Secondo il recente resoconto Innovation Telescope – Zoom Italy sono tre le principali aree dove si concentrano gli investimenti in Italia, relativamente al settore IT: IA, Cybersecurity e Quantum Computing.
E da subito verrebbe da dire che si è scoperta l’acqua calda, perché è ovvio che quelli sono i settori più “ricchi” - ma tutto sommato non era scontato che la voce “cloud computing”, anche nella declinazione hybrid cloud, restasse fuori dal podio. E i dettagli della ricerca offrono spunti interessanti.
Il documento, sviluppato da Indra Group, è basato sull'analisi di dati di mercato e documenti governativi come quelli relativi ai fondi PNRR, e spiega come questa allocazione di capitale è la risposta strategica alla crescente digitalizzazione e alle nuove sfide di competitività, efficienza operativa e cyber-resilienza che il mercato impone. A questo punto è doveroso ricordare che per la maggior parte delle imprese italiane quello della trasformazione digitale è un processo ancora in corso, e ci vorrà ancora molto tempo, sicuramente diversi anni, prima che lo si possa chiamare concluso.
Il documento cerca di tracciare la mappa degli investimenti e di delineare la direzione futura dell'economia digitale italiana, focalizzando l'attenzione su tecnologie che sono entrate nel ciclo produttivo. In questo senso, gli investimenti hanno un valore difensivo ma è anche una sorta di fuga in avanti: qualcosa che può aiutare l’Italia a posizionarsi in un’area - la Comunità Europea - ad alta intensità tecnologica. L’analisi riconosce in questi tre elementi le colonne portanti, fermo restando che la parola chiave resta resilienza - anche nella sua declinazione cyber.
Il primato dell'intelligenza artificiale e la sua insidia
Il rapporto Indra rileva che il 65% delle organizzazioni in Italia sfrutta regolarmente l'IA generativa in almeno una funzione aziendale, con ricadute positive sulla produttività e sulla riduzione dei costi. E qui subito salta all’occhio una discrepanza: solo poche settimane fa un rapporto del MIT ci diceva che solo il 5% dei progetti AI porta a un ROI positivo.
Sappiamo che il dato del MIT significa che in molti casi l’IA è stata usate e applicata nel modo sbagliato, ma è difficile immaginarsi che l’Italia sia così tanto controcorrente.
Abbiamo chiesto agli autori della ricerca un commento su questa apparente contraddizione, e aggiorneremo l’articolo non appena ci risponderanno.
L’adozione dell’AI naturalmente va a braccetto con una nuova gestione HR, e in particolare il documento si concentra sul concetto di Augmented-Connected Workforce, cioè lavoratori le cui capacità sono in qualche modo amplificate dall’IA e dalle possibilità di connessione. Secondo la ricerca, entro il 2026 il 50% dei lavoratori d'ufficio sarà supportato da strumenti di IA, come del resto riportato in analisi internazionali sul futuro del lavoro. L’impatto dell’automazione dall’altra parte si vede già oggi in alcuni esempi, come nel caso in cui è automatizzato l'80% delle attività.
La riqualificazione professionale diventa quindi praticamente un obbligo: o le persone imparano a fare le cose in modo diverso, o imparano a fare cose nuove, oppure potrebbe non esserci più posto per loro. Uno scenario che dobbiamo evitare con ogni sforzo possibile.
Cybersecurity
Entro la fine del 2025 si stima un raddoppio degli attacchi che utilizzano proprio gli strumenti di IA generativa, come i deepfake per la disinformazione o il phishing avanzato. La società ha dichiarato che, per contrastare queste minacce, le aziende stanno implementando architetture Zero Trust lungo tutta la catena del valore e si affidano all'IA per la rilevazione proattiva delle anomalie, in una rincorsa tecnologica costante e costosa.
Il tema della sicurezza, unito a quello del Cloud, è sempre più orientato verso soluzioni ibride e private cloud. Questo perché l'aumento dei costi del cloud pubblico e l'eccessiva dipendenza dagli hyperscaler (come AWS, Azure, Google Cloud) stanno spingendo il 60% delle aziende italiane ad aumentare gli investimenti in ambienti privati entro il 2026, come sottolineato anche dagli analisti del settore.
Il quantum: scommessa di stato e minaccia latente
L'informatica quantistica, pur essendo in fase esplorativa, è il settore che riceve il sostegno pubblico più strutturato, con l'Italia che ha stanziato 227,4 milioni di euro per la Strategia Nazionale per le Tecnologie Quantistiche. Questo sforzo finanziario è in linea con le previsioni globali: si stima che il mercato quantistico possa raggiungere i 97 miliardi di dollari entro il 2035, di cui tre quarti destinati al calcolo quantistico. Università e centri di ricerca sono attivi, in particolare, nello studio della crittografia post-quantistica e nell'ottimizzazione di processi complessi in finanza e sanità.
È proprio la crittografia il nodo critico. Il calcolo quantistico è una tecnologia trasformativa, ma l'avanzamento dei qubit rende gli attuali sistemi crittografici vulnerabili agli attacchi di tipo harvest now, decrypt later. In questi attacchi i criminali sottraggono più che volentieri dati criptati, sperando che a un certo punto sarà possibile decriptarli -. qualcosa di cui abbiamo parlato su Tom’s Hardware di recente.
E forse proprio per certificare la centralità del tema, il 2025 è stato proclamato dall'ONU come Anno Internazionale della Scienza e Tecnologia Quantistica.
Queste tendenze di investimento dipingono un quadro chiaro della direzione intrapresa dal sistema Paese: la tecnologia è la moneta corrente della competitività. Tuttavia, la vera domanda non è dove sono i soldi, ma se questi investimenti – in particolare nell'IA e nel quantum – saranno accompagnati da una legislazione e da una preparazione etica e formativa sufficiente a governarne gli impatti sociali ed economici.
Il futuro del lavoro e della sicurezza digitale dipende tanto dal volume degli investimenti quanto dalla qualità della governance che li accompagna.