Partito Pirata, un guastatore nel Parlamento UE

Piratpartiet si è affiliato in sede UE al Partito Verde; Rickard Falkvinge ha svelato in Italia qualche retroscena

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a cura di Dario D'Elia

Piratpartiet, il partito dei pirati svedesi, rivoluzionerà la politica comunitaria come un guastatore dietro le linee nemiche. Rickard Falkvinge, il fondatore del partito, ieri durante il primo congresso di Agorà Digitale, a Salerno, ha svelato in un'intervista a Luca Neri di no-copyright.net quale sarà la strategia in sede di Parlamento Europeo.

Rickard Falkvinge, fondatore di Piratpartiet

"… The Pirate Bay è un po' come GreenPeace, il Piratapartiet un po' come il Partito Verde: svolgiamo ruoli complementari", ha sottolineato Falkvinge. Piratpartiet, non a caso, ha deciso di affiliarsi con i Verdi europei poiché considerati i migliori per portare avanti le battaglie sul copyright.

"Sì, lo abbiamo fatto tanto per ragioni pratiche - i Verdi, al contrario di altri gruppi parlamentari, non richiedono il versamento di una parte dei contributi europei, mentre ci hanno offerto accesso immediato a tutto un network di risorse e strutture - tanto quanto per ragioni politiche - la garanzia di una maggiore visibilità nella piattaforma del gruppo", ha spiegato a Falkvinge a Neri.

Per quanto riguarda il problema della gestione dei diritti di copyright, Falkvinge è convinto che "la repressione della pirateria digitale sia inconciliabile con la privacy e la libertà della Rete". Di fatto "lo scopo del Piratpartiet è far capire alla gente che questa è innanzi tutto una battaglia per i diritti civili".

Una possibile soluzione potrebbe essere quella delle licenze collettive, ma secondo Falkvinge in questo modo non verrebbe affrontato il nocciolo del problema. "Da un punto di vista pratico, ci potremmo addirittura ritrovare davanti all’assurdo di un sistema di finanziamento pubblico della pornografia, visto che una bella fetta del materiale che circola sui network peer-to-peer è roba piratata agli editori di quel settore".

"Più in generale, la proposta delle licenze collettive continua a partire dal postulato che le copie siano ancora qualcosa di costoso, raro, e quindi controllabile, quando è vero esattamente il contrario", ha concluso Falkvinge.

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