Wind come Vodafone sulle tariffe di terminazione

Romano Righetti, vice direttore generale di Wind, condivide la posizione di Vodafone: non è il caso di accelerare sulla riduzione delle tariffe di terminazione mobile. L'Italia vanta tariffe mobili concorrenziali, anche se quelle di terminazione sono alte.

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a cura di Dario D'Elia

Wind ha deciso di prendere posizione nel dibattito sulle tariffe di terminazione mobile: di fatto condivide la stessa visione di Vodafone e quindi è contraria a tagli affrettati. Romano Righetti, vice direttore generale di Wind, ha pubblicato per l'occasione una lettera esaustiva su Milano Finanza.

"I prezzi al pubblico della telefonia mobile sono tra i più bassi d'Europa, come anche constatato sia dal presidente Calabrò sia dal regolatore britannico Ofcom [...] gli attuali livelli di terminazione in Italia sono, ma solo moderatamente, più alti della media europea", scrive Righetti.

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"I prezzi al pubblico della telefonia fissa in Italia non si collocano in un contesto europeo ai medesimi livelli di convenienza rispetto ai mobili. In materia di definizione dei prezzi retail del traffico fisso verso mobile l'eliminazione, per via regolamentare, di automatismi di riduzione dei predetti prezzi in coincidenza con riduzioni della terminazione mobile, ha prodotto un effetto vizioso e non virtuoso non tanto sulla creazione quanto sulla distribuzione del dividendo ai consumatori: il sensibile calo delle tariffe di terminazione mobile avvenuto, ad esempio, lo scorso luglio non ha prodotto alcun ritocco dei prezzi delle chiamate fisso/mobile". 

In pratica l'alto dirigente Wind sostiene che l'Italia gode di piani tariffari competitivi (fra i più bassi d'Europa) anche se le tariffe di terminazione sono effettivamente più alte. Perché alterare questo equilibrio con un'imposizione esterna? 

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"Inoltre l'asta delle frequenze radiomobili si è conclusa il 30 settembre con esiti a tutti noti ed è un fatto che ciascun operatore debba aggiungere al rilevante esborso dell'offerta presentata in asta un altrettanto rilevante uscita in termini di investimenti da realizzare", aggiunge Righetti. 

Insomma, gli effetti collaterali sulle impresse sarebbero devastanti, a suo parere. "Le stime indicano un impatto negativo sugli operatori mobili derivante dallo schema di nuova decisione proposto da AGCOM nell'ordine di svariate centinaia di milioni, pur anche soltanto per i primi 18 mesi di sua vigenza, sia in termini di ricavi sia di margini", continua il vice direttore generale. 

"In termini economico-finanziari questa decisione, se presa, può privare l'industria mobile di flussi di cassa significativi in coincidenza con interventi che, al contrario, assorbono e assorbiranno cassa in modo oneroso e impegnativo negli stessi 18 mesi. L'intero settore mobile è già fortemente indebitato e, anche considerando l'attuale situazione macroeconomica, sia l'attuale debito sia il nuovo debito potenzialmente generato dalla predetta riduzione dei flussi di cassa operativa, producono un volume di costi che non è destinato a generare all'interno del settore stesso percorsi di sviluppo, dal momento che sarebbe integralmente destinato al sistema finanziario". 

Questa settimana probabilmente l'AGCOM si esprimerà sulle tariffe. La sensazione è che ribadirà il piano di riduzione precedente, già contestato dall'Unione Europea. In ogni caso per l'intero settore sarà interessante scoprire se sul mercato italiano sia più forte l'azione di lobbying degli operatori mobili o quella dei provider. Telecom Italia per un volta sembra fuori da giochi: tra i suoi servizi residenziali e quelli mobili è una sorta di partita di giro.