Trump tra censura online, scienza e politica

Scienziati e attivisti ambientali statunitensi si stanno organizzando per una Scientists March, dopo che il Presidente Trump ha chiesto all'EPA di eliminare dal proprio sito i dati sul riscaldamento globale, non in linea con la politica industriale che è intenzionato a seguire.

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a cura di Alessandro Crea

Quanto in là ci si può spingere per favorire determinati interessi politici? Il neo Presidente degli Stati Uniti lo sta per scoprire. Donald Trump infatti vuole che l'EPA (Environmental Protection Agency) rimuova dalla sua home page la sezione dedicata al riscaldamento globale e ai cambiamenti climatici. Come reazione a questa notizia, la comunità scientifica e gli attivisti ambientali statunitensi si stanno organizzando per una "Scientists March".

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A diffondere l'allarme sono stati due dipendenti dell'EPA, le cui testimonianze sono state raccolte ieri dall'agenzia stampa Reuters. Sui social network, in special modo su Twitter, la cosa ha avuto una grandissima eco e le iniziative per organizzare proteste e manifestazioni si sono moltiplicate velocemente, assieme agli insulti. Al momento in cui scriviamo, la sezione sui cambiamenti climatici del sito ufficiale dell'EPA è ancora al suo posto, ma il problema è un altro.

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Le idee di Trump su ambiente e sviluppo industriale sono chiare sin dalla campagna elettorale, e sono state ribadite di recente anche nell'incontro con i produttori automobilistici a stelle e strisce e nelle dichiarazioni sulla volontà di eliminare il Climate Action Plan, ‎un corpus legislativo fondamentale per combattere il riscaldamento globale antropogenico. Noi non vogliamo entrare nel merito politico delle scelte economiche e industriali che Donald Trump e il suo Governo vogliono perseguire, ma in tempi di post-verità la censura, per di più non su opinioni soggettive ma su fatti scientifici oggettivi, ci inquieta.

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La richiesta rivolta all'EPA inoltre rientra in una strategia ben più ampia nei confronti dei media che il nuovo Governo sta mettendo in atto nell'intenzione di frenare la diffusione di posizioni critiche nei confronti delle proprie scelte politiche. Per diversi motivi infatti a moltissimi enti governativi è stato di fatto imposto il silenzio sui social.

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La domanda che dovremmo porci come utilizzatori del Web e come cittadini, anche se non statunitensi, è questa: è giusto e lecito che il potere politico silenzi o censuri parti significative dell'informazione perché contrarie alle proprie politiche? Nascondere i dati non equivale in qualche modo a manipolare l'opinione pubblica?

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La forza del Web è sempre stata quella di offrirsi come luogo della discussione per eccellenza. Il sapere del resto - l'abbiamo sempre detto - è un processo sociale che si costruisce proprio attraverso il confronto critico tra fonti eterogenee. Il confine tra bufala (o post-verità come va ora di moda chiamarle) e fatto è sottile e solo il dialogo può aiutarci a dividere il vero dal falso. Censurare, silenziare, cancellare, omettere sono dunque pratiche contrarie non solo al Web ma alla conoscenza e al sapere, anche se perpetrate da un governo democraticamente eletto.