La dipendenza tecnologica dell'Europa dai colossi digitali statunitensi ha raggiunto un punto di non ritorno. Circa il 72% della spesa cloud europea finisce nelle casse di AWS, Microsoft e Google, mentre si stima che il 92% dei dati del mondo occidentale risieda fisicamente negli Stati Uniti. Il nodo cruciale della questione non riguarda semplicemente dove vengono archiviati i dati, ma chi ha effettivamente il potere di accedervi. La residenza dei dati - ovvero la loro collocazione geografica in data center europei - rappresenta solo un primo livello di protezione, del tutto insufficiente di fronte alle normative extraterritoriali americane. Il Cloud Act e la Sezione 702 del FISA conferiscono alle autorità statunitensi il diritto di richiedere l'accesso ai dati gestiti da aziende americane, indipendentemente dalla localizzazione fisica dei server.
Una conferma di questa vulnerabilità è arrivata direttamente dal vertice di Microsoft. Durante un'audizione al Senato francese, il direttore legale dell'azienda di Redmond ha dovuto ammettere sotto giuramento l'impossibilità di garantire la protezione dei dati europei dall'accesso delle autorità americane. Questa dichiarazione ha trasformato i timori teorici in certezze concrete, evidenziando come la semplice presenza di server sul territorio europeo non offra alcuna garanzia giuridica reale.
La distinzione tra residenza e sovranità diventa quindi centrale per comprendere il futuro del cloud computing europeo. La vera sovranità digitale si realizza solo quando dati e infrastrutture sono completamente liberi dal controllo di giurisdizioni esterne, gestiti da entità e personale nazionale, e protetti da accessi governativi stranieri. Non basta quindi avere i server a Milano o Francoforte: serve un ecosistema completamente autonomo dal punto di vista legale, operativo e tecnologico.
La risposta del mercato a questa esigenza si sta manifestando con forza. Le previsioni indicano che la spesa globale per soluzioni di cloud sovrano raggiungerà quasi 260 miliardi di dollari entro il 2027, trainata dalla necessità di conformarsi a normative sempre più stringenti e di proteggersi da richieste extraterritoriali di accesso ai dati. Questo trend rappresenta un'opportunità strategica per i fornitori europei, che nonostante abbiano aumentato i ricavi in termini assoluti, hanno visto la loro quota di mercato erodersi progressivamente a favore dei giganti americani.
Durante un recente briefing con i media, Broadcom ha lanciato l'allarme attraverso Martin Hosken, Field CTO per i Cloud Partners, delineando una strategia per invertire questa tendenza attraverso il concetto di Cloud Sovrano. La piattaforma VMware Cloud Foundation rappresenta la proposta tecnologica di Broadcom per abilitare questo cambio di paradigma. L'architettura si basa su principi rigorosi che vanno oltre la semplice localizzazione geografica. Tutti i dati e i metadati devono rimanere sotto giurisdizione nazionale, soggetti esclusivamente alle leggi locali sulla protezione dei dati. Il controllo operativo deve essere esercitato da entità legali incorporate nel paese sovrano, prive di legami societari che potrebbero esporle a influenze esterne, e gestite esclusivamente da personale con adeguate autorizzazioni di sicurezza nazionali.
Dal punto di vista tecnico, la sicurezza si articola attraverso meccanismi avanzati di crittografia e gestione delle chiavi. Un aspetto fondamentale riguarda il controllo esclusivo delle chiavi di crittografia da parte del cliente o del partner locale, garantendo che nemmeno il fornitore della tecnologia possa decifrare i dati. L'architettura prevede inoltre operazioni distribuite su almeno due data center nazionali per garantire resilienza, mentre la piena reversibilità permette la migrazione dei carichi di lavoro senza il rischio di vendor lock-in, problema tipico degli ambienti cloud pubblici globali.
L'applicazione di questi principi si estende anche al settore emergente dell'intelligenza artificiale, dove le preoccupazioni sulla sovranità diventano ancora più pressanti. L'AI Act europeo e le crescenti sensibilità sulla privacy richiedono infrastrutture che permettano di sfruttare l'IA senza cedere dati proprietari per l'addestramento di modelli pubblici globali. La visione di "Private AI" promossa da Broadcom consente alle organizzazioni di mantenere il controllo giurisdizionale completo, evitando violazioni del copyright e garantendo che l'innovazione non comprometta la sovranità nazionale.
La piattaforma VCF integra anche funzionalità avanzate di conformità normativa, trasformando obblighi complessi come GDPR, NIS 2 e DORA in vantaggi competitivi gestibili attraverso dashboard automatizzate. L'approccio "Zero Trust" con segmentazione logica della rete e isolamento degli spazi offre protezione avanzata contro minacce come il ransomware, mentre i controlli integrati garantiscono una conformità continua e verificabile.
Attraverso una rete di oltre 70 fornitori di cloud sovrano VMware a livello mondiale, Broadcom sta costruendo un ecosistema che permette alle aziende e agli enti governativi europei di riprendere il controllo del proprio destino digitale. Non si tratta più di una scelta tra innovazione e sicurezza, ma di un modello che integra entrambe le dimensioni rispettando i valori e le leggi europee. La sovranità digitale diventa così non solo un imperativo geopolitico, ma anche un asset strategico per stimolare l'economia nazionale, sviluppare competenze locali e trattare i dati come risorsa essenziale per la crescita in un contesto di crescenti tensioni internazionali.