TRAPPIST-1 non finisce di stupire, nel bene e nel male. È di alcuni giorni fa la pubblicazione di una breve animazione costituita da una serie di immagini da 11x11 pixel della stella nana (sotto), ottenute per mezzo del telescopio spaziale Kepler, mentre viene oscurata dal transito di uno dei pianeti del sistema.
L'effetto non è visibile ad occhio nudo, ma dà un'idea di come sia complicato il lavoro degli astronomi, che tentano di rilevare da dati come quelli presentati nell'immagine una piccolissima variazione della luminosità, che può essere dovuta alla presenza di pianeti, come appunto si è verificato nel caso di TRAPPIST-1.
Ovviamente questo sistema è al momento oggetto di grande attenzione da parte degli scienziati, che stanno cercando di sviscerare quanti più segreti possibili riguardo i suoi pianeti. È il caso ad esempio di uno studio effettuato da un gruppo di astronomi dell'Università di Ginevra, che hanno analizzato l'emissione della stella nana rossa, per stimare la possibile età del sistema, oltre allo stato delle atmosfere dei vari pianeti.
Sappiamo infatti che le nane rosse sono stelle estremamente attive, caratterizzate da forti emissioni di radiazione X, intensa attività magnetica e colossali brillamenti (violente eruzioni di materia dalla fotosfera dell'astro). Tutti questi fenomeni possono generare serie ripercussioni sulle atmosfere dei pianeti, specialmente quelli più interni (e c'è da tener presente che i pianeti di TRAPPIST-1 sono tutti molto vicini alla stella). Un fenomeno di questo tipo è stato osservato di recente, ad esempio, nel caso del pianeta Earth-like attorno a Proxima Centauri. Ovviamente questo causerebbe anche la probabile perdita dell'acqua, ove presente, in superficie.
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Tuttavia, gli astronomi si sono resi conto che TRAPPIST-1 presenta una marcata emissione nell'X, caratteristica tipica delle nane rosse più giovani. Si è potuta stimare pertanto un'età approssimativa non superiore ai 500 milioni di anni. Considerando che per privare un pianeta come la Terra della sua atmosfera occorrerebbero tra l'uno e i tre miliardi di anni, nel caso delle due orbite più interne, e tra i 5 e i 22 miliardi di anni per il resto dei pianeti del sistema, siamo di fronte alla concreta possibilità che atmosfera e acqua possano ancora essere presenti.
Tra l'altro occorre considerare la concreta ipotesi che i pianeti in questione siano stati soggetti alla cosiddetta migrazione planetaria, ovvero formatisi più esternamente e solo successivamente spostatisi verso l'interno del sistema. Le cause di questo fenomeno possono essere molteplici, ma dai modelli più recenti si è compreso che si tratterebbe di un evento abbastanza comune, in quanto i modelli più accreditati riguardo la formazione planetaria non consentirebbero la loro nascita su orbite troppo prossime alla stella madre. Chiaramente, un processo del genere potrebbe aver ulteriormente salvaguardato le atmosfere, rallentando il processo.
La conclusione è che in qualche modo, ci sarebbe ancora speranza per TRAPPIST-1.
Un altro studio estremamente interessante, pubblicato recentemente su arXiv, pone l'accento sul pianeta h del sistema (al di fuori della zona abitabile), finora poco attenzionato. Il modello sviluppato dagli astronomi delinea un corpo di circa 0.7 volte il raggio della Terra, con una temperatura di 169 K. Questo significa che il pianeta si troverebbe al di sotto della linea della neve, ovvero quella distanza tale dalla stella per cui i composti dell'idrogeno, tra cui anche l'acqua, solidificano. In altre parole, teoricamente il pianeta h potrebbe ospitare un oceano ghiacciato. Ciò ovviamente non esclude la possibilità che sotto alla superficie possa trovarsi acqua liquida.
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Quello che risulta forse ancora più interessante è la seconda parte dello studio che, in contrasto con il lavoro cui abbiamo accennato in precedenza, stima per TRAPPIST-1 un'età ben maggiore, compresa tra i 3 e gli 8 miliardi di anni. Queste stime sono state effettuate a partire dall'analisi della frequenza dei brillamenti dell'astro, che risulta essere tipica di una stella nana di classe M di media età. Ovviamente le conseguenze di una stima del genere, se confermata, sono quelle che potete immaginare: i pianeti del sistema, o quantomeno quelli più interni, risulterebbero pressoché inabitabili.
In definitiva, questi due studi ci fanno capire come l'incertezza su TRAPPIST-1, e su molti sistemi simili, sia ancora grande, e i dati spesso contrastanti. Certo è che stiamo spingendo al massimo una tecnologia che non è più sufficiente e molto probabilmente risposte più precise e definitive si avranno con la nuova generazione di strumenti in arrivo.
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Per il momento possiamo solo continuare a lavorare, tentando di fare il meglio possibile con quello che abbiamo, e che forse è già tantissimo se pensiamo ai risultati ottenuti in poco più di vent'anni, da quando cioè è partita l'avventura dello studio degli esopianeti.
Senz'altro TRAPPIST-1, e molti altri sistemi come questo, continueranno a riservarci innumerevoli sorprese.
Antonio D'Isanto è dottorando in astronomia presso l'Heidelberg Institute for Theoretical Studies in Germania. La sua attività di ricerca si basa sulla cosiddetta astroinformatica, ovvero l'applicazione di tecnologie e metodologie informatiche per la risoluzione di problemi complessi nel campo della ricerca astrofisica. Si occupa inoltre di reti neurali, deep learning e tecnologie di intelligenza artificiale ed ha un forte interesse per la divulgazione scientifica. Da sempre appassionato di sport, è cintura nera 2°dan di Taekwondo, oltre che di lettura, cinema e tecnologia. Siamo felici di annunciarvi che collabora con Tom's Hardware per la produzione di contenuti scientifici.