In tutto il mondo molti sviluppatori si trovano intrappolati in una spirale di stress e sovraccarico lavorativo che sta raggiungendo livelli preoccupanti. È il fenomeno del burnout, che sta assumendo nuove dimensioni con l'avvento dell'intelligenza artificiale, che paradossalmente anziché alleviare le pressioni lavorative sembra intensificarle ulteriormente.
Una ricerca condotta da LeadDev nel marzo 2025 su 617 leader di ingegneria a livello globale ha rivelato dati allarmanti sulla salute mentale dei professionisti del settore. Il 22% degli intervistati ha dichiarato di soffrire di burnout in forma grave, mentre un ulteriore 24% sperimenta livelli intermedi di esaurimento professionale. Solo il 21% degli sviluppatori può considerarsi in uno stato di benessere lavorativo.
Tim Lehnen, Chief Technology Officer della Drupal Association che gestisce l'omonimo progetto open source, conferma questa tendenza: "Il burnout rappresenta una sfida di lunga data nella comunità degli sviluppatori. La mia posizione particolare all'interno di una fondazione open source mi permette di osservare il fenomeno sia nell'ambito professionale che in quello del volontariato tecnologico, e in entrambi i contesti il problema è estremamente comune".
Patrice Williams-Lindo, CEO di Career Nomad e consulente aziendale, identifica il burnout degli sviluppatori come "un problema strutturale, non un fallimento individuale". La sua analisi individua tre cause principali che alimentano questo stato di malessere professionale.
La prima riguarda le continue interruzioni del flusso lavorativo. Gli sviluppatori si trovano costantemente costretti a passare da un progetto all'altro, tra strumenti diversi e riunioni frequenti, senza mai riuscire a garantirsi periodi adeguati di concentrazione profonda sul codice.
Il secondo fattore è rappresentato dalla ripetizione di compiti mal definiti. I requisiti poco chiari e gli obiettivi di business in continuo cambiamento creano negli sviluppatori la sensazione di non riuscire mai a completare realmente il proprio lavoro, generando frustrazione e senso di inadeguatezza.
Il terzo elemento critico consiste nell'introduzione di strumenti e processi che ignorano il fattore umano. "Quando vengono implementati nuovi strumenti e processi senza formazione adeguata o raccolta di feedback, si generano attriti invisibili che consumano energia cognitiva", spiega Williams-Lindo.
L'intelligenza artificiale: soluzione o parte del problema?
L'espansione dell'IA nel panorama lavorativo sta paradossalmente aggravando la situazione anziché migliorarla. David Wurst, fondatore dell'agenzia di marketing digitale WebCitz, osserva come "l'evoluzione dell'IA stia creando aspettative di soluzioni più veloci, economiche e performanti da parte degli sviluppatori".
La pressione economica generata dall'automazione si traduce in riduzioni del personale presso molte aziende clienti e agenzie di sviluppo. Il risultato è che i professionisti rimasti si trovano a gestire carichi di lavoro maggiori, dovendo affrontare problemi complessi che l'IA non riesce a risolvere autonomamente, oltre a coordinare il lavoro tra team ridotti.
Mehran Farimani, CEO di RapidFort, azienda specializzata in software per la cybersecurity, evidenzia un altro aspetto critico: "L'IA sta accelerando ulteriormente il ritmo del cambiamento, facendo sentire gli sviluppatori sotto pressione per rimanere aggiornati sui trend tecnologici per non essere esclusi dal mercato".
"AI FOMO" e smart working
Farimani introduce il concetto di "AI FOMO" (Fear of Missing Out sull'intelligenza artificiale), una nuova forma di ansia professionale. "Mentre l'apprendimento continuo può energizzare gli sviluppatori, l'aspettativa di dover adottare immediatamente ogni nuovo sviluppo tecnologico può portare a sovraccarico cognitivo", spiega. "La paura di rimanere indietro rispetto all'IA, senza una chiara definizione delle priorità, può trasformarsi in stress cronico".
Le ristrutturazioni aziendali e i licenziamenti causati dall'automazione contribuiscono ulteriormente all'instabilità emotiva degli sviluppatori. "Anche i professionisti più talentuosi iniziano a mettere in discussione la stabilità della propria carriera di fronte alle notizie di automazione e licenziamenti di massa nelle grandi aziende tecnologiche", aggiunge Farimani.
La diffusione del remote working poi ha introdotto nuove dinamiche problematiche nel bilanciamento vita-lavoro. "Il lavoro da casa ha eliminato il confine fisico rappresentato dall'uscita dall'ufficio, rendendo quasi inevitabilmente semplice riprendere le attività lavorative dopo l'orario", osserva Farimani. La flessibilità, pur rappresentando un vantaggio, ha reso più labili i confini tra tempo personale e professionale, facilitando giornate lavorative che superano regolarmente le otto ore standard.
Strategie di prevenzione e recupero
Connal Gallagher, Chief Information Officer di Flexera, sottolinea che "il burnout nei team di sviluppo ad alte prestazioni non è un fenomeno nuovo", ma l'aggiunta della pressione per l'adozione dell'IA a team già sotto stress per la trasformazione digitale e le problematiche di sicurezza sta creando un carico insostenibile.
Gli esperti del settore hanno identificato tre approcci fondamentali per contrastare il fenomeno.
Il primo consiste nel potenziare l'autonomia decisionale degli sviluppatori, coinvolgendoli nella definizione delle priorità e nella stima dei tempi di sviluppo. Il secondo richiede un approccio collaborativo nelle decisioni che impattano il team, dall'assunzione di nuovo personale all'introduzione di strumenti di IA. Il terzo si concentra sulla protezione del tempo di concentrazione, eliminando interruzioni non necessarie e ristrutturando meeting e aggiornamenti per preservare blocchi di lavoro focalizzato di 3-4 ore giornaliere.