budget che mi interessa, che sono pronte a comprarle online, dell’età giusta e così via (i parametri possono essere migliaia), allora il prezzo può diventare anche 10, 20, 30 centesimi.

Parliamo di miliardi di dollari, e infatti qualche anno fa Google (ma anche Facebook e altri) ha subito un colpo durissimo quando Apple ha deciso di bloccare tutti i cookie su iOS, almeno per chi usa Safari. I ricavi del settore sono in calo da allora, e per il momento non si vedono segni di ripresa.

Il problema è che il colosso della rcerca da una parte deve raccontarsi come un’azienda che ci tiene alla privacy delle persone, ma dall’altra l’invasione della nostra privacy è l’alimento principale di Google.

Semplicemente non possiamo aspettarci che ci rinunci, né ora né mai. Per loro non si può non essere spiati.

A meno che non lo debba fare per legge, e infatti l’azienda è costantemente attiva anche nei corridoi della politica in tutto il mondo, per evitare che si approvino leggi contro i suoi interessi; come il GDPR o il Digital Markets Act approvati in Europa.

Se Google si dovesse tra l’incudine del dover rispettare la privacy e il martello di sanzioni veramente pesanti, allora forse le cose potrebbero cambiare. Per ora tuttavia sono solo ipotesi, visto che le leggi sono deboli e le sanzioni trascurabili.

Secondo la Electronic Frontier Foundation (EFF, un punto di riferimento mondiale su questi temi) “l'impostazione di Google si basa sulla falsa premessa che dobbiamo scegliere tra il 'vecchio tracciamento' e il 'nuovo tracciamento'. Non si tratta di una scelta o l'una o l'altra. Invece di reinventare la ruota del tracciamento, dovremmo immaginare un mondo migliore senza la miriade di problemi legati agli annunci mirati".

Immagine di copertina: kovop58