Qualche giorno fa ero al The Bologna Gathering, un evento dove ho conosciuto molte persone incredibili. Tra loro c’era anche Antonella Rubicco, che mi ha raccontato di A3Cube. Forse non l’avete mai sentita, ma il loro lavoro - in particolare quello del fondatore Emilio Billi - ha contribuito a molti progetti cruciali. Non ultimo lo sviluppo delle interconnessioni più avanzate tra cui quella del processore di AMD EPYC. È una vicenda che illustra il percorso di un'idea tecnologica controcorrente, nata in un garage in provincia di Novara e approdata nella Silicon Valley. La storia che mi ha raccontato Antonella è esemplare: un’idea brillante, un’esecuzione pregevole, e una porta in faccia da un burocrate che non si è preso il disturbo di capire cos’aveva davanti. E se anche lo avesse capito, forse non avrebbe potuto farci proprio nulla.
Un'idea controcorrente: il supercomputer con hardware standard
Tutto inizia nel 1996 da un'intuizione di Emilio Billi, allora studente di ingegneria nucleare. "Secondo te è possibile costruire un supercomputer con hardware standard?" chiese ad Antonella. L'obiettivo era rendere accessibile la potenza di calcolo, allora confinata in macchine molto costose, anche ai piccoli gruppi di ricerca, da cui, secondo la loro visione, "normalmente le innovazioni arrivano".
“Secondo te è possibile costruire un supercomputer con hardware standard?”
Per nove anni, in un garage, studiano e sperimentano. “Abbiamo studiato tantissimo”, ricorda Rubicco. Assemblano prototipi utilizzando componenti non convenzionali, come una pompa Thomas per applicazioni medicali per il sistema di raffreddamento. Nel 2005, secondo il racconto della fondatrice, accendono il loro primo sistema, con cui viene elaborata "la foto più grande del mondo" entrata nel guinness dei primati 2006 Il loro focus si sposta progressivamente sul sistema di interconnessione, fino a sviluppare una tecnologia proprietaria basata su PCIe, che prese il nome di Ronniee Express
La tecnologia di A3Cube: dal calcolo ai dati
Mentre il mercato si orientava sui cluster tradizionali, A3Cube identifica il vero collo di bottiglia non più nella potenza di calcolo, ma nella velocità di accesso ai dati. L'azienda si specializza quindi nello sviluppo di soluzioni che combinano hardware e software per accelerare l'accesso ai dati in applicazioni ad alta intensità come intelligenza artificiale e machine learning.
A3Cube identifica il vero collo di bottiglia non più nella potenza di calcolo, ma nella velocità di accesso ai dati.
La loro architettura, a differenza dei sistemi tradizionali, utilizza un approccio con accelerazione hardware. Le schede di interconnessione proprietarie sono progettate per estendere il bus PCIe della CPU all’intero cluster, consentendo ai nodi di comunicare tramite accesso diretto alla memoria (RDMA) minimizzando le latenze del sistema operativo. Secondo l'azienda, questo approccio permette di ottenere prestazioni fino a 100 volte superiori rispetto agli approcci commerciali esistenti per la comunicazione tra cluster. Il risultato è un sistema che permette di eseguire analisi su dataset enormi direttamente in-memory, riducendo drasticamente i tempi di elaborazione.
Un modello di business molto specifico
A3Cube, fondata ufficialmente nel 2012 a San Jose, non ha seguito il classico percorso della startup finanziata da round di venture capital. Il suo modello di business si è basato sulla fornitura di soluzioni custom e consulenze ad alto valore aggiunto. L'azienda opera come un "sarto tecnologico", progettando sistemi su misura per clienti con esigenze complesse, spesso grandi aziende o enti governativi.
L'offerta include sistemi completi come la piattaforma Grifo, un supercomputer "single-node" che, secondo le specifiche dell'azienda, può aggregare fino a 128 GPU NVIDIA sotto un unico sistema operativo offrendo una notevole potenza di calcolo con costi, spazi e consumi energetici ridotti rispetto a una piattaforma cluster tradizionale,. Questo modello di business, basato su alta specializzazione e margini elevati, ha permesso all'azienda di crescere e competere in una nicchia di mercato molto esigente.
Lo scontro con l'ecosistema italiano
Nonostante i primi riscontri positivi e clienti negli Stati Uniti, i fondatori, come sottolinea Rubicco, insistono per rimanere in Italia fino alla fine del 2011. Un episodio, in particolare, segna un punto di svolta nella loro percezione. Dopo aver organizzato un evento di successo che attira l'attenzione di un polo di investimento del Nord Italia, si sottopongono a una valutazione tecnica da parte di un ente istituzionale.
Quella che i fondatori percepirono come una superficiale stroncatura divenne il punto di non ritorno.
Antonella Rubicco ricorda ancora lo sconcerto nel sentirsi dire che, secondo i valutatori, la tecnologia "non avrebbe mai potuto funzionare". Quella che i fondatori percepirono come una superficiale stroncatura, apparentemente basata su un'analisi parziale della documentazione, divenne il punto di non ritorno. "Lo spieghi al mio cliente ad Austin, che sono quattro mesi che la usa per un progetto militare", fu la sua replica, mi ha raccontato.
"Lo spieghi al mio cliente ad Austin, che sono quattro mesi che la usa per un progetto militare".
E fu così che A3Cube fu fondata a San Francisco, nel 2012. Un’altra delle molte idee di successo che non hanno trovato terreno fertile nel nostro paese.
Il successo americano e il ritorno
Negli Stati Uniti, dal punto di vista dei fondatori, l'approccio cambia radicalmente. La domanda principale non è più sul fatturato, ma sulla soluzione tecnologica. “Quando l'Istituto Aerospaziale ci ha contattato ... avevano letto un articolo, e il loro portavoce ci ha detto voglio provare i vostri sistemi, li ha provati e ci ha mandato l'ordine. Nessuno ci ha chiesto chi fossimo, quanti fossimo, chi ci mandava ... . Avete la soluzione? Sì? Va bene, basta”.
La competenza tecnica del co-fondatore Emilio Billi viene consolidata da collaborazioni di alto profilo, tra cui spicca la stesura di un influente white paper per Xilinx (oggi parte di AMD),che ho potuto visionare per la stesura di questo articolo. Un documento che, secondo molti, aiuò Xilinx a "raddrizzare il tiro" sulle strategie tecnologiche. In qualche modo, Billi ha contribuito a rendere AMD ciò che è oggi. Quel documento validò definitivamente l'approccio di A3Cube ai massimi livelli, permettendo all’azienda di guadagnarsi la fiducia di un colosso tecnologico e aprendo le porte a collaborazioni ancora più strette.
Oggi, la storia si avvia a un nuovo, significativo capitolo. Emilio Billi è tornato e ha costituito una nuova startup innovativa in Italia: Billi Innovation (spoiler, non abituatevi a questo nome). L’imprenditore si lascia alle spalle A3Cube ma ancora voglia di innovare e di fare tecnologia avanzata.
Insieme ad Antonella Rubicco, ripartono dall’Italia, da Milano. Una scommessa che pochi farebbero.
"Lui è convinto che comunque in Europa si possa creare l'alternativa", mi racconta Antonella. La missione della nuova azienda, come si legge sul suo sito ufficiale, è quella di sviluppare il "primo Data Fabric europeo", un'infrastruttura per unificare e gestire dati complessi, con un focus sull'intelligenza artificiale. La sua vicenda, da fuga a ritorno, diventa così un esempio emblematico di come un'idea, pur scontrandosi con le difficoltà dell'ecosistema locale, possa trovare la sua strada e, infine, scegliere di tornare per contribuire a cambiarlo/realizzare con un progetto tangibile e ambizioso.