Trasformare la plastica in carburante potrebbe essere una degna risposta all'inquinamento globale. La Chinese Academy of Sciences ha pubblicato su Science un progetto di ricerca che lascia ben sperare e che sembra risolvere (quasi) tutti i problemi legati al processo di conversione.
Oggi il polietilene – usato per realizzare bottiglie, contenitori e anche le guaine dei cavi – una volta recuperato viene posto in fornaci, bruciato ad alte temperature e reimpiegato per realizzare altre plastiche. Insomma, la procedura richiede l'impiego di grandi quantità di energia, inquina e non risolve il problema alla radice.
Il chimico Zheng Huang e il suo staff hanno scoperto che le molecole organiche di una serie di microbi abbinate a Iridio – una sorta di catalizzatore organometallico - se portate a temperature di 150° con il polietilene possono accelerare un processo di degradazione senza precedenti. Si ottiene così un liquido che può consentire la creazione di diesel e derivati.
I vantaggi sono che le richieste energetiche per il processo sono ridotte e non ci sono effetti collaterali per l'ambiente. L'unica grande sfida ancora irrisolta è legata all'efficienza. Il rapporto è ancora di 30 a 1, quando l'obiettivo "commerciale" è di 10mila o 1 milione a uno.
"I nostri prodotti sono molto più puliti rispetto a quelli ottenuti dai metodi di combustione tradizionali", ha dichiarato Huang. "Pensiamo che il potenziale futuro sia lì – ovvero migliorare l'efficienza e ridurre i costi dell'Iridio. Speriamo molto presto di poter scalare il processo dal grammo di laboratorio al chilo o anche tonnellata".