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DAZN come un operatore telefonico nella nuova norma AGCOM

Massimiliano Capitanio di Agcom illustra a Key4Biz il significato e l'impatto della nuova delibera dell'Autorità sui Content Delivery Network per il settore.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Pubblicato il 08/08/2025 alle 13:38

La notizia in un minuto

  • L'AGCOM ha introdotto una nuova delibera che sottopone le Content Delivery Network (Netflix, Amazon Prime, YouTube, DAZN) al regime di autorizzazione generale, equiparandole agli operatori tradizionali di telecomunicazioni
  • La decisione nasce dall'esperienza DAZN e mira a migliorare la qualità dei servizi streaming per gli utenti italiani, riducendo problemi come buffering e congestioni di rete
  • Il provvedimento rappresenta una ridefinizione dei rapporti di forza nel mercato digitale, portando sotto controllo regolamentare i giganti tech che operavano in un limbo normativo
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

L'industria delle telecomunicazioni italiana sta vivendo una trasformazione epocale con l'entrata in vigore della nuova delibera AGCOM sulle Content Delivery Network, un provvedimento che ridisegna completamente il panorama della distribuzione digitale nel nostro Paese. La decisione dell'Autorità di sottoporre le CDN al regime di autorizzazione generale segna un punto di svolta storico, portando sotto il controllo regolamentare giganti tecnologici che fino ad oggi operavano in una sorta di limbo normativo. Come spiega a Key4Biz il Commissario AGCOM Massimiliano Capitanio, si tratta di un intervento che "chiarisce chi fa cosa nel mondo della distribuzione dei contenuti online e crea un sistema più giusto, trasparente e resiliente".

La portata di questa decisione emerge quando si considerano i protagonisti coinvolti. Netflix, Amazon Prime Video, YouTube, DAZN, Disney+, TikTok e Meta si trovano ora equiparati agli operatori tradizionali di telecomunicazioni, con tutto ciò che ne consegue in termini di obblighi e controlli. Parallelamente, anche i fornitori specializzati come Akamai e Cloudflare dovranno adeguarsi alle nuove regole se gestiscono infrastrutture attive sul territorio nazionale.

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Il Commissario Capitanio non nasconde l'importanza strategica del provvedimento: "Viene chiarito che le CDN dotate di infrastruttura attiva sul territorio nazionale devono essere considerate a tutti gli effetti reti pubbliche di comunicazione elettronica". Una precisazione che suona come una dichiarazione di principio nel panorama digitale contemporaneo.

Dall'esperienza DAZN al nuovo quadro normativo

Il caso DAZN ha rappresentato il catalizzatore di questa evoluzione normativa. Le difficoltà tecniche iniziali nella trasmissione delle partite di Serie A hanno costretto l'Autorità a ripensare l'intero approccio regolamentare verso le piattaforme di streaming. La soluzione adottata per DAZN Edge, con il rilascio della prima autorizzazione generale per una CDN privata, ha fatto da apripista per l'estensione del regime a tutti gli operatori del settore.

La consultazione pubblica che ha preceduto la delibera ha coinvolto l'intero ecosistema digitale, raccogliendo posizioni spesso divergenti tra operatori di rete tradizionali e nuovi attori del web. Nonostante le resistenze, AGCOM ha confermato il proprio orientamento iniziale, preparando il terreno per una futura armonizzazione europea.

Per i consumatori italiani, le novità si traducono in vantaggi tangibili ma indiretti. La qualità della fruizione dei contenuti digitali dovrebbe migliorare sensibilmente, specialmente durante i picchi di traffico che caratterizzano eventi sportivi o lanci di nuove serie televisive. Il fenomeno del buffering, che ha tormentato gli appassionati di calcio nei primi mesi di DAZN, rappresenta solo la punta dell'iceberg di una problematica più ampia.

Capitanio evidenzia come la delibera introduca "vigilanza attiva" e "prevenzione di congestioni e malfunzionamenti", benefici particolarmente apprezzabili nelle zone meno urbanizzate del Paese dove le infrastrutture di rete sono storicamente più fragili. La trasparenza diventa uno strumento di tutela per milioni di italiani che quotidianamente consumano contenuti in streaming.

La questione del fair share: una non-risposta strategica

Sulla spinosa questione del fair share, il Commissario adotta un approccio diplomatico ma chiaro. "È la domanda da un milione di dollari", ammette candidamente, per poi specificare che "la delibera dell'Autorità non introduce alcun obbligo di fair share". Una precisazione che suona quasi come una rassicurazione verso i grandi operatori internazionali, mantenendo aperta la strada a future evoluzioni normative.

La filosofia resta quella della "regulation by litigation", con AGCOM che si riserva il diritto di intervenire solo in caso di controversie specifiche tra le parti. Un approccio prudente che riflette la complessità del bilanciamento tra tutela della concorrenza e innovazione tecnologica.

Il quadro normativo delineato dalla delibera 207/25/CONS rappresenta molto più di un semplice aggiornamento tecnico. Si tratta di una ridefinizione dei rapporti di forza nel mercato digitale italiano, con AGCOM che assume un ruolo di controllo diretto su infrastrutture cruciali per l'economia digitale del Paese. La creazione di un "sistema più giusto e trasparente", come lo definisce Capitanio, apre scenari inediti per la competizione tra operatori.

L'esperienza italiana potrebbe diventare un modello per altri Paesi europei alle prese con sfide simili. La regolamentazione delle CDN non è più un tema tecnico relegato agli addetti ai lavori, ma una questione di sovranità digitale che tocca direttamente la vita quotidiana di milioni di cittadini.

Fonte dell'articolo: www.key4biz.it

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