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Norma antipirateria tutta da rifare: il giudizio è negativo

Il nuovo regolamento antipirateria dell'AGCOM non sembra bilanciare correttamente le esigenze di tutela del diritto d'autore e delle libertà di espressione. Il capitolo costi non è stato affrontato. Il confronto con le parti in causa non ha prodotto nulla. Peggio non poteva andare.

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Avatar di Pino Bruno

a cura di Pino Bruno

Pubblicato il 13/12/2013 alle 13:27 - Aggiornato il 15/03/2015 alle 01:48

Eccola dunque l'Hadopi all’italiana, ovvero il nuovo regolamento che trasforma l’AgCom da autorità amministrativa di vigilanza in super-magistratura della Rete. Lo sceriffo del copyright con poteri speciali, si è detto. Pistola fumante che può sparare alzo zero sui siti ritenuti responsabili di violazione del diritto d'autore.

E il giudice? Come nel vecchio West arriva a cose fatte. E il Parlamento? Non si è ancora pronunciato su un tema così delicato. Eppure ci sono due proposte di legge per la riforma del diritto d’autore, quella del senatore Felice Casson (PD), che risulta ancora "da assegnare", e quella della deputata Mirella Liuzzi (M5S), anch'essa ancora "da assegnare". No, non è una buona norma, quella adottata ieri all’unanimità dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. È stato fatto un regalo ai "Poteri Forti", come abbiamo scritto ieri, confortati dal parere degli avvocati Fulvio Sarzana e Guido Scorza, due fra i massimi esperti in Italia di diritto d'autore digitale. Proviamo a chiederci perché.  

Parlamento prevaricato?

Appena un mese fa, il 14 novembre, la presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, aveva dichiarato pubblicamente: "…Su un altro tema delicato, il diritto d'autore on line, auspico che il legislatore, noi parlamentari, sappiamo fare la nostra parte. So quanto animato sia il dibattito, ma spero che in un tempo ragionevole e ravvicinato possa venire dai diversi gruppi politici - alcuni dei quali hanno già presentato proposte - una risposta all'esigenza di aggiornare la normativa tenendo insieme diritti ed interessi". Il tempo è trascorso invano, le proposte di legge sono rimaste nei cassetti e l'AgCom è andata avanti per la sua strada.

Confronto inutile?

Il 25 luglio 2013 il Consiglio dell'AgCom ha approvato lo schema di regolamento per la tutela del diritto d'autore dopodiché è stata aperta una consultazione pubblica con tutte le parti in causa. Risultato? Oggi la norma è ancora più restrittiva rispetto alla prima bozza, secondo gli avvocati Sarzana e Scorza.

Quanto ci costa? Chi paga?

Il capitolo costi non è affrontato in nessuna parte del documento. Secondo il regolamento qualunque detentore di copyright o associazione correlata potrà segnalare violazioni senza alcuna limitazione di numero. E non è previsto neanche un malus per quelle irregolari. Tutto gratuito, ovvero, pagheranno i cittadini per l'intero sistema.  

Come difendersi? Davanti a chi?

"La procedura di enforcement proposta, pur svolgendosi in tempi brevi, rispetta il principio del contraddittorio in modo da consentire a tutti i soggetti interessati di far valere le proprie ragioni", sostiene l'AgCom. Sarà anche così sulla carta ma in verità per difendersi ci si potrà rivolgere esclusivamente al Collegio AgCom e volendo successivamente a un tribunale amministrativo, per altro normalmente estraneo a questioni di copyright.

La cavalleria AgCom

Chi tutela i provider?

I provider probabilmente sono i soggetti che hanno più da perdere in questa operazione, soprattutto sotto il profilo dell'immagine. Nel caso i gestori dei siti si dimostrino insensibili alle richieste di rimozione contenuti, l'AgCom si rivolgerà direttamente ai fornitori di servizi Internet intimando il blocco degli accessi ai siti. A prescindere che i rispettivi server siano in Italia o all'estero.

Perché dare super-poteri all’AgCom?

Il presidente dell'AgCom Cardani ha deciso di affrontare la questione copyright a muso duro. "Qualora il Parlamento intervenisse ad adottare una riforma della legge che tutela il diritto d'autore per adeguarla alla nuova realtà tecnologica e di mercato, l'Autorità sarebbe lieta di conformare la propria azione alle nuove scelte legislative", sosteneva a luglio. Da allora nulla si è mosso in Parlamento e quindi eccoci con un garante poliziotto.

Bisogna comunque ricordare che il Garante è un'autorità (amministrativa) semi-indipendente. E che i quattro commissari sono eletti per metà dalla Camera dei deputati e per metà dal Senato mentre il presidente è proposto direttamente dal presidente del Consiglio d'intesa col ministro dello Sviluppo Economico. L'investitura definitiva avviene con il Presidente della Repubblica.

Ricapitolando: abbiamo una struttura amministrativa condizionabile direttamente e indirettamente dalla politica che vuole arrogarsi potersi che fino a oggi ha gestito la magistratura.

Blocco IP o blocco DNS?

Se il sito dove sono presenti le violazioni è ospitato su un server ubicato nel territorio nazionale, "l'organo collegiale ordina ai prestatori di servizi che svolgono attività di hosting […] di provvedere di norma alla rimozione selettiva delle opere digitali medesime". Se si tratta di una grande quantità di contenuti può scattare la richiesta direttamente al provider di "disabilitazione dell’accesso alle suddette opere digitali".

Nel caso in cui il server sia ubicato all'estero scatta direttamente la richiesta al provider di disabilitazione dell'accesso al sito. Il regolamento parla di blocco sia degli indirizzi IP che dei DNS. Non è chiaro, però, quale sarà il criterio per decidere nell'uno o nell'altro senso. 

Conclusioni

Questo Regolamento non sembra bilanciare correttamente le esigenze di tutela del diritto d'autore e delle libertà di espressione in Internet. Auspichiamo che il Parlamento si riappropri della sua titolarità in materia.  

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