Le università USA profilano i candidati scandagliando Web e non solo

Il Washington Post ha rivelato che un numero crescente di Università statunitensi utilizza tecniche di tracciamento degli utenti che visitano il proprio sito, per attribuire punteggi segreti e profilare i potenziali candidati, così da sapere in anticipo chi è più appetibile.

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a cura di Alessandro Crea

Tracciamento e punteggi segreti: in un recente articolo il Washington Post ha rivelato che un numero crescente di università statunitensi utilizza questo tipo di tecniche per "spiare" gli studenti delle superiori che visitano il proprio sito, così da profilare in anticipo i potenziali candidati e decidere quali siano più appetibili.

Sembra assurdo, ma accade davvero. ‎Stando infatti ai documenti esaminati dal Post sono almeno 44 le università negli Stati Uniti, sia pubbliche che private, che collaborano con società di consulenza esterne per raccogliere e analizzare i dati sui potenziali studenti, monitorando la loro attività Web o formulando punteggi predittivi per misurare la probabilità che ciascuno di essi si iscriva davvero. Pratiche che potrebbero impedire un accesso paritario all'istruzione universitaria agli studenti svantaggiati. Le università statunitensi in realtà utilizzano da anni dati per decidere verso quali regioni del Paese e quali scuole superiori indirizzare il proprio reclutamento, tuttavia questi strumenti più recenti consentono agli amministratori di costruire profili molto dettagliati di singoli studenti, in modo da determinare ad esempio se il loro reddito familiare è in linea con le necessità del college.

Del resto, ‎di fronte alla contrazione delle fonti di finanziamento e alla crescente concorrenza, i college con pochi fondi stanno sperimentando nuovi modi per identificare e attirare gli studenti che possono permettersi di pagare la retta universitaria. A questo problema, di per sé già abbastanza grave perchè discriminante, si aggiunge poi il fatto che ‎tutto ciò avvenga in segreto e senza che i visitatori ne siano consapevoli.

‎Secondo alcuni esperti di privacy, infatti, ciò sarebbe sufficiente a violare lo spirito se non la lettera del Family Educational Rights and Privacy Act, o FERPA, una legge federale che protegge la privacy degli studenti durante l'iscrizione nelle scuole che ricevono fondi di istruzione federali. La FERPA richiede infatti che le scuole chiedano il permesso agli studenti prima di condividere i loro dati personali con terze parti. Tuttavia diverse università hanno aggirato il problema classificando le società di consulenza come "funzionari scolastici", una designazione legale che li esenta dalla FERPA se vengono soddisfatte ‎‎determinate condizioni.

Sostanzialmente si tratta dello stesso meccanismo che già attualmente tantissimi siti utilizzano per tracciare le attività degli utenti, attraverso i cookies. Ma se essere profilati a propria insaputa per poi ricevere inserzioni pubblicitarie mirate è già di per sé un problema, ‎esserlo da enti come le Università lo è ancora di più, perché rischia di introdurre un ulteriore elemento discriminante in un contesto, quello dell'istruzione, che già oggi discrimina, non dando le stesse opportunità a tutti, in maniera meritocratica. Certo, il problema della trasformazione dell'istruzione da diritto a merce è a monte e il fenomeno che sta interessando le Università statunitensi (chissà se è già arrivato in Europa?) non è che la manifestazione delle difficoltà incontrate dalle università a stare sul mercato.