Un anno senza Internet può trasformarci in persone migliori

È finito l'esperimento di Paul Miller, giornalista in ambito hi-tech che ha passato un anno senza Rete. Un'esperienza che lo ha portato a cambiare prospettiva su molte cose, ma sopratutto a capire che l'origine dei problemi è quasi sempre dentro di noi.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Paul Miller è rimasto un anno senza Internet. Il giornalista di The Verge si era imbarcato in questo esperimento per motivi personali: credeva che l'essere sempre connesso, per lavoro e per se stesso, danneggiasse la sua vita o lo degradasse come essere umano. Doveva essere una scelta personale, ma il suo editore ci vide l'occasione per una serie di articoli sull'esperienza.

All'inizio Miller ha trovato quello che cercava. Si può ancora fare quasi tutto offline senza particolari problemi, dal muoversi in una città al leggere le ultime notizie; e senza email, né smartphone né Web c'è tempo per leggere interi romanzi, per fermarsi ad annusare i fiori (letteralmente), per partecipare a conferenze teoriche e scrivere parte di un romanzo.

"Sembrava, in quei primi mesi, che la mia ipotesi fosse corretta. Internet mi aveva allontanato dal vero me stesso, dal Paul migliore. Avevo staccato la spina e trovato la luce", ha scritto Miller nel suo articolo conclusivo. C'è stato anche il contatto con alcuni lettori di The Verge, tramite rapporti epistolari tradizionali. E così ha scoperto che "una dozzina di lettere alla settimana può sopraffarti quanto un centinaio di mail al giorno".

Una scoperta che in un certo senso ha rappresentato il giro di boa in questa singolare regata: dentro o fuori dalla Rete, non si fugge da sé stessi. Ma si può fare molto per migliorarsi, se si trova lo stimolo giusto. "Ed è così che è andata per molti aspetti della mia vita. Per leggere un buon libro devi essere motivato, che ci sia Internet oppure no. Uscire di casa per vedere gli amici richiede lo stesso coraggio che mi ci è sempre voluto" racconta infatti Miller. Dopo i primi mesi di entusiasmo e di positività, in altre parole, sono riemersi i vizi e le vecchie abitudini, anche offline.  

Miller ha inoltre capito che le persone ormai sono tutte online, e che usare le tecnologie non ci rende affatto meno umani. La realtà dei fatti, in altre parole, è che non esistono due linee parallele per vita virtuale e reale: la realtà è in tutto ciò che facciamo, e in ogni cosa c'è almeno qualcosa di virtuale - o fittizio. 

Un anno senza Internet ha reso Miller una persona migliore? Sì, senza dubbio; è chiaro da come descrive i rapporti personali con la sorella, secondo la quale lui è diventato "meno stronzo" semplicemente perché più capace di ascoltare e dare attenzione senza distrarsi.

Ma per un rapporto personale che migliora, ce n'è uno che rischia di affondare. Quello con la nipotina di cinque anni, convinta che lo zio non parlasse più con lei tramite Skype semplicemente perché non voleva farlo. Sentirsi rispondere così da un bambino è sufficiente a mettere in crisi chiunque abbia ancora un minimo di salute emotiva.

In conclusione, l'esperimento di Paul Miller non è servito a dimostrare che Internet faccia male o il contrario. Perché sarebbe un corollario indimostrabile: la Rete non è connotata per sua natura. Siamo noi, con i nostri comportamenti e le nostre preferenze, a determinare il bene e il male delle nostre vite; siamo noi a poter cambiare, se lo vogliamo, e "staccare la spina" può senz'altro essere un modo.

Ciò che ha fatto il giornalista, in un certo senso, è quel viaggio interiore alla ricerca di sé stessi su cui si sono scritti fiumi di parole. Una cosa che negli anni passati ha portato persone in Tibet o sulle Ande, a isolarsi in monasteri o a sfidare la furia del mare; in un certo senso anche il termine "turismo" significa viaggiare per migliorare sé stessi. Allontanarsi, per tornare con una più grande consapevolezza di sé e di tutti noi: non funziona sempre, ma vale la pena provare. Come sembra volere fare Paul Miller.

"Quando tornerò a Internet, forse non la userò bene. Potrei perdere tempo, distrarmi, cliccare su tutti i link sbaligati. Non avrò così tanto tempo per leggere, darmi all'introspezione o scrivere il grande romanzo fantascientifico americano. Ma almeno sarò connesso".