Il sangue elettronico salverà il mondo dei supercomputer

IBM continua a studiare il cervello umano per riprenderne i meccanismi di alimentazione e raffreddamento e trasporli all'elettronica. L'azienda ha realizzato un prototipo in laboratorio che funziona con il cosiddetto "sangue elettronico".

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a cura di Manolo De Agostini

I supercomputer sono sempre più potenti, ma richiedono anche moltissima energia malgrado i progressi continui sul fronte dell'efficienza. Prendere di petto la situazione è l'unica strada possibile, ed è per questo che IBM ha preso ispirazione da una "macchina" che si affina da migliaia di anni: il cervello umano. Se ne parlava nel 2011, dando appuntamento al 2014 per il primo prototipo, molto rudimentale, di laboratorio: detto, fatto, come riportato dalla CNN.

Il nostro cervello è migliaia di volte più denso ed efficiente di qualsiasi computer odierno, e questo è possibile perché usa la stessa rete di vasi sanguigni per trasportare, nello stesso momento, calore ed energia (richiede circa 20 watt). IBM vuole ricopiare questa architettura grazie a quello che chiama "sangue elettronico", un concetto che secondo l'azienda statunitense va a braccetto con quello di chip tridimensionale, ovvero lo sviluppo in verticale dell'elettronica.

Un prototipo IBM alimentato e raffreddato tramite un fluido caricato noto informalmente come "sangue elettronico"

Tra ogni strato di un processore 3D viene inserita una coppia di reti fluidiche: una trasporta un fluido "caricato" all'interno del chip e l'altra lo rimuove dopo che questo ha catturato il calore dai transistor. In questo modo nello stesso momento si alimenta il chip e lo si raffredda. Chip 3D più freschi permetterebbero di aumentare prestazioni e densità dei supercomputer, consentendo di ridurre drasticamente le dimensioni, oltre che ridurre il consumo energetico, dato che circa la metà dei consumi è legata al sistema di raffreddamento.

"Ha molto più senso usare i chip 3D", ha affermato Chris Sciacca, portavoce di IBM Research. "Quello che vogliamo fare è realizzare supercomputer raffreddati ad acqua con le dimensioni di una zolletta di zucchero". Un obiettivo davvero ambizioso, ma se c'è un'azienda che può tentare l'impresa è proprio IBM, una vera fucina di idee che più volte ha dimostrato le proprie capacità.

Il problema dei consumi e della gestione dei supercomputer, ma anche dei datacenter, sarà sempre più grande. L'intera industria del cloud computing odierna, se paragonata a uno stato, si posizionerebbe in quinta posizione in termini di consumi energetici, secondo Ed Turkel della Hyperscale Business Unit di Hewlett-Packard. Ed è in costante espansione.

In meno di 20 anni i ricercatori affermano che i supercomputer più veloci saranno capaci di effettuare 1.000.000.000.000.000.000.000 di operazioni al secondo (IBM parla di supercomputer zettascale), 300 mila volte più di oggi. Il problema è che usando le tecnologie attuali, secondo IBM, un computer simile consumerebbe più energia elettrica di quella che il mondo può produrre. "Dobbiamo rendere questi supercomputer 10 mila volte più efficienti", ha concluso l'azienda.