La finanziaria del 2018 introdurrà la Web Tax, almeno stando alle promesse del Governo Gentiloni. "Sulla Web tax il clima è cambiato", ha dichiarato recentemente in audizione al Parlamento il Ministro Pier Carlo Padoan.
La sensazione è che l'ultimo vertice dei ministri finanziari a Tallin abbia sbloccato gli ingranaggi. E domani in Lussemburgo il confronto fra i vari paesi proseguirà, forte del sostegno di Italia, Francia, Germania, Spagna e quasi tutti gli altri.

In pratica tutte le parti in causa stanno lavorando per una norma comunitaria condivisa e su regolamenti nazionali che possano anticiparne i presupposti. In Italia si è scelta la via parlamentare invece che inserire novità nel decreto fiscale della prossima settimana oppure una legge di governo ad hoc.
Leggi anche: Ministri UE: tassiamo i ricavi dei colossi USA!
Le ipotesi comunque sono due. Una versione "leggera" che prevederebbe un'aliquota dell'8% applicata a tutti i colossi hi-tech senza stabile organizzazione in Italia.
Oppure una versione più complessa per coloro che ammettono di avere stabile organizzazione e di conseguenza dovrebbero pagare l'IVA standard. Il problema in questo caso è che potrebbe violare il principio di equità e potrebbe profilarsi persino come anti-costituzionale. Alcuni osservatori fanno notare che se Google ha accettato di pagare le imposte non versate, perché dovrebbe essere consentita un'eccezione per gli altri?
Il dettaglio chiave è che in mancanza di una norma comunitaria gli specialisti legali e fiscali dei colossi statunitensi hanno il potere e la capacità di tenere sotto scacco i Governi. Le vittorie registrate in Europa contro Google e gli altri fino a ora sono sempre state frutto di accordi. A dar spallate (da soli) ci si può far del male.