Riforma Rai: un solo canale con pubblicità e canone equo

Nove specialisti del settore media da due mesi stanno collaborando con il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli per una completa riforma della Rai. Si parla di un solo canale con pubblicità e gli altri finanziati da canone e Stato.

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a cura di Dario D'Elia

Nel quartier generale della Rai, in via Mazzini a Roma, è giunta voce che il premier Renzi voglia compiere un atto sacrilego: smilitarizzare la TV di Stato dalla politica. Il taglio di 150 milioni di euro sarebbe solo la punta dell'iceberg. Da circa due mesi, come racconta oggi La Repubblica, nove "saggi" stanno discutendo sulla strategia migliore per dare atto al cambiamento. Li ospita il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, presso gli uffici del Ministero dello Sviluppo economico di Largo Pietro di Brazzà.

Ecco quindi il giurista Fabio Bassan, l'ingegnere specialista in frequenze TV Antonio Sassano (docente a Tor Vergata), l'esperto di media Matteo Maggiore (per anni alla BBC, oggi all'OCSE) e il massmediologo Francesco Siliato (editorialista del Sole 24 Ore). Non meno importante l'apporto degli ex consiglieri RAI Stefano Balassone e Carlo Rognoni, il consulente per il digitale terrestre Stefano Cuppi, un dirigente AGCOM e un giornalista di Rai International.

La squadra potrebbe presto accogliere altri specialisti, come ad esempio i docenti Michele Sorice (Luiss) e Fausto Colombo (della Cattolica).

Rai

Sul tavolo il progetto della Rai del futuro. Prima di tutto un solo canale con la pubblicità (forse Rai 1) e poi una forma di sostentamento finanziario per gli altri basato su canone e contributo di Stato. La Legge Gasparri andrà riformata poiché oggi sulla TV pubblica non si possono programmare spot pubblicitari per più del 12% ogni ora. L'idea è di portare questa soglia (sempre e solo per Rai 1) al 18%. Dopodiché Renzi vorrebbe introdurre a ottobre un canone variabile in relazione alla capacità di spesa delle famiglie.

I nove saggi sostengono che l'anima della Rai sia stata in qualche modo traviata dal gigantesco afflusso di capitali che oggi raggiunge i 2 miliardi di euro – in linea con le cugine tedesche, francesi e inglesi. I ricavi provengono per il 42% dall'ambito commerciale e per il 34% dalla pubblicità. Basterebbe intervenire su questo fronte per far distinguere nuovamente il suo palinsesto da quello delle TV private.

SIC

Si parla insomma di ridiscutere la legge Gasparri e intervenire anche sul paniere del SIC (Sistema Integrato delle Comunicazioni) che stabilisce una soglia limite del 20% per ogni operatore media. Il problema non è la share bensì il fatto che il "paniere" è smisurato e comprende di tutto. Basterebbe anche solo eliminare sponsorizzazioni, che pesano per 1 miliardo di euro, e le iniziative di comunicazione che valgono 620 milioni di euro.

Rai 2 ed eventualmente Rai 3 non più vincolate da parametri di audience potrebbero sperimentare di più, puntare sui giovani ed emergenti, fare cultura, insomma ritornare alle origini. Quando gli sceneggiati erano un momento di intrattenimento e formazione, i reportage diventavano cult e grandi intellettuali erano coinvolti in ogni progetto.

Il sottosegretario Giacomelli punta a redigere un documento di sintesi che verrà divulgato entro l'estate. Sarà oggetto di consultazione pubblica online, quindi della possibilità di raccogliere le opinioni di tutti, anche della cittadinanza. Fondamentali anche le opinioni raccolte durante gli Stati generali dell'editoria (a luglio) e il convegno sui servizi pubblici europei (a settembre).

Dopodiché per la fine dell'anno dovrebbe prendere forma un disegno di legge con tutte le novità.