Ci sono 9182 backer di Kickstarter - si chiamano così quelli che finanziano i progetti sulla piattaforma di crowdfunding - che rivogliono i soldi indietro. Mica pochi: 473.098 dollari. Sono le vittime del progetto VAGO, un bel gadget che sarebbe dovuto servire a comprimere lo spazio degli abiti in valigia. Un piccolo compressore per imbustare la biancheria e togliere aria.
La campagna di raccolta fondi si è conclusa con successo l'anno scorso. Il prodotto sarebbe dovuto arrivare a casa dei 9182 finanziatori, sparsi in tutto il mondo Italia compresa, entro agosto 2016. Non è mai stato recapitato a nessuno. Gli autori del progetto - che hanno aperto anche un sito tuttora funzionante - hanno preso i soldi e si sono dileguati. Il loro ultimo messaggio è del 26 dicembre 2016: "siamo veramente dispiaciuti per il ritardo nelle consegne". Poi più nulla. Intanto però il prodotto VAGO - stesso nome, stesse caratteristiche - è apparso in alcuni negozi online tailandesi.
Un'ulteriore beffa per i backer, che stanno provando a coalizzarsi per azioni legali dopo aver dato vita su Facebook al gruppo VAGO Victim Helping Group. Ovviamente le vittime hanno provato a chiedere aiuto a Kickstarter, che però ha risposto alla Ponzio Pilato con una mail pre-confezionata, in cui si dice in sostanza che il crowdfunding è questione di fiducia reciproca e che la piattaforma non può far nulla e non può comunque restituire i soldi.
Il che getta un'ombra su un fenomeno positivo come il crowdfunding, che in questi anni ha permesso a progettisti e creativi di proporre le loro idee, farle finanziare e realizzarle senza passare dalla forche caudine delle banche e degli investitori istituzionali.
Certo, truffe e raggiri per fortuna sono circoscritti ma per evitare che la diffidenza dilaghi le piattaforme dovrebbero fare di più. Vanno adottati meccanismi di tutela, altrimenti il crowdfunding è a rischio.