Microsoft sta tentando di cambiare la normativa sui brevetti negli Stati Uniti e conta sull'appoggio di gran parte dei grandi nomi del mondo tecnologico. L'iniziativa nasce da una brutta esperienza vissuta in prima persona dall'azienda di Redmond: secondo il giudice Microsoft ha violato, con Office, la proprietà intellettuale della piccola i4i.
Troll dei brevetti, specie endemica dei tribunali. Si nutre di fondi altrui.
L'azienda è stata condannata a una multa di ben 290 milioni di dollari, al cambio 212,7 milioni di euro. A nulla è servito ricorrere in appello (Microsoft perde l'appello sui brevetti XML). Microsoft però ha anche fatto un'altra richiesta al giudice, che oggi assume una nuova rilevanza.
Per l'azienda di Redmond è infatti imperativo che sia rivisto il modo in cui si gestiscono queste cause. Le voci di Google, Apple, Intel, Yahoo, Dell, Facebook, HP, Toyota e altri si uniscono in uno solo coro: basta ai troll dei brevetti!
L'idea è che l'accusato abbia almeno tanta forza nel difendersi quanta ne ha l'accusatore. Per farlo bisognerebbe cambiare il modo in cui si portano avanti i processi. In questi casi lo standard attuale parte dal presupposto che i fatti denunciati siano veri (a differenza dei processi civili e penali), e si vorrebbe passare a una più comune "presunzione d'innocenza".
Allo stato attuale l'accusato di una violazione deve compiere grandi sforzi per dimostrare che un certo brevetto non è valido. È l'unico modo al momento per uscire da queste cause senza le ossa rotte. Se lo standard di prove necessarie fosse ridotto Microsoft e le altre aziende potrebbero difendersi più facilmente da accuse che spesso hanno l'unico obiettivo di far cassa, più che di proteggere una certa idea registrata.
Speravamo che questi fossero i peggiori nemici in circolazione - Clicca per ingrandire.
In questo modo per dimostrare l'invalidità di un brevetto sarebbero sufficienti prove "preponderanti" invece che "chiare e convincenti". Una differenza sottile, ma che avrebbe molto peso. Così d'altra parte, i titolari di brevetto sarebbero meno protetti. Un rischio che le aziende, a quanto pare, sono disposte a correre.
I sostenitori della petizione di Microsoft (PDF), come dicevamo, sono numerosi e ognuno ha preso una posizione ufficiale davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti. C'è un gruppo di docenti universitari (PDF), diverse aziende del settore (documenti PDF per Google e altri, Facebook e altri, Intel, Yahoo, Apple), la CTIA Wireless Association (PDF) e altre associazioni (PDF).
Particolarmente rappresentativo inoltre il sostegno della Electronic Frontier Foundation, l'associazione che da anni si batte affinché i valori della privacy e l'interesse dei consumatori siano posti sempre al primo posto. (PDF della EFF).
Se la richiesta dovesse essere accettata dalla Corte Suprema, Microsoft potrebbe ancora risparmiarsi la multa.