Google: «Serve la privacy per aiutare le aziende a crescere»

In calce all'evento "Economia del web e tutela della privacy", Nicola Roviaro, Head of EMEA Data Privacy Specialists spiega come un team di specialisti aiuta investitori e aziende a collaborare in un ecosistema che tenga al centro la privacy

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a cura di Antonino Caffo

L’impegno di Google in una corretta gestione dei dati personali ha portato, nel tempo, alla costruzione di nuove modalità per un ecosistema pubblicitario all’altezza delle aspettative, con l’obiettivo di continuare a sostenere l’esistenza di contenuti accessibili a tutti liberamente, proteggendo allo stesso tempo nel modo migliore la privacy delle persone. Uno dei risultati più promettenti è Privacy Sandbox, un’iniziativa di collaborazione con l’intero settore per raggiungere standard stringenti sulla privacy e allo stesso tempo permettere a chi crea contenuti di monetizzarli adeguatamente. Se ne è parlato durante l'evento "Economia del web e tutela della privacy".

Negli anni Google ha sviluppato molti strumenti per connettere gli investitori pubblicitari ai siti che si sostengono grazie alla pubblicità, secondo una logica di condivisione in cui la maggior parte dei ricavi è destinata a chi ospita gli annunci - nel 2018 per esempio, Google ha distribuito oltre 14 miliardi di dollari ai siti partner (detti “publisher”) del proprio network pubblicitario. Insieme a Google, sono molte le società che operano in questo spazio, offrendo una grande varietà di scelta sia agli investitori pubblicitari che ai publisher: in media, un inserzionista utilizza contemporaneamente 4 piattaforme per distribuire la propria pubblicità (Demand Side Platforms, DSP), mentre un publisher di grandi dimensioni può arrivarne a usare fino a 6 per ospitare annunci sul proprio sito (Sell Side Platform, SSP).

Un elemento chiave per finanziare i siti che ospitano pubblicità e per gli editori sono i cookie – linee di codice che contribuiscono a rendere un servizio, inclusa una pubblicità, più rilevante per gli utenti. I cookie consentono per esempio di memorizzare la lingua preferita da un utente e in generale semplificano l'esperienza online salvando i dati di navigazione. In ambito pubblicitario, permettono di monetizzare meglio i contenuti – secondo un’analisi recente, quando una pubblicità è meno rilevante a causa della rimozione dei cookie, i ricavi per i publisher si riducono in media del 52 percento – e vengono per esempio usati per mostrare annunci più pertinenti oppure per non mostrare lo stesso annuncio troppe volte di seguito, e ancora per contare i clic ricevuti da una pagina e per prevenire eventuali frodi.

Tuttavia, se da una parte i cookie sono oggi alla base della capacità del web di fornire e monetizzare i contenuti, questa stessa tecnologia è soggetta a utilizzi che potrebbero divergere dall’intento originale, in alcuni casi fino al punto di non soddisfare più le esigenze degli utenti sulla privacy. Questo ha reso necessario pensare a nuove modalità che prevedano il superamento dei cookie per costruire nuovi standard di alta qualità. Resta della massima importanza, mano a mano che questi standard evolvono, riuscire a evitare i problemi che potrebbero emergere dall’assenza dei cookie, sia per la privacy delle persone che per la salute dell’ecosistema pubblicitario.

Quando le persone vanno online, si aspettano di avere informazioni chiare sull’uso dei propri dati e strumenti di controllo facili per gestirli. Servizi come l’Account Google, il Controllo Privacy, la navigazione in incognito e le nostre recenti novità per tutelare i dati degli utenti online vanno esattamente in questa direzione, grazie a un aggiornamento continuo della tecnologia. «Le pratiche per la personalizzazione delle pubblicità, e con esse l’uso dei cookie, sono soggette alla stessa attenzione non solo da parte di Google, ma anche dell’intero settore e dal mondo delle istituzioni. Le leggi europee come la Direttiva ePrivacy (ePD) e il recente Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, insieme all’impegno individuale di diversi browser per bloccare i cookie di terze parti stanno accelerando questo processo».

Un anno fa il team di Chrome ha annunciato Privacy Sandbox, un progetto che raccoglie le migliori proposte per coniugare le esigenze di privacy e la possibilità di monetizzare i contenuti online attraverso campagne pubblicitarie efficaci, con l’obiettivo di arrivare a standard tecnologici condivisibili in senso ampio. Privacy Sandbox è un’iniziativa aperta e collaborativa, che vede coinvolti esperti di standard del web e di computer science, insieme ad aziende, associazioni di categoria e autorità di regolamentazione per trovare soluzioni che siano largamente accettate e apprezzate da tutti.

Nicola Roviaro, Head of EMEA Data Privacy Specialists, guida un team di specialisti che aiuta gli investitori pubblicitari che lavorano con Google, le agenzie e i partner in Europa, Medio Oriente e Africa a collaborare con successo in un ecosistema che tenga al centro la privacy, e che valorizzi la trasparenza, la fiducia e l’importanza di offrire strumenti chiari per gli utenti. «Gli annunci pubblicitari giocano un ruolo fondamentale nel sostenere il web così come lo conosciamo: uno spazio aperto e accessibile a tutti liberamente. Gli investimenti in pubblicità rendono infatti possibile l’esistenza della maggior parte dei contenuti e dei servizi online a cui ci rivolgiamo ogni giorno, supportando economicamente i milioni di persone e aziende che li producono».

Questa dinamica rischia tuttavia di compromettersi se le pratiche pubblicitarie non soddisfano le aspettative degli utenti sul modo in cui i dati vengono raccolti e utilizzati. Per questo Chrome ha introdotto Privacy Sandbox, un’iniziativa di collaborazione con l’intero settore per raggiungere solidi standard sulla privacy e allo stesso tempo permettere a chi crea contenuti di monetizzarli adeguatamente. «Attraverso Privacy Sandbox, vogliamo capire per esempio come usare meglio i dati legati alla navigazione su internet in un’ottica stringente di privacy per gli utenti, in aree come la selezione di un pubblico, la misurazione dei clic e la protezione dalle frodi. L’obiettivo è superare la dinamica dei dati personali, continuando a offrire pubblicità rilevanti».

Una di queste proposte si chiama Federated Learning of Cohorts (FLoC), che utilizza algoritmi di machine learning eseguiti a livello del singolo dispositivo – quindi senza condividere dati personali – per modellare raggruppamenti basati sugli interessi delle persone in modo anonimo e facendo a meno di profili individuali. «Aiutare le aziende a crescere insieme a un web rispettoso della privacy non è solo una buona pratica imprenditoriale, rappresenta anche un motore per la ripresa economica. Per questo continuiamo a fare in modo che i dati portino il maggiore beneficio possibile alla società, attraverso la condivisione di open data per la ricerca, sia privata che pubblica, e con strumenti e offerte formative per aiutare le persone e le imprese a essere in controllo dei propri dati».

Con FLoC è possibile elaborare preferenze di navigazione anonimizzate a livello del browser, e associarle al raggruppamento che presenti le caratteristiche più simili senza rendere possibile alcun tipo di identificazione. In questo modo, un’inserzione pubblicitaria mirata si rivolgerebbe all’intero raggruppamento – che resta per definizione un insieme aggregato e anonimo – senza diventare per questo meno rilevante per chi la vede. Chrome ha recentemente annunciato molte iniziative legate a Privacy Sandbox, che vanno dallo sviluppo di interfacce per misurare le conversioni di una pubblicità, alla limitazione del tracciamento tra diversi siti in assenza di marcatori sicuri. Inoltre, siamo al lavoro per ridurre la capacità dei browser di subire il fingerprinting e per offrire maggiore trasparenza e controllo sull’uso dei cookie in Chrome.

«Sviluppare nuovi standard per il web è un processo complesso e sappiamo per esperienza che richiede tempo. È uno sforzo collettivo che prendiamo molto seriamente e siamo pronti a fare la nostra parte in un dialogo aperto con tutte le realtà coinvolte. Mentre facciamo progressi con le diverse iniziative di Privacy Sandbox, continuiamo le nostre attività per fare in modo che i dati portino il maggiore beneficio possibile alla società. Abbiamo recentemente condiviso un aggiornamento sulle nostre iniziative a vantaggio delle ricerca, sia privata che pubblica, attraverso gli open data, e sul nostro impegno per promuovere la portabilità dei dati – che include la partecipazione come membri fondatori alla piattaforma Data Transfer Project» spiega Google.

«Inoltre, i dati che mettiamo a disposizione stanno già portando benefici alle aziende, per esempio attraverso i Google Trends e gli strumenti senza costi che permettono anche alle piccole e medie imprese di ottenere informazioni utili sulle tendenze del proprio settore e sulle opportunità emergenti – come la raccolta di servizi dedicata al commercio al dettaglio. In un momento d’incertezza come quello che stiamo vivendo, aiutare le aziende a fare di più con gli strumenti digitali e tutelare la privacy delle persone sono due esigenze che vanno di pari passo, contemporaneamente, senza che entrino in conflitto: il nostro impegno per un’azione condivisa e per una maggiore trasparenza non è soltanto una buona pratica, è un contributo necessario per favorire la ripresa economica della nostra società».