C'è un'immagine che Nicola Mei usa per descrivere i suoi inizi su LinkedIn, ed è quella del pifferaio magico. "All'inizio non vendevo nulla, attraevo persone raccontando una storia", ricorda. "Suonavo una melodia e i professionisti interessati mi seguivano spontaneamente".
Ingegnere energetico di formazione, con una startup di ticketing in blockchain bloccata dalla pandemia, Mei si è trovato chiuso in casa, come tutti, nel 2020. Ma invece di aspettare, ha iniziato a “suonare la sua melodia” su quello che, fino ad allora, era considerato il più noioso e statico dei social network: un cimitero di curriculum vitae. Non che Linkedin oggi abbia la fama di social divertente, ma le cose sono cambiate parecchio.
Nicola forse ha capito prima di molti altri che LinkedIn non era più solo un posto dove cercare lavoro, ma un luogo dove era possibile costruirsi una nuova professione basata sul networking. La sua avventura è iniziata per necessità: creare quella rete di relazioni che il Covid aveva reso impossibile. Ha iniziato a contattare persone per delle video call, tre o quattro al giorno, e poi a scrivere post, trasformando il suo profilo in una sorta di diario di bordo dello startupper. Raccontava le competizioni, le persone che incontrava, le difficoltà. In poco tempo è diventato un punto di riferimento per chi voleva restare aggiornato sul mondo delle startup, e il successivo passo naturale è stato fare da punto di contatto tra startuppari e investitori.
Un po' alla volta si è creata una piccola comunità, poi via via sempre più grande. In questo periodo, la sua rubrica "Una startup a weekend" è diventata un appuntamento fisso per l'intera community. Fino a diventare qualcosa che lo stesso Nicola non immaginava: come racconta lui stesso, questa crescita divenne evidente una sera in cui si trovava fuori dalla sua città
"C'è qualcuno che ha voglia di farsi una birra mondo startup questa sera qua e pensavo di fare una roba di 5-6 persone, poi alla fine ho una quarantina. Wow, è stato molto ****. E allora? Poi ho detto figata. Lo rifaccio."
In un attimo si è passati dal proporre un momento per fare due chiacchiere a un vero e proprio evento di networking improvvisato. Da lì a poco, e con la community ormai solida, a un certo punto diventa naturale farlo diventare un mestiere.
"A un certo punto la community stessa ha iniziato a chiedermi di più", afferma. "L'azienda è nata come una risposta a un bisogno che io stesso avevo contribuito a creare".
Ma il passaggio non è stato privo di conflitti. "È stato il momento più difficile", ammette, "perché per la prima volta dovevo mettere un prezzo su qualcosa, la fiducia, che avevo costruito gratuitamente. La paura di essere percepito come un "venduto" era enorme".
Superata quella paura, ha fondato prima Hi! Founders. Tra un'azienda e l'altra, ha continuato a strutturare la sua presenza su LinkedIn e ha trasformato la sua community in un movimento, organizzando più di 40 eventi di networking in tutta Italia.
Più recentemente, ha fondato Impacto Srl. Quest'ultima è un'agenzia specializzata in comunicazione su Linkedin, qualcosa che in effetti cerca di trasformare l'esperienza di Nicola in un business fatto e finito.
"Manca l'educazione al rischio"
Nicola Mei si spiega il suo successo con un'analisi dell'ecosistema italiano, dove esiste un problema fondamentale duplice e culturale: "C'è un po' in generale una mancanza di educazione, cioè di sapere effettivamente come si fa startup per gli startupper e come si investe ad alto rischio per gli investitori".
Da un lato, c'è una mentalità da finanza tradizionale che mal si adatta all'innovazione. Molti investitori, spiega, non hanno interiorizzato la natura del rischio che questo mondo comporta. "Tu non puoi fare un pre-seed e chiedere le metriche", afferma con decisione, "perché il pre-seed è senza metriche, sennò non è un pre-seed".
Il punto è accettare che in una fase così iniziale, l'investimento è un atto di fiducia in un team e in una visione, non un'analisi di dati che ancora non esistono. Per lui, il cambio di mentalità richiesto è radicale: "Devono abbracciare il rischio e accettare il fatto che quei soldi magari non li vedi più. Magari li hai persi".
Dall'altro lato, anche gli startupper sono figli dello stesso contesto culturale. Cresciuti nel “paese delle PMI”, spesso finiscono per replicare modelli di business solidi ma con ambizioni limitate, invece di puntare a una crescita esplosiva. L'obiettivo, per una vera startup, dovrebbe essere un altro: "cercare di pompare duro e ... o va bene o va male, ma se va bene va molto bene".
A legare questi due mondi c'è un'altra grande barriera culturale: la paura del fallimento. In Italia, sostiene Nicola, non è visto come un'esperienza formativa, ma come un marchio indelebile. "Manca anche la giusta cultura del fallimento. Se hai fallito una volta non ti guarda più in faccia nessuno, diventi radioattivo". Un freno enorme per un ecosistema che, per sua natura, dovrebbe nutrirsi di tentativi, errori e seconde opportunità.
Gli influencer nel mondo professionale
Molti avrebbero sorriso all’idea di replicare il modello dell’Influencer Marketing al mondo B2B, meno che meno se si volevano coinvolgere fondi di investimento e Venture Capital. Eppure è successo, e non è un caso. Sì perché dopo l'ondata degli influencer “commerciali”, anche i professionisti stanno cominciando a capire come quel sistema si possa usare anche per cose serie. Per ospitare una narrazione meno “urlata” e più utile. Non è necessario fare milioni di visualizzazioni se si parla a un pubblico ben selezionato e con il giusto messaggio.
Ed è molto importante perché esiste un gran numero di aziende frustrate dai costi crescenti e dall'inefficacia dell'advertising tradizionale, che cercano alternative.
Oggi infatti oltre il 90% dei marketer B2B considera l'influencer marketing una strategia efficace perché permette di raggiungere nicchie specifiche con un messaggio percepito come autentico. Il pubblico professionale, a sua volta, ha perso fiducia nelle fonti corporate e cerca guide credibili. Come evidenziano le analisi di Forrester, i buyer B2B si fidano sempre di più dei loro pari e degli esperti indipendenti, piuttosto che dei canali ufficiali di un'azienda.
E sarà più che importante continuare a garantire quel livello di autenticità e di fiducia. Di base le persone si fidano poco della pubblicità, e spesso quella sfiducia è più che giustificata. Creatore e Influencer ripartono da un ground zero dove le persone sono ancora disposte a dare fiducia. Ma non bisogna rovinarla spingendo troppo sui profitti: bisogna, in altre parole, tenere i mercanti fuori dal tempio - ma non troppo lontani.
Il lavoro di Mei, in fondo, è stato quello di dare un luogo di incontro a un'energia che già esisteva. Ha intercettato e dato voce a un fermento che, come ho avuto modo di scrivere dopo un evento a Bologna, racconta di un'Italia dell'innovazione migliore di quella che spesso si conosce.
Certo, quella di Nicola è una bella storia e sembra che - almeno per ora - le cose vadano bene. Ma dobbiamo sempre fare attenzione alla Sindrome del Sopravvisuto: per ogni storia di successo si sono molti tentativi falliti. Come i numerosi casi del consulente impaziente: professionisti che, frustrati dalla lentezza della crescita organica, tentano una monetizzazione prematura. Provano a “fare soldi” troppo presto, ed ecco che la comunità si rivolta e li abbandona.
La vera crescita invece richiede tempo e pazienza, e di scorciatoie non ce ne sono.
Pazienza sì, ma intanto il mercato si sta saturando, è capire cosa verrà dopo potrebbe non essere semplice: assisteremo a una "bolla dei creator B2B", con un crollo della fiducia? O nasceranno strumenti analitici in grado di misurare finalmente il ROI di queste attività?
Forse Linkedin non ha ancora perso la sua fama da scaffale polveroso, ma sta già crescendo una giungla competitiva di nuove opportunità, dove a prosperare saranno non solo i più autentici, ma coloro che, con consapevolezza commerciale, sapranno fare i passi giusti e costruire un nuovo business, facendo attenzione a prendersi cura della community e a non dipendere troppo dagli algoritmi.