La Germania ha deciso di escludere completamente i fornitori cinesi Huawei e ZTE dalla costruzione delle future reti mobili 6G, segnando un punto di svolta nella strategia europea per la sovranità digitale. L'annuncio è arrivato direttamente dal cancelliere Friedrich Merz durante una conferenza a Berlino la scorsa settimana, dove ha ribadito la volontà di Berlino di affidarsi esclusivamente a tecnologie europee per le infrastrutture di comunicazione critiche. La mossa si inserisce nel più ampio contesto della corsa al 6G e rappresenta un inasprimento delle politiche di sicurezza già avviate con il 5G.
La decisione tedesca arriva in un momento cruciale per l'Unione Europea, che sta cercando di ridefinire i confini della propria sovranità tecnologica in un mercato dominato da pochi player globali. La Commissaria europea alla Sovranità Digitale, Henna Virkkunen, ha recentemente anticipato che Bruxelles sta valutando di trasformare il toolbox sul 5G del 2020, finora una semplice raccomandazione agli Stati membri per evitare tecnologie cinesi, in un obbligo vincolante. Questo cambio di passo segnerebbe il passaggio da un approccio prudenziale a un vero e proprio bando a livello continentale.
Il costo di questa scelta strategica è tutt'altro che trascurabile. Secondo le stime del governo tedesco, l'esclusione dei fornitori cinesi dalla rete 6G potrebbe aumentare i costi di implementazione fino al 20%, costringendo operatori come Deutsche Telekom ad approvvigionarsi esclusivamente presso produttori europei come Ericsson e Nokia, o presso una lista ristretta di fornitori non cinesi ufficialmente approvati. L'esperienza finlandese rappresenta un precedente significativo: un recente rapporto della Commissione Europea ha evidenziato che l'eliminazione dei componenti cinesi dalla rete centrale finlandese ha comportato costi di sostituzione superiori del 15-25%.
La roadmap tedesca per lo smantellamento delle tecnologie cinesi si articola su tempistiche graduali, progettate per ammorbidire l'impatto economico sugli operatori. Le reti core mobili dovranno essere completamente libere da sistemi Huawei o ZTE entro la fine del 2026, mentre per l'infrastruttura RAN 5G la scadenza è fissata al 2029. Quest'ultima prevede una soluzione ibrida: gli operatori potranno continuare a utilizzare hardware cinese solo se gestito tramite software di management non cinese, una compromesso che riflette la complessità tecnica ed economica della transizione.
Tuttavia, fonti riportate da Bloomberg suggeriscono che Berlino stia considerando l'utilizzo di fondi pubblici per accelerare il processo. L'ipotesi sul tavolo è quella di sovvenzionare Deutsche Telekom e altri operatori tedeschi affinché rimuovano le apparecchiature cinesi ancora presenti nelle reti ben prima delle scadenze concordate. Una mossa che solleverebbe interrogativi sulla sostenibilità fiscale dell'operazione e sulla compatibilità con le normative europee sugli aiuti di Stato.
La strategia tedesca non si limita alla Cina. Merz ha infatti dichiarato che la Germania sta collaborando con la Francia per ridurre la dipendenza non solo da Pechino, ma anche dagli Stati Uniti e dalle grandi aziende tecnologiche che dominano il mercato digitale. Una dichiarazione che evidenzia come la sovranità digitale europea punti a una vera e propria autonomia strategica, capace di bilanciare le pressioni geopolitiche provenienti sia da Est che da Ovest.
Il vantaggio competitivo dell'Europa in questo scenario risiede nella presenza di alternative domestiche credibili. Ericsson e Nokia rappresentano due dei principali produttori mondiali di apparecchiature per telecomunicazioni, una risorsa strategica che manca ad altri blocchi regionali. Tuttavia, resta da verificare se questi player europei abbiano la capacità produttiva e il posizionamento tecnologico necessari per soddisfare interamente la domanda continentale, soprattutto considerando gli investimenti massicci che Huawei ha destinato alla ricerca e sviluppo negli ultimi anni.
Se da un lato la ricerca di autonomia tecnologica risponde a legittime preoccupazioni di sicurezza nazionale, dall'altro il rischio è quello di creare un mercato più costoso e potenzialmente meno competitivo. La sfida per l'Europa sarà trovare un equilibrio tra sicurezza, innovazione e sostenibilità economica, in un contesto dove la corsa al 6G rappresenta già una partita decisiva per il posizionamento globale delle prossime decadi. Resta da capire se il modello europeo di sovranità digitale potrà davvero garantire un vantaggio strategico o si tradurrà in un premio al rischio pagato interamente dai consumatori finali.