L'evoluzione normativa in atto e le decisioni in merito del lavoro agile (o Smart Working) prese dal governo italiano nonché da parte della commissione europea pone l'accento sulle possibili modalità di lavoro.
In proposito, Vodafone ha presentato la ricerca Flexible Work: Friend or Foe? (Lavoro flessibile: amico o nemico?) realizzato da Morar, in precedenza Redshift Research, sull'adozione e la percezione del lavoro flessibile da parte di lavoratori e imprese. E' infatti da una effettiva presa di coscienza dei benefici che ne possono derivare, oltre che da una semplificazione normativa come quella in atto, che ci si può aspettare una effettiva diffusione del lavoro flessibile.
Peraltro il nome della ricerca ha i suoi aspetti simbolici. IFF è anche l'acronimo di 'Identify Friend or Foe', usato nella missilistica per decidere se premere il pulsante rosso quando un caccia (avversario o meno è in certi frangenti indifferente) non si fa riconoscere. Qui la cosa è meno perniciosa ma in ogni caso si tratta di individuare se una strada intrapresa porta da qualche parte in termini di benefici per l'azienda e possibilmente anche per lo smart worker. Veniamo allo studio e cosa evidenzia.
Effettuato su una popolazione di 8000 individui divisa in lavoratori e datori di lavoro, manager e dirigenti di piccole e medie imprese, organizzazioni del settore pubblico e multinazionali di 10 paesi, evidenzia che il 75% delle aziende, a livello globale, ha introdotto politiche di lavoro flessibile per consentire ai dipendenti di organizzare in modo più autonomo la propria giornata di lavoro, utilizzando le tecnologie più avanzate per lavorare da casa o in mobilità.
Vodafone rappresenta di per sé, osserva la società, un modello per l'adozione dello Smart Working. Dal 2014, 3500 suoi dipendenti possono usufruire di un modo nuovo di lavorare, focalizzato sempre più sulla responsabilizzazione delle persone, sulla collaborazione basata su fiducia e trasparenza e sui risultati del proprio lavoro, che permette di scegliere con maggiore autonomia spazi e strumenti di lavoro.
All'interno della ricerca, coloro che hanno adottato pratiche di lavoro flessibile, affermano di aver notato un significativo miglioramento delle prestazioni e, in particolare, individuano tre assi lungo i quali si evidenziano i maggiori effetti positivi: aumento della produttività (83%), crescita dei profitti (61%) e impatto sulla reputazione aziendale (58%).
Ad emergere, inoltre, il fatto che nella rivoluzione del luogo di lavoro a giocare un ruolo fondamentale sono le reti mobili di ultima generazione 3G e 4G, utilizzate rispettivamente dal 24 e 18% degli intervistati, i servizi cloud e la banda ultra larga fissa. In particolare, il 61% degli intervistati utilizza il proprio servizio di banda larga di casa per accedere alle applicazioni di lavoro tramite smartphone, notebook o tablet.
Barriere all'adozione
Lo studio ha anche analizzato le ragioni per le quali, secondo il 20% degli intervistati, la propria azienda non ha ancora adottato politiche di lavoro flessibile. Di fatto, esistono pregiudizi culturali nei confronti dello strumento. Per il 33% il lavoro flessibile non si concilia con la mentalità dell'organizzazione.
Fanno inoltre riflettere le preoccupazioni relative all'equa distribuzione del lavoro e ai possibili attriti tra dipendenti che lavorano in modo flessibile e quelli che non lo fanno (rispettivamente il 25 e 30%). Il 22%, infine, crede che i dipendenti, qualora gli fosse concesso di adottare modelli e tecnologie di lavoro flessibile, non lavorerebbero con lo stesso impegno.
Tra i lavoratori che non usufruiscono ancora del lavoro flessibile emerge in modo chiaro però che l'introduzione di questo strumento all'interno della loro realtà avrebbe un impatto positivo sulla motivazione dei dipendenti (55%), sulla produttività (44%) e sui profitti (30%).