UE ama Linux? No, avete capito male

Il Commissario Europeo per la competizione parla all'OpenForum Europe e la stampa ne approfitta

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a cura di Dario D'Elia

L’Europa tifa per l’open source. L'UE sposa l'Open Source e gela Microsoft. Schiaffo a Microsoft, l'Ue sceglie l'open source. Questi sono una serie di titoli che sono comparsi su importanti testate italiane a seguito delle dichiarazioni di Neelie Kroes, Commissario Europeo per la competizione, durante una conferenza dell'OpenForum Europe. Ebbene, approfondendo un minimo – quindi leggendo interamente il suo intervento – si scopre che la visione della signora è nettamente più equilibrata rispetto quanto si voglia far credere.

Al solito tutti amano cavalcare il sentimento anti-Microsoft, e sostenere la causa open-source. C'è di mezzo un che di romantico e tutti gli archetipi della Narrativa epica: il bene contro il male, il debole contro il forte, gli interessi della comunità contro quelli del singolo, la cupidigia, etc.

Ritorniamo però alle affermazioni della Kroes. "Una politica credibile sulla concorrenza richiede il rispetto delle relative Leggi…Ma una politica adeguata non riguarda solo i singoli casi (di cartello, fusione e abuso di posizione dominante). Si tratta di realizzare le condizioni che permettano alle imprese di fornire ai consumatori i migliori beni e servizi. Quindi bisogna informare di più di quanto facciano i singoli casi", ha dichiarato inizialmente.

E comunque resta il fatto che la questione non può prescindere a suo parere dal "perseguimento legale, la sensibilizzazione e specifiche iniziative politiche della Commissione o dei Governi Nazionali".

Quando la Commissione, infatti, ha rilevato problemi di competizione li ha affrontati di petto: il caso Microsoft è certamente emblematico. In qualità di "controllore", Kroes, ha però sottolineato che l'intervento può avvenire solo là dove si concretizza una violazione: insomma il mercato rimane il regolatore ultimo delle questioni.

Se da una parte gli standard non-proprietari portano in seno numerosi vantaggi, come ad esempio la mancanza di royalty e altri aspetti, quelli proprietari "sono vitali per ripagare gli investimenti in Ricerca&Sviluppo e in innovazione che in altro modo non sarebbero possibili". "Il sistema dei brevetti è un fondamentale meccanismo per creare incentivi per l'innovazione, nonché premio per l'innovazione di successo", ha sottolineato il Commissario. "La tecnologia proprietaria, ad esempio, è la base del successo europeo nel campo delle tecnologie mobili di seconda e terza generazione. La protezione della proprietà intellettuale in ambito tecnologico sarà sempre necessaria per dare la giusta ricompensa per gli investimenti in Ricerca&Sviluppo. Vi sarà sempre un posto importante per la tecnologia proprietaria e gli standard proprietari di riferimento".

Di fatto la visione di Kroes è chiara e realistica, senza alcun vincolo ideologico. Lungimirante quando afferma che "dove le informazioni di interoperabilità sono protette come un segreto commerciale, esiste una verità nel dire che l'informazione ha valore proprio perché segreta, piuttosto che segreta perché di valore".

Ecco quindi il tema del processo di innovazione potenzialmente castrato. Per fare meglio quindi Kroes sostiene che l'approccio agli standard dovrebbe essere basato su "prove, valore economico ed esperienza". Il resto sono solo scelte semplicistiche ingiustificate. In pratica bisognerebbe standardizzare solo quando vi sono benefici dimostrabili, affidarsi alle soluzioni "proprietarie" solo quando si può realmente giustificarne la scelta e fare in modo che gli accordi di standardizzazione si basino sul valore delle tecnologie coinvolte.

Insomma, ridare valore ad uno standard vuol dire ridimensionare i rischi di formazione di trust. Anche la proprietà intellettuale andrebbe valutata più attentamente: ha senso quando è in grado comprovare reale innovazione.

"Alla fine comunque, se gli standard sono il prodotto di una scelta dei consumatori, non dovremmo fare nulla", ha ribadito il Commissario. "… spesso è saggio resistere all'impulso di legiferare. Se una tecnologia proprietaria inizialmente sembra danneggiare i consumatori più di quanto li possa aiutare, spesso il mercato individua un modo per il risolvere il problema".