Apple ha presentato da pochi giorni il nuovo iPhone 17 e le sue varianti, conquistandosi come sempre un posto d’onore sulle riviste di tutto il mondo, digitale e di carta. Ma se lo smartphone resta protagonista delle cronache, è il Mac a essere più spesso al centro di un altro dibattito: è il caso di prenderlo in azienda, o è meglio restare su Windows? Non è certo una cosa nuova, anzi se n’è parlato allo sfinimento nel corso degli anni; però la tecnologia si evolve, cambia il modo di lavorare, i prezzi si aggiornano. E ogni tanto è il caso di rifare certi vecchi discorsi.
La scelta di una piattaforma tecnologica in azienda è una decisione strategica con profonde implicazioni economiche, operative e di sicurezza. Spesso si fa una scelta basata sulle preferenze personali, ma sarebbe preferibile un'analisi di costi, benefici e, soprattutto, di rischi concreti.
Questa scelta influenza (o potrebbe influenzare) l'efficienza dei processi, la protezione dei dati e persino la capacità di attrarre e trattenere talenti. Ci sono questioni più che concrete da considerare, come il potenziale risparmio sul Costo Totale di Proprietà, o anche ostacoli insidiosi legati alla compatibilità con il software gestionale e alle nuove sfide della sicurezza informatica.
Parte 1: Le 5 ragioni per il SÌ (I vantaggi strategici)
1. Il Costo Totale di Proprietà (TCO): l'investimento che si ripaga nel tempo
La valutazione economica di una piattaforma IT, se limitata al solo costo di acquisizione, è strategicamente miope. È essenziale spostare l'analisi dal costo di capitale iniziale (CapEx) al più realistico Costo Totale di Proprietà (TCO), che considera l'intero ciclo di vita del dispositivo. Sebbene i Mac presentino un costo d'acquisto superiore a PC Windows comparabili, diversi studi dimostrano che su un orizzonte di tre-cinque anni il quadro economico può ribaltersi. La scelta non è quindi "cosa costa meno oggi?", ma quale modello di spesa si adatta meglio alla propria struttura finanziaria.
“Ho creato la mia azienda nel 2007 praticamente da una mia idea e con un Mac...la mia storia aziendale non esisterebbe se non ci fosse stato un Mac. Io stesso ho creato un sistema di gestione degli ordini con FileMaker che mi accompagnato nella crescita, passando da una manciata di ordini a 300.000. Oggi lo usano tutti i miei collaboratori e per tutti gli aspetti: operations, marketing, logistica, finance fino alla progettazione e modellazione 3D” - Daniel Beckerman, fondatore e presidente di Retrosuperfuture
Un'analisi "Total Economic Impact" del 2019 condotta da Forrester Consulting ha evidenziato come le aziende possano risparmiare in costi IT e operativi nell'arco di tre anni. Questo risparmio è un aggregato di diversi fattori. Il principale è la drastica riduzione delle richieste di supporto tecnico. Un'analisi su larga scala condotta internamente da IBM sulla propria flotta di oltre 200.000 Mac ha rivelato che un singolo tecnico IT può gestire 5.400 utenti Mac, contro i 2.000 utenti Windows. Per una PMI, questo si traduce in un risparmio diretto sui costi del personale interno o dei contratti di assistenza esterna.
A questo si aggiungono i costi software. macOS è incluso nel prezzo e i suoi aggiornamenti di versione sono gratuiti. Al contrario, nel mondo business di Microsoft, sebbene l'aggiornamento da Windows 10 a 11 Pro sia stato gratuito, le licenze per le versioni Enterprise o per scenari specifici (come il downgrade o l'uso in macchine virtuali) seguono complessi modelli di multilicenza che possono rappresentare un costo ricorrente. L'efficienza energetica dei chip Apple Silicon, infine, contribuisce a ridurre ulteriormente i costi operativi, un risparmio che diventa significativo quando moltiplicato per l'intero parco macchine.
2. Sicurezza integrata: una barriera difensiva "by design"
L'architettura di macOS, basata su un solido fondamento UNIX, eredita un modello di permessi robusto e restrittivo di default. A questo si aggiungono tecnologie a basso livello come la System Integrity Protection (SIP), che impedisce la modifica di file e cartelle di sistema protetti anche da parte di un utente amministratore, e il sandboxing, che esegue le applicazioni in ambienti isolati per limitare i danni in caso di compromissione. Questa postura è rafforzata da una profonda integrazione tra hardware e software, il cui esempio più lampante è il Secure Enclave, un co-processore di sicurezza sui chip Apple Silicon che gestisce le chiavi di crittografia e i dati biometrici in un'area hardware separata.
Tuttavia, è fondamentale affrontare questo tema con cautela. La percezione di maggiore sicurezza di macOS deriva anche da una minore quota di mercato, che lo ha reso un bersaglio statisticamente meno attraente; una situazione positiva ma non una garanzia di sicurezza. Anzi, la stessa "percezione di sicurezza" può tradursi in un rischio operativo, inducendo gli utenti a una minore vigilanza e rendendoli più vulnerabili ad attacchi di ingegneria sociale.
“Il Mac semplicemente funziona, sempre, bene. Spesso si fraintende la sua semplicità: Semplice non vuol dire 'for dummies', vuol dire che è fatto bene. Avere un dispositivo che funziona sempre, qualsiasi cosa tu faccia, e che dura a lungo, significa potersi concentrare sulla propria attività, sulla creatività” - Daniel Beckerman, fondatore e presidente di Retrosuperfuture
Benché macOS integri strumenti come XProtect per bloccare malware noti, nessuna piattaforma è immune. Minacce moderne come il phishing sono agnostiche rispetto al sistema operativo. Il ransomware, in particolare, rappresenta una minaccia universale, la cui efficacia dipende più da policy di backup inadeguate che da vulnerabilità intrinseche del sistema.
Recenti e complesse vulnerabilità come quella descritta nel report del 2023 "Operation Triangulation" di Kaspersky dimostrano che anche le architetture più solide possono essere prese di mira da attacchi sofisticati. La sicurezza, quindi, non è una caratteristica predefinita del prodotto, ma un processo continuo di gestione e aggiornamento. L'approccio di Apple offre una riduzione della superficie d'attacco per molte minacce tradizionali, ma non può sostituire policy aziendali rigorose e la formazione del personale.
3. Gestione della flotta e deployment: l'efficienza dello "zero-touch"
L'impatto operativo della scelta tecnologica è cruciale, specialmente per le PMI che non dispongono di un reparto IT strutturato. Apple ha sviluppato un modello di implementazione noto come "distribuzione zero-touch". Il fulcro di questo sistema è Apple Business Manager, un portale web gratuito che, integrato con una soluzione di Mobile Device Management (MDM), permette di automatizzare la configurazione dei nuovi dispositivi.
L'acronimo MDM si riferisce a un software che consente agli amministratori IT di gestire, proteggere e distribuire policy su un'intera flotta di dispositivi da una console centralizzata.
Nel concreto, un nuovo dipendente riceve un Mac sigillato e, alla prima accensione, il dispositivo si auto-configura scaricando policy e applicazioni aziendali. Per la gestione continua, esistono soluzioni MDM specializzate. Jamf, ad esempio, è considerato lo standard per la gestione esclusiva di ecosistemi Apple. Per la maggior parte delle PMI italiane che operano in ambienti ibridi, la vera svolta è però Microsoft Intune, la soluzione MDM inclusa in molte licenze Microsoft 365. Intune agisce come un "ponte" gestionale, permettendo di amministrare da un'unica console dispositivi Windows, macOS, iOS e Android.
4. Produttività, esperienza utente e attrazione dei talenti
In un mercato del lavoro competitivo, offrire ai dipendenti la possibilità di scegliere i propri strumenti di lavoro ("Employee Choice Program") può essere una leva strategica. I dati in questo ambito sono significativi: un sondaggio del 2021 ha rilevato che il 72% dei dipendenti sceglierebbe un Mac se gliene venisse data la possibilità. Sebbene non recentissimo, questo dato documenta una tendenza consolidata nel mercato del lavoro, dove l'esperienza d'uso è sempre più valorizzata. L'impatto sulla fidelizzazione è notevole: il già citato studio interno di IBM ha rivelato che i dipendenti che usano Mac hanno il 17% in meno di probabilità di lasciare l'azienda, un dato che si traduce in un risparmio sui costi di turnover.
“Nel nostro mondo, che può sembrare lontano dalla tecnologia, si usano applicativi ad hoc specifici, anche legati alla PA; abbiamo seguito tutto il percorso tecnologico classico, dal server in studio al server remoto tramite VPN, e finalmente il Cloud puro, che ci ha consentito di svincolarci definitivamente dall’ambiente PC” - Eugenio Stucchi, studio notarile Pini e Stucchi, membro della Commissione Informatica del Consiglio Nazionale del Notariato
C’è poi un tema di efficienza operativa e produttività: qui alcune funzioni offerte da Apple promettono grandi balzi in avanti, perché permettono di risparmiare alcuni secondi per azioni che ripetiamo molte volte al giorno. Si tratta per esempio della cosiddetta “continuity”, quell’insieme di funzioni che permettono di passare velocemente da un dispositivo all’altro.
In una recente presentazione business il personale Apple si è speso molto per raccontare a noi giornalisti come sia fantastico iniziare una bozza su iPhone e poi finirla su Mac, oppure fare la scansione di un documento con l’iPhone e trovarsela subito come allegato email. Sono effettivamente delle cosette molto carine, ma personalmente non sono certo che siano qualcosa che “rivoluziona” la produttività quotidiana.
5. Ciclo di vita e valore residuo: l'hardware come asset strategico
Un elemento spesso trascurato è il valore residuo del dispositivo. I prodotti Apple mantengono un valore di rivendita molto più elevato nel tempo. Il già menzionato report di Forrester Consulting del 2019 ha quantificato che, dopo un ciclo di vita di quattro anni, un MacBook aziendale mantiene in media il 30% del suo valore, contro il 15% di un PC aziendale comparabile. Per una PMI, questo non è un dettaglio contabile, ma un vantaggio finanziario concreto.
Al momento del rinnovo del parco macchine, un valore residuo più alto significa che l'investimento iniziale viene parzialmente recuperato, andando quindi a ridurre ulteriormente il TOC. Va poi aggiunto che spesso e volentieri un Mac si può usare per un numero maggiore di anni prima che sia irrimediabilmente da sostituire.
Questo trasforma l'hardware da un puro costo operativo a un asset che si deprezza più lentamente. Questa caratteristica, unita a una longeività supportata da un ciclo di aggiornamenti di macOS che copre in media 7-8 anni per ogni modello, può permettere di allungare i cicli di rinnovo, riducendo la frequenza degli investimenti. La scelta di un Mac, quindi, non è solo l'acquisto di uno strumento, ma un investimento in un asset che mantiene valore nel tempo.
Parte 2: Le 5 ragioni per il NO (Gli ostacoli concreti)
1. La trappola della compatibilità: il grande scoglio del software italiano
Questa è la criticità fondamentale per l'adozione dei Mac nel tessuto imprenditoriale italiano. E prima di tutto bisogna sottolineare che il problema è molto meno rilevante da quanto gli applicativi sono in cloud, e basta qualsiasi browser per utilizzarli. In questo caso, il sistema operativo è del tutto irrilevante.
Tuttavia non tutti i software sono in cloud, e per alcuni il passaggio sembra ancora lontano. Molti software gestionali (ERP) che rappresentano la spina dorsale di migliaia di PMI, sono ancora ben ancorati al computer dove vengono eseguiti.
“A fronte di un costo iniziale, che a volte può essere percepito come maggiore, nel medio e lungo periodo si nota un’ottimizzazione dal punto di vista dell’investimento, con costi minori per assistenza, aggiornamenti, e maggiore produttività, senza dimenticare la grande facilità di utilizzo e di gestione. La vita media dei prodotti poi è praticamente infinita arrivando facilmente anche a dieci anni - Eugenio Stucchi, studio notarile Pini e Stucchi, membro della Commissione Informatica del Consiglio Nazionale del Notariato
I client desktop completi dei principali software italiani, come Zucchetti Ad Hoc Revolution o TeamSystem Enterprise, o non hanno una versione Mac, oppure la versione Mac è meno aggiornata. E questi sono due tra i più grandi e diffusi, prodotti da aziende con molte risorse. Se il vostro ERP è prodotto ad hoc da una società più piccola, è quantomeno improbabile che abbiano una versione Mac che vi supporti nella migrazione. Dovreste chiederne lo sviluppo, andando incontro ai relativi costi e tempi - per non menzionare gli inevitabili bug.
Un'azienda la cui operatività dipende da questi software non può passare a un ambiente esclusivamente Mac senza affrontare un percorso difficile.
Con il passaggio ai processori Apple Silicon, la situazione si è aggravata. Sui Mac con processore Intel era possibile installare Windows tramite Boot Camp, eseguendolo in modo nativo. Questa opzione, efficiente e gratuita, è stata eliminata. Oggi l'unica strada è la virtualizzazione. La dipendenza dal software legacy rappresenta l'ostacolo più grande alla transizione.
2. La virtualizzazione: una soluzione che è anche un compromesso
L'esecuzione di Windows in una macchina virtuale (VM) su Mac tramite software come Parallels Desktop è una soluzione tecnica funzionale, ma introduce costi e complessità che ne erodono i vantaggi. Invece di una soluzione, la virtualizzazione è un compromesso costoso e imperfetto. In primo luogo, ci sono i costi diretti: per ogni Mac l'azienda deve acquistare una licenza annuale per il software di virtualizzazione e una licenza per Windows 11 Pro. Questo costo si somma all'investimento iniziale più alto, incidendo negativamente sul calcolo del TCO.
In secondo luogo, la complessità di gestione aumenta esponenzialmente. L'amministratore IT deve gestire, aggiornare e proteggere due sistemi operativi su ogni singola macchina, raddoppiando il carico di lavoro. Infine, l'esperienza utente, pur integrata, rimane frammentata, costringendo l'utente a interagire con due logiche operative differenti.
Il collaboratore si troverà ad aprire Windows come se fosse un’app, e poi le app dentro l’app. Non è certo semplice, e anche le prestazioni potrebbero non essere quelle ideali.
3. Il costo d'acquisto (CapEx): una barriera all'ingresso per le piccole realtà
Nonostante l'analisi del TCO possa favorire il Mac sul lungo periodo, il costo d'acquisto iniziale (CapEx) rimane un ostacolo significativo. Il confronto, per essere equo, va fatto con dispositivi di fascia business o premium (come Dell XPS, Lenovo ThinkPad, HP Spectre o simili, per quanto riguarda i portatili), ma anche in questo scenario, il Mac ha spesso un prezzo di listino superiore. Questa differenza di investimento iniziale è un fattore determinante per le microimprese e gli studi professionali con budget limitati.
A onor di cronaca si trovano almeno alcuni prodotti che non costano molto, come la linea Macbook Air o i Mac mini, specialmente se si guarda ai modelli meno recenti. Può essere un’idea, ma non è detto che vadano bene per tutti.
Per le aziende meno disposte a un forte investimento iniziale, la prospettiva di un risparmio operativo diluito su tre o cinque anni può apparire come un lusso non sostenibile. La flessibilità del mercato PC permette inoltre di scegliere tra un'ampia gamma di configurazioni a diversi punti di prezzo, offrendo opzioni che l'ecosistema chiuso di Apple non può eguagliare. Per una PMI con esigenze differenziate, questa mancanza di flessibilità è un limite oggettivo.
4. Competenze IT e partner esterni: il rischio di un supporto inadeguato
La gestione basata su MDM richiede competenze diverse rispetto alla tradizionale amministrazione basata su Active Directory. Bisognerà pagare nuova formazione per il personale interno, oppure sarà necessario rivolgersi a un partner IT esterno; sebbene il mercato dei Managed Service Provider (MSP) in Italia sia stato storicamente orientato al mondo Windows, esistono realtà specializzate in grado di gestire ambienti Apple e ibridi.
La ricerca di un partner competente è un passo cruciale, per evitare di vanificare i benefici di affidabilità della piattaforma. Un decisore aziendale dovrebbe porre domande specifiche per verificarne la competenza:
- "Descrivere la vostra esperienza nell'integrazione di dispositivi Mac in ambienti dominati da Active Directory."
- "Quali soluzioni MDM (es. Jamf, Microsoft Intune) utilizzate per gestire flotte ibride e con quale livello di certificazione?"
- "Come gestite il processo di 'zero-touch deployment' tramite Apple Business Manager?"
5. Riparabilità e vendor lock-in: le spine nel fianco dell'ecosistema
Infine, l'adozione dell'ecosistema Apple comporta la valutazione di alcuni rischi strategici. Storicamente, i prodotti Apple sono stati criticati per la loro scarsa riparabilità. Anche se la situazione sta migliorando, i costi di manutenzione fuori garanzia possono essere più onerosi. Gli amanti del marchio potrebbero dirvi che un Mac “non dà mai problemi”, e magari è vero che si rompono meno spesso dei sistemi Windows. Ma se capita, magari vuoi poterli riparare senza diventare matto.
Un altro rischio è il "vendor lock-in", ovvero la dipendenza da un singolo fornitore. Oggi il problema è praticamente risolto, perché tutti i tipi di file sono compatibili con tutti i tipi di sistema operativo; spesso c’è qualche piccolo aggiustamento da fare, ma in genere se un collega lavora su Mac e un altro su Windows, non avrete problemi.
Il vendor lock esiste per chi compra Apple? Sì ma è diverso, più profondo, e ha a che fare con l’ecosistema. Se si lavora sfruttando la continuity, bisogna accettare di perderla se si passa a Windows. Anche ricomprando tutti i dispositivi, infatti, non avrete la stessa esperienza combinando Windows e Android.
Certo, se l’iniziativa Windows Phone fosse andata diversamente forse oggi le cose sarebbero diverse, e anche in ambito Windows avremmo, magari, un ecosistema versatile e potente. Ma le cose sono andate diversamente.
L'investimento in Apple non è solo hardware, infatti, ma anche software e flussi di lavoro. Questa "comodità" crea una barriera all'uscita: cambiare piattaforma in futuro diventa un'operazione costosa non tanto per la migrazione dei dati, quanto per la necessità di ricostruire abitudini operative. L'azienda si lega a un fornitore, riducendo la propria flessibilità strategica e il potere contrattuale.
Cosa conviene a una PMI italiana?
La scelta tra Mac e PC non ammette una risposta universale. L'ecosistema Apple offre vantaggi innegabili in termini di TCO, sicurezza di base e gestione semplificata, ma questi benefici possono essere annullati dalla dipendenza da software legacy non compatibile. All’Apple Store di Milano hanno parlato i rappresentanti di uno studio notarile
La vera domanda per una PMI italiana non è "Mac o PC?", ma: "La mia operatività dipende da software Windows-only, oppure si basa o ha già pianificato una migrazione a soluzioni cloud-native con piena parità funzionale?". Per uno studio legale moderno che usa gestionali via web, il Mac è una scelta praticabile. Per uno studio di commercialisti con un ERP radicato, la migrazione totale è, oggi, un azzardo.
La transizione, quindi, non dovrebbe essere un inseguimento di mode, ma parte di una più ampia strategia di digitalizzazione. Privilegiare soluzioni basate su cloud e standard aperti è la chiave per svincolare l'azienda dalla dipendenza da un singolo sistema operativo. Prima di ogni passo, l'implementazione di un progetto pilota su un piccolo gruppo di utenti rimane l'approccio più saggio per validare una scelta così strategica.